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La recente alluvione nel Cilento - nella notissima località, Geosito Unesco, denominata Capelli di Venere - ha allagato il mulino storico, con le attrezzature che raccontavano le ipotesi di ricerca applicata di monitoraggio del fiume. Negli stessi locali viveva l’opera di Dino Innocente - dal titolo “Cuccagna Italiana” (sotto il cielo di Taranto) - una tela da scenografia della lunghezza di circa dieci metri, sulla quale è tracciato con limatura di ferro il prospetto dell’Ilva di Taranto. A distanza qualche metro dalla parete, si ergeva una ciminiera a tutto tondo, costruita con il carbone, alta circa cinque metri e mezzo. L’artista descrive così la sua opera: “È un interrogativo sulla irrilevanza dell’individuo (e delle sue caratteristiche più specificamente umane) di fronte ad una valenza sociale che è stata costruita più come albero della cuccagna che come prospettiva per la città che verrà”. In effetti, il disastro ambientale a Taranto non ha trovato ancora la sua soluzione ed ancora oggi persistono emissioni dannose accanto alla cassa integrazione a vantaggio di una riconversione in ritardo. Puntualmente, l’azienda ex Ilva Taranto aumenta il ricorso agli ammortizzatori sociali a vantaggio della liquidità aziendale, oltre i 680 milioni di euro stanziati dallo Stato. La denuncia implicita dell’opera sui ritardi del piano industriale orientato alla decarbonizzazione, riguarda anche la situazione degli 8.200 dipendenti, esposti a rischi multipli, come la stessa città di Taranto.
La Comaca, azienda con sede in Caggiano (SA), fra i leader del mercato di veicoli da trasporto multiuso per l’agricoltura, l’edilizia e l’industria, comunemente chiamati transporter, ha messo in salvo l’opera dell’artista Innocente, insieme ai ragazzi della piccola cittadina di Casaletto Spartano.
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L'altra notizia »



“Sono circa 25 milioni gli italiani che acquistano cibo dai contadini trainati da una nuova sensibilità verso i cibi salutari ma anche dalla volontà di recuperare un contatto diretto con chi coltiva i prodotti che portano in tavola”. E’ questo il quadro delineato dall’analisi della Coldiretti su dati Censis e diffusa durante la prima mostra mercato internazionale promossa dalla “World Farmers Market Coalition” con Campagna Amica a Roma in occasione della prima giornata mondiale della biodiversità proclamata dall’Organizzazione delle Nazioni Unite.
“L’Italia - specifica Coldiretti - è il Paese della Ue con la più estesa rete organizzata di mercati contadini, 15.000 agricoltori coinvolti in circa 1.200 farmers market di Campagna Amica per un fatturato nazionale della filiera corta con vendita diretta che raggiunge i 6 miliardi di euro all’anno. Un sistema organizzato da Nord a Sud del Paese che non ha solo un valore economico ma anche occupazionale ed ambientale. Lo sviluppo dei mercati di Campagna Amica ha consentito la creazione di quasi quarantamila posti di lavoro, necessari per affiancare gli imprenditori agricoli nella gestione dell’attività di coltivazione e di vendita”.
“A spingere la spesa dall’agricoltore - spiega Coldiretti - è soprattutto la possibilità di trovare prodotti stagionali, a km zero e di qualità. Nei mercati dei contadini di Campagna Amica è possibile anche incontrare specialità del passato a rischio di estinzione che sono state salvate grazie all’importante azione di recupero degli agricoltori e che non trovano spazi nei normali canali di vendita dove prevalgono rigidi criteri dettati dalla necessità di standardizzazione e di grandi quantità offerte”. Le vendite dirette “con gli acquisti a km zero tagliano anche del 60% lo spreco alimentare rispetto ai sistemi alimentari tradizionali, secondo l’Ispra, e garantiscono un contributo importante alla lotta contro l’inquinamento e i cambiamenti climatici che provocano danni e vittime in tutto il mondo”.
(Fonte: coldiretti.it/22.05.2023)
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GLOCAL di Ernesto Pappalardo »

