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Contro il nullismo (politico) ha già vinto Giorgia Meloni
Il quadro politico che si affaccia alla ribalta autunnale è sempre più complicato, in un intreccio progressivo tra versante interno e scenario internazionale, che ondeggia, senza più timore di mostrare crepe e bruschi tentennamenti. Forse l’avvicinarsi all’esito finale del cruciale gioco elettorale made in Usa, contribuisce a sostenere, in maniera diffusa, un’incapacità tattica dell’Ue che, probabilmente, riflette e amplifica anche il quadro interno di Paesi estremamente importanti come Francia e Germania, e, quindi, resta appeso anche il contesto italiano afflitto da una linea di inquadramento del nulla, costante e immutabile, che, come sempre accade, incaglia e lascia incagliare le cose, fino a farle perdere e a disegnare l’Italia per quello che negli anni è diventata: senza soldi, avvitata in ogni caso, consapevole che proprio le difficoltà altrui, la hanno resa un tassello, per così dire, innovativo. Anche perché l’Europa, è bene ricordarlo, è già inquadrata in una situazione che parla e si ritrova - sebbene sia necessario un confronto operativo - in sostanziali scelte (della volontà popolare, non partitica o politica, sia ben chiaro) di destra, non di centrodestra, ma di destra. E’ questo il programma che c’è già, lo hanno scritto, ci credono tante formazioni politiche che la partita l’hanno, per il momento vinta e stravinta.
E diventa un programma che, in realtà, nella mente delle persone non è solo politico, ma, prima di ogni cosa, economico e, strutturalmente, in grado di determinare che cosa diventeremo, in termini pratici, nei prossimi mesi e nei prossimi anni.
La battaglia in Italia, anche già elettorale, in corso, il blocco di destra - e Forza Italia dovrebbe farsene una ragione (anche se l’impostazione liberale e democratica di Tajani resta molto importante) - è, quindi, il nodo centrale in grado di influenzare tutto il resto. Ma questo ragionamento politico interessa davvero agli italiani? O il 30 per cento, più o meno, della Meloni è della Meloni e basta, non della destra, perché è lei che aggrega il consenso sulla base di un patto fiduciario con i cittadini che non hanno ancora un rimpianto di tali proporzioni per il centrosinistra?
(continua)
E diventa un programma che, in realtà, nella mente delle persone non è solo politico, ma, prima di ogni cosa, economico e, strutturalmente, in grado di determinare che cosa diventeremo, in termini pratici, nei prossimi mesi e nei prossimi anni.
La battaglia in Italia, anche già elettorale, in corso, il blocco di destra - e Forza Italia dovrebbe farsene una ragione (anche se l’impostazione liberale e democratica di Tajani resta molto importante) - è, quindi, il nodo centrale in grado di influenzare tutto il resto. Ma questo ragionamento politico interessa davvero agli italiani? O il 30 per cento, più o meno, della Meloni è della Meloni e basta, non della destra, perché è lei che aggrega il consenso sulla base di un patto fiduciario con i cittadini che non hanno ancora un rimpianto di tali proporzioni per il centrosinistra?
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I numeri dell'economia »
Inflazione ai minimi da inizio anno
“A settembre l’inflazione è scesa a +0,7% su base annua, il livello più basso da inizio anno, mentre l’aumento su base congiunturale è risultato pari allo 0,2% su base mensile. Queste le stime preliminari dell’Istat, che rispetto allo stesso mese dello scorso anno indicano in frenata soprattutto i prezzi dei beni energetici, sia regolamentati (da +14,3% a +10%) che non regolamentati (da -8,6% a -11%). Rallentano, anche se in misura minore, i prezzi dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (da +4,5% a +4%) e quelli dei servizi relativi ai trasporti (da +2,9% a +2,5%). Accelerano, invece, i prezzi dei beni alimentari non lavorati (da -0,5% a +0,3%) e lavorati (da +1,5% a +1,8%)”.
L’“inflazione di fondo”, “al netto degli energetici e degli alimentari freschi, scende a +1,8% (era +1,9% ad agosto) e quella al netto dei soli beni energetici a +1,7% (da +1,8%). Quanto al confronto con il mese precedente, scendono principalmente i prezzi dei servizi relativi ai trasporti (-2,1%), dei beni energetici regolamentati (-1,5%) e dei beni energetici non regolamentati (-1,1%). In aumento, invece, i beni alimentari non lavorati (+1,4%) e i beni durevoli e semidurevoli (+0,3% entrambi)”.
