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Il gioco dell’Europa? Prima di tutto: non perdere
E, alla fine, sono tutti lì, a contendersi un posto per il parlamento europeo, con tanti saluti alla necessità di garantire la necessaria presenza qualitativamente valida in un luogo fin da adesso rivestito della necessità di determinare scelte sostanziali, veramente utili a garantire la sopravvivenza di un continente incastonato tra due, tre, quattro colossi globali che hanno fin qui già svolto il ruolo di devastatori prevalenti anche a livello bellico, con gravi tragedie in termini di vite umane e di distruzione di interi comprensori geografici. Sì, nel parlamento europeo siederanno - così sembra anche a sondaggi quasi ultimati - i principali leader delle forze politiche italiane e ci sarà, apportando una percentuale stimata tra il 2 e il 4 per cento, anche il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Come pure la segretaria del Pd, Elly Schlein, ha scelto di candidarsi e di entrare direttamente nello scenario europeo, senza stare troppo a pensare a quanto previsto e dichiarato da diversi leader che propria a Bruxelles e a Strasburgo hanno già sperimentato la rilevanza di decisioni prese in quella sede che ha ormai assunto un ruolo determinante, soprattutto nel contesto di un confronto - sempre più muscolare con potenze che di fatto hanno già assunto il ruolo di veri e propri continenti - che rischia di schiacciare quello che resta del mondo. Dopo l’emergenza della pandemia, è apparso ancora più evidente che solo l’assetto continentale, in quando articolazione più ampia e consistente, può mettere insieme non solo le risorse economiche necessarie, ma proprio quelle politiche, nei più vari campi strategici, indispensabili a garantire la vera e propria sopravvivenza negli anni futuri. La definizione delle nuove strategie e delle scelte necessarie per evitare il più pieno isolamento dell’Europa nel prossimo periodo, impone una nuova cronologia decisionale che prende spunto dalla scelta principale: l’individuazione precisa degli attori che dovranno condurci, possibilmente con precisione e saggezza, nel mondo che verrà. E che non sarà del tutto aperto a coagulare scelte e decisioni, per così dire, convenienti per l’Europa e per tutti quegli Stati che avranno il compito e la responsabilità di individuare (e, poi, attuare) provvedimenti, non solo equi e giusti, ma anche adeguati a contrastare le volontà egemoniche - sì, egemoniche - dei quattro colossi che ben conosciamo (Cina, Usa, Russia e, leggermente distaccata, India) ma di tanti aspiranti protagonisti che, al momento, sono solo carichi di risorse, ma, fortunatamente, non di tecnologie in grado di trasformarle in ricchezza prevalente. In altre parole, si sta per consumare - o si è già consumata e lo scopriremo molto presto - una battaglia che affida alla politica l’ultima rappresentazione utile a definire impegni, programmi, alleanze, sconfitte e presunte vittorie. Resta davanti a noi la speranza di non continuare a perdere la costruzione della pace e di una ciclicità in grado di dare risposte operative ai mille problemi che emergono e si consolidano quotidianamente.
(continua)
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I numeri dell'economia »
E nel mese di aprile l’inflazione risulta in frenata
“Dopo la crescita di marzo l’inflazione torna a rallentare la corsa ad aprile, con un aumento dello 0,2% su base mensile e dello 0,9% su base annua (era stato dell’1,2% nel mese precedente)”, sono queste le stime preliminari dell’Istat. Secondo l’Istituto “la lieve riduzione del ritmo tendenziale è dovuta soprattutto al calo dei beni energetici non regolamentati (-13,9% da -10,3% di marzo) e dei servizi relativi ai trasporti (+2,9% da +4,5%). In frenata anche gli alimentari (+2,6% da +2,7%), mentre sono in netta ripresa i beni energetici regolamentati (+0,8% da -13,8%)”.
L’aumento congiunturale dell’indice generale “riflette, per lo più, la crescita dei prezzi dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (+1,6%), dei tabacchi (+1,3%), dei servizi relativi ai trasporti (+0,8%) e dei beni alimentari lavorati (+0,5%). Gli effetti di questi aumenti sono stati solo in parte compensati dalla diminuzione dei prezzi dei beni energetici regolamentati (-8,2%) e di quelli non regolamentati (-1,8%)”. In termini più strutturati, “l’inflazione acquisita per il 2024, cioè quella che si avrebbe nel caso l’indice rimanga immutato nel resto dell’anno, è pari a +0,6% (0,5% marzo) per l’indice generale, e a +1,7% per la componente detta ‘di fondo’ (+1,2% a marzo)”.
(Fonte: confcommercio.it/30.04.2024)
L’aumento congiunturale dell’indice generale “riflette, per lo più, la crescita dei prezzi dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (+1,6%), dei tabacchi (+1,3%), dei servizi relativi ai trasporti (+0,8%) e dei beni alimentari lavorati (+0,5%). Gli effetti di questi aumenti sono stati solo in parte compensati dalla diminuzione dei prezzi dei beni energetici regolamentati (-8,2%) e di quelli non regolamentati (-1,8%)”. In termini più strutturati, “l’inflazione acquisita per il 2024, cioè quella che si avrebbe nel caso l’indice rimanga immutato nel resto dell’anno, è pari a +0,6% (0,5% marzo) per l’indice generale, e a +1,7% per la componente detta ‘di fondo’ (+1,2% a marzo)”.