Roberto Boninsegna (FC Inter 1908) jpeg

E’ solo la storia dei sogni, uno dietro l’altro

Devo dire che può capitare - per quanto mi riguarda è la prima volta - di ricevere indicazioni e proposte che inducono a scrivere il testo che prende forma e, senza alcuna previsione, rivela cose dimenticate, archiviate, messe definitivamente da parte. O, almeno, così sembrava fino a qualche minuto fa, ogni cosa pareva destinata a scivolare via dalla memoria. Eppure, eccoci qua a rimettere ordine in quelle poche notizie che erano rimaste aggrappate al ricordo di un ragazzino nato a Salerno, il 2 dicembre del 1963. Il campionato di serie A era quello della stagione 1970-71, il colore della maglietta che, ormai, era già entrata nella scia dei sogni “importanti”, era uno solo: il nerazzurro. Insomma, gli ingredienti per partecipare, con gli occhi attaccati alla televisione, a quella stagione che si sarebbe conclusa con lo scudetto tricolore c’erano tutti. Facevano emozionare fino all’ultimo. All’inizio del campionato, però, le cose non andavano proprio bene. Era la seconda volta di Heriberto Herrera sulla panchina, che scontava le cessioni di Guarneri e Suarez, al loro posto erano arrivati Giubertoni e Frustalupi. Bedin e Jair erano stati esclusi dai titolari. I nuovi si chiamavano Fabbian e Pellizzaro. Insomma, l’Inter partì - diciamo - proprio “bene”: 4 punti in 5 giornate. Si arrivò nel mese di novembre alla sconfitta - netta sconfitta - contro il Milan. Fraizzoli, il presidente, dovette esonerare Herrera (Heriberto) e chiamare sulla panchina della prima squadra Giovanni Invernizzi, che stava guidando il settore giovanile. Debuttò nello scontro contro il Torino, vincendo. Ma con il Napoli, in testa alla classifica, perse sul campo degli azzurri. Senza attenuanti. Prese due gol: al 70’ segnò Pogliana e al 75’ Ghio, che rimediarono nel migliore dei modi alla rete che Jair (50’) pure aveva messo dentro. E fu proprio al ritorno da Napoli che i nerazzurri firmarono il “patto” della riscossa.
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I numeri dell'economia »

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La corsa dei prezzi continua e non si ferma

“La corsa dei prezzi non si ferma. Il tasso di inflazione resterà sopra il +2% almeno fino al 2025, e rischia di bruciare in tre anni 10 miliardi di euro di potere d’acquisto delle famiglie. Un calo che incide sulla crescita dei consumi e potrebbe depotenziare, di fatto, gli eventuali benefici della riforma fiscale in arrivo”. E’ questo il quadro delineato dalla Confesercenti sulla situazione in atto rispetto all’andamento dei consumi e alle novità fiscali che si vanno delineando in questi giorni. “L’era della bassa inflazione - dice Confesercenti - sembra ormai del tutto terminata. Anche se il picco del 2022 appare episodico e determinato da fattori esterni come lo shock energetico, in prospettiva torneremo a sperimentare un’inflazione permanentemente più elevata di quella con cui ci eravamo abituati a convivere. Ci aspettiamo infatti un tasso di aumento dell’indice dei prezzi del +5,7% nell’anno corrente, del +3,8% nel 2024 e del +2,8% nel 2025. Solo nel 2026 si dovrebbe assestare sul +2%, la soglia comunemente considerata come obiettivo per la stabilità dei prezzi. Un punto d’arrivo, comunque, quadruplo rispetto al tasso medio di inflazione del +0,5% che si è registrato nel quadriennio 2016-2019, prima della pandemia”.
Come si rifletterà questo andamento sui comportamenti dei consumatori? Siamo di fronte ad “uno scenario che avrà conseguenze importanti sul potere d’acquisto delle famiglie: considerando anche la perdita già maturata nel 2022, la compressione subita dalla capacità di spesa delle famiglie ammonterebbe, nella media 2022-2025, al 16% del reddito disponibile. Per avere un termine di confronto, si consideri che nel quadriennio 2016-2019, l’erosione di potere d’acquisto provocata dall’inflazione era stata in media dell’1,5%”.
(Fonte: confesercenti.it/28.05.2023)
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E il cibo “bio” si fa sempre più spazio

