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La notizia del giorno »



E se a Salerno ritornasse la sua Università?
Per chi come me ha frequentato l’Università di Salerno quando ancora era in città, il rapporto tra le due era tangibile, quasi profondo.
Le varie Facoltà sempre alla ricerca di nuovi spazi , chi ha dimenticato le lezioni al cinema Apollo? La mensa vicino allo stadio Vestuti , dove ci si ritrovava anche senza mangiare.
E se provassimo a riportare in città alcune Facoltà, giurisprudenza per esempio, dando una destinazione al vecchio tribunale, magari anche economia e qualche altra.
Si ricollocherebbe nel suo luogo un’istituzione che potrebbe offrire una grande mano per rivitalizzare quei luoghi che sembrano ormai spenti.
La celebrazione che si è tenuta a Fisciano (i secoli di futuro) non ha avuto nessuna eco in città e questo episodio fa molto riflettere.
I giovani - sì, proprio loro - darebbero una nuova linfa al territorio, alla cultura e, perché no, alle attività economiche presenti.
Immaginiamo, per un attimo, come potrebbe accogliere la città una nuova generazione che vuole qui formarsi , che partirebbe, poi, proprio da qui con un carico accademico ma anche con una vita vissuta in una zona che può offrire ancora tanto da tutti i punti di vista.
Magari riusciremo a vedere anche qualche palestra e biblioteca in più.
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L'altra notizia »



Probabilmente la superstizione degli influssi negativi del venerdì 13 ha avuto origine da quella lontana notte; quasi certamente la ritenne nefasta Jacques de Molay, ultimo Gran Maestro dell’Ordine, quando si vide arrestare, assieme a centinaia di confratelli, dai soldati del re di Francia Filippo IV, “il bello”. Possiamo immaginare lo stupore di De Molay quando gli vennero letti i capi di imputazione: stregoneria, adoratori di Bafometto, e un lungo elenco che per decenza risparmiamo. Il Gran Maestro sapeva bene che era tutto falso, il vero motivo era uno solo: la loro enorme ricchezza. A ciò vanno aggiunte le condizioni disastrose dell’economia francese prossime alla bancarotta e poi, il re di Francia che doveva personalmente molto denaro alla confraternita. Tra capitale e tasso d’interesse la Corona non aveva nessuna possibilità di fronteggiare il debito. Questo stato di cose impose a Filippo IV di trovare una via d’uscita e, per sua fortuna, aveva dalla sua parte il papa Clemente V, che da tempo non riusciva ad avere un controllo diretto su questi “soldati” di Cristo. Alla base di ciò vi furono diverse Bolle che avevano accresciuto nel tempo il potere dell’Ordine; queste concessioni li portarono ad avere una completa autonomia, se pure inseriti nel nucleo della Chiesa cristiana.
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GLOCAL di Ernesto Pappalardo »

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A proposito dei (quasi) 3.000 miliardi di debito pubblico

E’, ormai, evidente che i tremila miliardi di debito pubblico cominciano ad avere un peso specifico più insistente sulla reale operatività del sistema-Italia, oltre che sulla capacità realmente rappresentativa delle Istituzioni nel contesto internazionale. La domanda che con più insistenza circola in vari contesti, importanti e meno importanti, è sempre la stessa: ma come si fa a prendere in considerazione un Paese che ha accumulato 3.000 miliardi di debito e vuole pure rappresentarsi per quello che non è? Non è una potenza dell’economia, sicuramente, né della politica, a prescindere da quale schieramento comanda, né di tante altre cose. Ma ne siamo davvero convinti o camminiamo su un orizzonte ondivago, forse non del tutto radicato, o forse ancora fugace, aggrappato a quanto una stessa Europa non è capace di fare? Ecco, siamo in questa situazione specifica, eppure pensiamo ad altro, non riusciamo a costruire, con tutto quel che ne consegue fin da adesso (sia ben chiaro), niente che vale la pena di ricordare. Ma, però, non si sa bene come, andiamo avanti, continuando ad accollarci - non possiamo fare altro - un debito insostenibile, a tal punto che risulta “inefficace” a mettere in moto una macchina decente e sostenibile (ma come?) per venirne fuori. La manovra in itinere? Dalle banche si attendono 3-4 miliardi, come pure si prevedono tagli del 5% ai vari ministeri, e, poi, il cuneo, le varie aliquote, il rivedimento dell’Irpef, oltre che la revisione di varie tipologie di bonus.
Ma, è evidente, non è un viaggio in sintonia con quell’enorme stato gassoso che evocano i tremila miliardi che, pure, alla fine delineano la reale condizione in cui versa l’Italia, indebitati fino al collo ma privi della consapevolezza che prima o poi il problema si scaricherà sui noi soliti noti che dovremo pagarlo.
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I numeri dell'economia »

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La manovra finanziaria del governo, vale 30 miliardi