(Fonte: confcommercio.it/30.09.2024)
(continua)
L’“inflazione di fondo”, “al netto degli energetici e degli alimentari freschi, scende a +1,8% (era +1,9% ad agosto) e quella al netto dei soli beni energetici a +1,7% (da +1,8%). Quanto al confronto con il mese precedente, scendono principalmente i prezzi dei servizi relativi ai trasporti (-2,1%), dei beni energetici regolamentati (-1,5%) e dei beni energetici non regolamentati (-1,1%). In aumento, invece, i beni alimentari non lavorati (+1,4%) e i beni durevoli e semidurevoli (+0,3% entrambi)”.
(Fonte: confcommercio.it/30.09.2024)
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Lo speciale »
Il piano Mattei e la “decolonizzazione sincera”
di Pasquale Persico
Sulle pagine di Salerno Economy ho già descritto, con semplicità, il pensiero di Mattei, citando i suoi discorsi sulla “decolonizzazione sincera”; sia quando parlava ai popoli dell’Africa e dell’Asia, sia per l’Italia, la sua cronaca sul fare della sua ENI era dettagliata e rendeva esplicito il suo messaggio etico. Nel parlare del Piano Mattei, di oggi, la voce della comunicazione è sempre - o quasi sempre - affidata ai governanti che non entrano nel dettaglio specifico delle economie di scala, di scopo e di rete, prodotte dalle perforazioni e dagli accordi bilaterali. Faccio solo l’esempio della Val d’Agri, che non ha ancora una storia raccontata in dettaglio delle principali perforazioni. Per capire quello che in più occasioni, a partire dal mio libro online, “La valle delle Orchidee” con prefazione di Romano Prodi, ho cercato di dire, basta riportare il pensiero integrale di Mattei con riferimento a Gela. “L’ENI, infatti - suo scritto - non ha mai pensato di seguire la strada facile che sarebbe stata scelta da altre imprese, in condizioni paragonabili a quelle che si presentavano all’Ente di Stato: limitare l’estrazione alle quantità vendibili del greggio o del gas, o a quelle trattabili per la produzione di bitume, tenendo presente la limitata possibilità offerta dal mercato di questo ultimo, fino a pensare di rinunciare all’estrazione. L’ENI, invece, ha sempre creduto che fosse nell’interesse della Sicilia e dell’intero Paese sfruttare completamente le risorse scoperte ed attraverso un lungo e complesso lavoro di studio ha cercato una soluzione che cercasse più obiettivi. Fummo invitati a seguire l’esempio di imprese straniere che con sani criteri di economia finanziaria hanno abbandonato un giacimento siciliano di caratteristiche analogo a quello di Gela”, (io, Pasquale Persico, nei miei viaggi, potrei segnalarne invece alcuni in Basilicata).
(continua)
Sulle pagine di Salerno Economy ho già descritto, con semplicità, il pensiero di Mattei, citando i suoi discorsi sulla “decolonizzazione sincera”; sia quando parlava ai popoli dell’Africa e dell’Asia, sia per l’Italia, la sua cronaca sul fare della sua ENI era dettagliata e rendeva esplicito il suo messaggio etico. Nel parlare del Piano Mattei, di oggi, la voce della comunicazione è sempre - o quasi sempre - affidata ai governanti che non entrano nel dettaglio specifico delle economie di scala, di scopo e di rete, prodotte dalle perforazioni e dagli accordi bilaterali. Faccio solo l’esempio della Val d’Agri, che non ha ancora una storia raccontata in dettaglio delle principali perforazioni. Per capire quello che in più occasioni, a partire dal mio libro online, “La valle delle Orchidee” con prefazione di Romano Prodi, ho cercato di dire, basta riportare il pensiero integrale di Mattei con riferimento a Gela. “L’ENI, infatti - suo scritto - non ha mai pensato di seguire la strada facile che sarebbe stata scelta da altre imprese, in condizioni paragonabili a quelle che si presentavano all’Ente di Stato: limitare l’estrazione alle quantità vendibili del greggio o del gas, o a quelle trattabili per la produzione di bitume, tenendo presente la limitata possibilità offerta dal mercato di questo ultimo, fino a pensare di rinunciare all’estrazione. L’ENI, invece, ha sempre creduto che fosse nell’interesse della Sicilia e dell’intero Paese sfruttare completamente le risorse scoperte ed attraverso un lungo e complesso lavoro di studio ha cercato una soluzione che cercasse più obiettivi. Fummo invitati a seguire l’esempio di imprese straniere che con sani criteri di economia finanziaria hanno abbandonato un giacimento siciliano di caratteristiche analogo a quello di Gela”, (io, Pasquale Persico, nei miei viaggi, potrei segnalarne invece alcuni in Basilicata).
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