“Il biologico trova sempre più spazio anche nei menu dei pubblici esercizi”. Un’indagine Ismea - realizzata in collaborazione con Fipe e AssoBio, presentata in occasione dell’evento “Il biologico nella ristorazione commerciale”, (26 maggio scorso a Roma) - rivela che “nell’ultimo anno oltre il 50% dei bar italiani e quasi il 70% dei ristoranti ha proposto o impiegato nelle preparazioni culinarie cibi, bevande e materie prime biologiche, per garantire ai propri clienti una scelta più ampia, servire cibo più salutare e qualificare la propria offerta”. Va detto che “dei circa 111mila bar attivi sul territorio italiano, uno su due ha in parte orientato la propria offerta verso referenze ottenute con metodo biologico, con un’incidenza più elevata nei punti vendita delle città del Centro e Nord Italia e con un numero di addetti superiore a sei. Mediamente quasi il 20% di alimenti e bevande proposti presso questi esercizi è costituito da prodotti bio, soprattutto frutta, latte e vino. La colazione e l’aperitivo sono stati indicati dagli operatori come le occasioni di consumo più adatte all’inserimento di proposte bio, mentre sul fronte dei prezzi il prodotto biologico viene venduto a quasi il 15% in più a causa dei costi più elevati per l’approvvigionamento”.
Più specificamente, “la ristorazione, i due terzi degli oltre 157mila ristoranti presenti in Italia, utilizzano prodotti bio, con percentuali sopra alla media nel Centro Italia (oltre il 76%) e nel Nord Ovest (69%), e un progressivo aumento dell’incidenza al crescere del numero degli addetti (dal 60% nei ristoranti con un solo addetto all’81% di quelli con un numero superiore a 49 addetti)”.
(Fonte: confcommercio.it/29.05.2023)
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di Ernesto Pappalardo

A riflettere bene sulle conseguenze dei lunghi anni della crisi recessiva - e su quelle che potrebbero derivare dal nuovo rallentamento in atto - la fisionomia del sistema economico e produttivo della provincia di Salerno, per la verità, non ne esce eccessivamente male. Si cristallizza in un paradigma ben saldo da diversi decenni in termini di segmentazione del valore aggiunto con una netta “propensione” verso i servizi, il turismo, la ristorazione, l’accoglienza (dichiarata o sommersa). Come in tutte le altre aree del Mezzogiorno (ed in larga parte d’Italia) il manifatturiero in senso stretto accusa difficoltà, ma risponde come può. E cioè con casi virtuosi di aziende export e green oriented che rappresentano una minoranza ben agganciata alle catene della produzione del valore nazionale (ed in parte internazionale), a fronte, però, di una maggioranza che si barcamena, naviga a vista ed è di nuovo alle prese con percorsi di accesso al credito difficili (e molto onerosi in termini di costi). La regressione degli investimenti pubblici, naturalmente, influisce negativamente con maggiore efficacia (se possibile) anche su quelli privati e va a finire che pure strumenti interessanti come la Zona Economica Speciale (che ingloba i porti di Napoli, Salerno e Castellamare di Stabia e le aree retro-portuali) - sebbene in attesa dell’attivazione definitiva delle corsie veloci in termini di semplificazione amministrativa e di credito d’imposta - risentono di uno scarso appeal soprattutto nei confronti di imprese provenienti dall’estero o da territori almeno extra-regionali.
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