(Fonte: confcommercio.it/30.04.2024)
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La valenza delle note in un programma di economia in radio? Funziona
di Marco Apicella
Non è il quesito di qualche film distopico di fantascienza, sono ricerche di consumo a dimostrare come le note in sottofondo di una canzone possano influire sulla ricezione di una notizia. Per questo motivo, la musica è entrata a pieno titolo tra gli elementi strategici del marketing. Ascoltare la canzone giusta è un buon motivo per fermarsi qualche minuto in più e non lo facciamo solo per soddisfare un’esigenza artistica o estetica ma anche, se non soprattutto, per il suo valore emotivo, perché diventa un mezzo per comunicare un messaggio alle persone e riesce a parlare al corpo, alla nostra sfera affettiva e al mondo relazionale, stimolando i sensi. Ogni forma di comunicazione non può mai essere considerata neutra, ma porta con sé delle conseguenze su chi ascolta. Alcuni studi di settore hanno dimostrato che ascoltare musica crea un’architettura emozionale e ha il potere di influenzare il nostro comportamento. L’interessenza tra due mondi solo apparentemente distanti come la musica e l’economia trova la sua apologia in classici italiani datati del grande Lucio Battisti,“Per una lira, io vendo tutti i sogni miei” (la lira è stata sostituita dall’euro, ma potremmo sentirci a bordo della macchina del tempo di "Ritorno al futuro"), e I giardini di marzo con la melanconica frase “Al ventuno del mese i nostri soldi erano già finiti”, probabilmente oggi, canterebbe “Tu chiamala sei vuoi...inflazioneeee!”, protagonista la perdita del potere d’acquisto della nostra moneta. Ci sarebbero molti riferimenti sull’argomento nella musica internazionale, ma questo è un articolo e non un libro, ne cito un paio: la leggendaria "Money" dei Pink Floyd, incentrata sul concetto che la spasmodica ricerca del denaro sia la rovina dell’uomo, dove all’inizio del brano resta l’effetto per la riproduzione del suono delle monete e di un registratore di cassa, e "Taxman" dei Beatles che prefigura le rivolte contro l’oppressione fiscale, perché i quattro si accorsero che le royalties venivano tassate con un’aliquota del 95%. La mia passione da intrattenitore di platee in villaggi turistici immagina come emblema del legame tra musica ed economia un successo di Mahmood che cantando “Pensavi solo ai soldi, soldi!”, trascinò a terra anche i più disincantati sognatori con la frase sibillina “Mi chiedi come va, come va”, che pare una presa per il naso (ah, che meraviglioso eufemismo!) rivolta a chi con bolletta del gas più che raddoppiata e carburante più costoso di un gioiello, si chiede dove operare tagli drastici per consentire al proprio bilancio di salvarsi dal rosso, a dispetto del Rosso relativo di Tiziano Ferro.
(continua)
Non è il quesito di qualche film distopico di fantascienza, sono ricerche di consumo a dimostrare come le note in sottofondo di una canzone possano influire sulla ricezione di una notizia. Per questo motivo, la musica è entrata a pieno titolo tra gli elementi strategici del marketing. Ascoltare la canzone giusta è un buon motivo per fermarsi qualche minuto in più e non lo facciamo solo per soddisfare un’esigenza artistica o estetica ma anche, se non soprattutto, per il suo valore emotivo, perché diventa un mezzo per comunicare un messaggio alle persone e riesce a parlare al corpo, alla nostra sfera affettiva e al mondo relazionale, stimolando i sensi. Ogni forma di comunicazione non può mai essere considerata neutra, ma porta con sé delle conseguenze su chi ascolta. Alcuni studi di settore hanno dimostrato che ascoltare musica crea un’architettura emozionale e ha il potere di influenzare il nostro comportamento. L’interessenza tra due mondi solo apparentemente distanti come la musica e l’economia trova la sua apologia in classici italiani datati del grande Lucio Battisti,“Per una lira, io vendo tutti i sogni miei” (la lira è stata sostituita dall’euro, ma potremmo sentirci a bordo della macchina del tempo di "Ritorno al futuro"), e I giardini di marzo con la melanconica frase “Al ventuno del mese i nostri soldi erano già finiti”, probabilmente oggi, canterebbe “Tu chiamala sei vuoi...inflazioneeee!”, protagonista la perdita del potere d’acquisto della nostra moneta. Ci sarebbero molti riferimenti sull’argomento nella musica internazionale, ma questo è un articolo e non un libro, ne cito un paio: la leggendaria "Money" dei Pink Floyd, incentrata sul concetto che la spasmodica ricerca del denaro sia la rovina dell’uomo, dove all’inizio del brano resta l’effetto per la riproduzione del suono delle monete e di un registratore di cassa, e "Taxman" dei Beatles che prefigura le rivolte contro l’oppressione fiscale, perché i quattro si accorsero che le royalties venivano tassate con un’aliquota del 95%. La mia passione da intrattenitore di platee in villaggi turistici immagina come emblema del legame tra musica ed economia un successo di Mahmood che cantando “Pensavi solo ai soldi, soldi!”, trascinò a terra anche i più disincantati sognatori con la frase sibillina “Mi chiedi come va, come va”, che pare una presa per il naso (ah, che meraviglioso eufemismo!) rivolta a chi con bolletta del gas più che raddoppiata e carburante più costoso di un gioiello, si chiede dove operare tagli drastici per consentire al proprio bilancio di salvarsi dal rosso, a dispetto del Rosso relativo di Tiziano Ferro.
(continua)