La manovra finanziaria varata dal governo ammonta a circa 30 miliardi lordi. Tra le novità rientrano la carta per i “nuovi nati”, l’intervento di 3,5 miliardi provenienti da banche e assicurazioni per il comparto sanità. Arriva la carta per i nuovi nati da 1.000 euro, l’assegno unico fuori dal calcolo dell’Isee. Cambiano anche le detrazioni, con un primo “quoziente familiare”. Ed è prorogato il bonus ristrutturazioni al 50%, ma solo per la prima casa. Programmati i tagli a i ministeri (5%).
“Come avevamo promesso non ci saranno nuove tasse per i cittadini”, ha sottolineato la premier, Giorgia Meloni. “3,5 miliardi provenienti da banche e assicurazioni - ha specificato - sono destinati alla Sanità e ai più fragili per garantire servizi migliori e più vicini alle esigenze di tutti”.
Tra le novità, quindi, spunta la carta dei nuovi nati per i genitori con Isee fino a 40mila euro, inoltre le famiglie più numerose avranno più spazi per le detrazioni fiscali. Vengono confermati gli incentivi al lavoro per giovani e donne nel Mezzogiorno, così come le misure dello scorso anno sulle pensioni, resta la tassazione agevolata al 5% per i premi di produttività, i fringe benefit sono confermati con importi maggiorati per i nuovi assunti che si trasferiscono oltre 100 km, la carta “dedicata a te” è rifinanziata con 500 milioni, si potenziano gli investimenti nella Difesa. E risultano incrementate le risorse per la Sanità.
Arriva a sorpresa e con una settimana d’anticipo rispetto al previsto la terza manovra del governo Meloni.
Il taglio del cuneo e Irpef a tre aliquote diventano strutturali. Interventi che, è stato assicurato dal presidente della Commissione Finanze della Camera Marco Osnato (FdI), permetteranno di abbassare la pressione fiscale dal 42,3% del 2024 al 42,1% nel 2025, riducendo così il dato tendenziale del 42,8% indicato nel Piano strutturale di bilancio. I tagli lineari saranno gestibili in modo flessibile: i singoli dicasteri decideranno come distribuire la cifra imposta dal Mef.
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E a Grumento la biblioteca diventa città

di Pasquale Persico

Nelle diverse sperimentazioni su come attrarre viaggiatori relazionali si deve segnalare l’opportunità di poter abitare biblioteche, spesso di rara bellezza e densità storica, per un periodo consistente, bastevole per produrre intrecci culturali inattesi. Incrociare storie e storia è proprio la caratteristica dello scrittore Alessandro Bresolin e lo rivela il libro Sofferente e fumatore. Camus, la bilancia di Giobbe, edito da Castelvecchi, nella tarda primavera del 2024. Di origini venete, napoletano e francese d’adozione, egli è autore di romanzi e saggi, è un traduttore dal francese, ha realizzato documentari radiofonici in Italia e all’estero e ha collaborato con Rai Radio 3. Incuriosito dal Progetto di DNA Maratea, che riporta in Val d’Agri, al Museo Archeologico, con l’esperienza artistica di Mimmo Longobardi, la mostra antologia Ancor Camus, Alessandro Bresolin chiede al Comune di Grumento di diventare cittadino residente equivalente. Egli sceglie, per tale ipotesi, la figura di aiuto bibliotecario temporaneo, nell’intento di aprire un dialogo profondo sugli intrecci tra patrimonio della biblioteca e paesaggi incrociati dell’area vasta in Val D’Agri. Sfidare le fonti storiche e le storie chiuse nelle case delle comunità della valle, significa navigare nelle fonti storiche, quelle filosofiche, le letterarie, le aneddotiche, quelle religiose e biografiche, con il potenziale risultato di un’esperienza corale ed inedita fatta di incontri, per attrarre nuovi visitatori della Biblioteca e del luogo in generale.
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di Ernesto Pappalardo

A riflettere bene sulle conseguenze dei lunghi anni della crisi recessiva - e su quelle che potrebbero derivare dal nuovo rallentamento in atto - la fisionomia del sistema economico e produttivo della provincia di Salerno, per la verità, non ne esce eccessivamente male. Si cristallizza in un paradigma ben saldo da diversi decenni in termini di segmentazione del valore aggiunto con una netta “propensione” verso i servizi, il turismo, la ristorazione, l’accoglienza (dichiarata o sommersa). Come in tutte le altre aree del Mezzogiorno (ed in larga parte d’Italia) il manifatturiero in senso stretto accusa difficoltà, ma risponde come può. E cioè con casi virtuosi di aziende export e green oriented che rappresentano una minoranza ben agganciata alle catene della produzione del valore nazionale (ed in parte internazionale), a fronte, però, di una maggioranza che si barcamena, naviga a vista ed è di nuovo alle prese con percorsi di accesso al credito difficili (e molto onerosi in termini di costi). La regressione degli investimenti pubblici, naturalmente, influisce negativamente con maggiore efficacia (se possibile) anche su quelli privati e va a finire che pure strumenti interessanti come la Zona Economica Speciale (che ingloba i porti di Napoli, Salerno e Castellamare di Stabia e le aree retro-portuali) - sebbene in attesa dell’attivazione definitiva delle corsie veloci in termini di semplificazione amministrativa e di credito d’imposta - risentono di uno scarso appeal soprattutto nei confronti di imprese provenienti dall’estero o da territori almeno extra-regionali.
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