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Le ricerche di consumo dimostrano come il sottofondo di una canzone possa influire sulla ricezione di una notizia.
La valenza delle note in un programma di economia in radio? Funziona
Alcuni studi di settore confermano che ascoltare musica crea un’architettura emozionale e ha il potere di influenzare il nostro comportamento.

di Marco Apicella

Non è il quesito di qualche film distopico di fantascienza, sono ricerche di consumo a dimostrare come le note in sottofondo di una canzone possano influire sulla ricezione di una notizia. Per questo motivo, la musica è entrata a pieno titolo tra gli elementi strategici del marketing. Ascoltare la canzone giusta è un buon motivo per fermarsi qualche minuto in più e non lo facciamo solo per soddisfare un’esigenza artistica o estetica ma anche, se non soprattutto, per il suo valore emotivo, perché diventa un mezzo per comunicare un messaggio alle persone e riesce a parlare al corpo, alla nostra sfera affettiva e al mondo relazionale, stimolando i sensi. Ogni forma di comunicazione non può mai essere considerata neutra, ma porta con sé delle conseguenze su chi ascolta. Alcuni studi di settore hanno dimostrato che ascoltare musica crea un’architettura emozionale e ha il potere di influenzare il nostro comportamento. L’interessenza tra due mondi solo apparentemente distanti come la musica e l’economia trova la sua apologia in classici italiani datati del grande Lucio Battisti,“Per una lira, io vendo tutti i sogni miei” (la lira è stata sostituita dall’euro, ma potremmo sentirci a bordo della macchina del tempo di “Ritorno al futuro”), e  I giardini di marzo con la melanconica frase “Al ventuno del mese i nostri soldi erano già finiti”, probabilmente oggi, canterebbe “Tu chiamala sei vuoi…inflazioneeee!”, protagonista la perdita del potere d’acquisto della nostra moneta. Ci sarebbero molti riferimenti sull’argomento nella musica internazionale, ma questo è un articolo e non un libro, ne cito un paio: la leggendaria “Money” dei Pink Floyd, incentrata sul concetto che la spasmodica ricerca del denaro sia la rovina dell’uomo, dove all’inizio del brano resta l’effetto per la riproduzione del suono delle monete e di un registratore di cassa, e “Taxman” dei Beatles che prefigura le rivolte contro l’oppressione fiscale, perché i quattro si accorsero che le royalties venivano tassate con un’aliquota del 95%. La mia passione da intrattenitore di platee in villaggi turistici immagina come emblema del legame tra musica ed economia un successo di Mahmood che cantando “Pensavi solo ai soldi, soldi!”, trascinò a terra anche i più disincantati sognatori con la frase sibillina “Mi chiedi come va, come va”,  che pare una presa per il naso (ah, che meraviglioso eufemismo!) rivolta a chi con bolletta del gas più che raddoppiata e carburante più costoso di un gioiello, si chiede dove operare tagli drastici per consentire al proprio bilancio di salvarsi dal rosso, a dispetto del Rosso relativo di Tiziano Ferro. Se è vero che la musica può cambiare il mondo e la percezione dei problemi, voglio dedurre che i vari focus radiofonici di economia trasmettano tappeti musicali e tra le notizie commentate, canzoni non scelte casualmente (?) come nei versi di The Jam  di Kideko “Get your booty on the floor tonight, make my day” (“Metti il tuo bottino sul pavimento stasera, rendimi felice la giornata”) o “Treat me right” di Pete Bellis & Tommy con “No, we don’t really know where we’re going / But we still wanna see where to find it” (“No, non sappiamo davvero dove stiamo andando/Ma vogliamo ancora vedere dove trovarlo”) o l’italiano Rino Gaetano con Nuntereggae più con “I ministri puliti, i buffoni di corte / Ladri di stato e stupratori / Evasori legalizzati / Nun te reggae più / E vivremo nel terrore che ci rubino l’argenteria / Mentre vedo tanta gente che non c’ha l’acqua corrente”. Versi evocativi, questi, di una pura denuncia, di un appello alla coscienza individuale e collettiva, di un grido di allarme come degradazione antropologica dell’italiano, provocata dai partiti di governo che ha ormai corroso e corrotto il popolo.

E allora buon ascolto a tutti!

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Il potere della musica (e delle parole)
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