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La notizia del giorno »



Le immagini da Lampedusa descrivono con chiarezza la mancanza di visione su l’Europa che verrà. Le certezze sull’affermazione congiunta ( Von der Leyen e Meloni) - “decidiamo noi chi entra in Ue” - sono il segno che le città, auspicate per l’Europa da Simone Weil, condivise da A. Camus , nel parlare di civiltà plurale, sono davvero un miraggio? Il Prof. Annibale Elia nella sua postfazione al libro di Fernando Antonio Barra - “Le città di Simone Weil”, ed. Guida - rende percepibile che siamo in una fase storica regressiva. Egli ci dice che la Weil nel 1943 scrive: “Oggi la scienza, la storia, la politica, l’organizzazione del lavoro, persino le religioni, non offrono al pensiero dell’uomo se non la forza bruta”. Questa citazione permette al professore di rendere chiaro il concetto che il tema centrale della vita - e le opere della filosofa - non è la religione, nessuna religione, è piuttosto la fede nella necessità dell’Altro, per arricchire la propria vita; questo pensiero è oggi azione che si ribella a quello che sta accadendo nel Mediterraneo. La nostra vitalità non esiste se non allontaniamo l’idea che possiamo distaccarci dalle reali condizioni degli svantaggiati e degli oppressi. Per Annibale Elia questa prima riflessione ne introduce una seconda, che riguarda la città futura. Questa dovrà essere fondata (riprendendo la Weil) sull’amore incondizionato verso l’umanità. Tutte le espressioni culturali, nel loro riconoscersi nel divino, che come Bene, fonda e realizza la sacralità dell’uomo (altro o altra), possono convivere pacificamente. La città futura diventa il luogo dove sarà possibile esercitare la libertà di pensiero e di espressione, e tutte le idee circolano senza il timore di essere soffocate. Ecco, allora, che dalle immagini da Lampedusa il contraddetto emergere, e tutta la forza dell’avverso a tale prospettiva si rivela, lo stesso Dio è l’Assente.
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L'altra notizia »



“Il caro vita fa frenare i consumi. L’erosione del potere d’acquisto e dei risparmi inizia a incidere sulla spesa delle famiglie che, se non ci saranno inversioni di tendenza, dovrebbe diminuire nel secondo semestre di -3,7 miliardi rispetto ai primi sei mesi dell’anno”. È questo il quadro che si delinea in base alle previsioni del Centro Europa Ricerche per Confesercenti. “A causa della frenata del secondo semestre, a fine anno la crescita complessiva della spesa delle famiglie dovrebbe attestarsi sul +0,8%, contro il +4,6% dello scorso anno. A penalizzare le scelte di consumo una combinazione di fattori. In primo luogo, il lungo periodo di alta inflazione, che ha ridotto la capacità di spesa: il rientro è in atto, ma è meno veloce di quanto atteso, con un aumento tendenziale dei prezzi che ad agosto si è confermato ancora sopra la soglia del 5% (+5,4%). All’erosione del potere d’acquisto si aggiunge quella dei risparmi, utilizzati dalle famiglie nella prima fase dell’aumento dei prezzi per mantenere i livelli di consumo precedenti: un margine di manovra che, dopo quasi due anni di corsa dei prezzi, si è ormai fortemente ridotto”. I consumi si riducono anche in conseguenza dell’aumento dei tassi di interesse pianificato dalla Bce, “ormai giunta al decimo rialzo consecutivo: una decisione presa per contrastare l’inflazione, ma che purtroppo influenza negativamente la capacità di spesa delle famiglie - in particolare di quelle con un mutuo a tasso variabile - impattando sulla crescita complessiva dell’economia. L’aumento dei tassi di interesse arriva, inoltre, in un quadro di rapido peggioramento dell’economia. I fattori propulsivi della ripresa post pandemica si stanno spegnendo, con un forte indebolimento, in particolare, degli impulsi provenienti da esportazioni e investimenti, il cui contributo alla crescita del Pil è in calo”.
(Fonte: confesercenti.it/16.09.2023)
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GLOCAL di Ernesto Pappalardo »

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Destra e sinistra, la vera sfida per la Ue (e per l’Italia)

In realtà è già iniziata, da qualche tempo, la corsa alla conquista delle poltrone, quelle europee, ma, giusto per capire bene quello che accade, si tratta di una bella prova di forza, soprattutto, per provare a testare lo stato di salute delle forze in campo. La domanda è molto semplice: ma siamo sicuri che il panorama di casa nostra abbia assunto queste nuove sembianze (di destra) e che la sinistra (o meglio: il centrosinistra, senza trattino) non abbia prospettive a breve termine di rientrare nel grande gioco dell’oca all’interno del governo dei Parlamenti? La domanda è (anche) abbastanza chiara, partiti, sembianze di partiti, monopoli di vario genere, forze in campo, mondi delle economie (plurale d’obbligo), rappresentanze rimaste attonite e rappresentanze immediatamente messe in campo (con esiti a volte incomprensibili), sono in fibrillazione per motivi, in qualche modo, opposti: per difendersi (se hanno già vinto) e per attaccare (se hanno quasi del tutto perso). Ma, naturalmente, manifestando, in ogni caso, l’esigenza di rinsaldarsi, è questo il punto serio e concreto, sia nel caso dei vincenti che nelle posizioni dei più solidi perdenti (i perdenti vincenti, per intendersi: quelli che mantengono posizioni “dominanti”, pur in uno scenario che li colloca, più complessivamente, dalla parte degli sconfitti). Insomma, le elezioni europee sono un primo e approfondito sondaggio in grado di determinare prospettive e percorsi che, è del tutto evidente, aprono direttamente la strada per i prossimi (e prossimi) anni, dopo una carrellata di clamorosi, ma ben tollerati errori ed erroracci.
Se questa è la premessa, è evidente che si lavora a tempo pieno non tanto per definire strategie illuminanti - probabilmente da una parte e dell’altra - ma, soprattutto - per valutare bene come strutturare la sfida, che, per la verità, non appare, al momento, ancora del tutto bene incamminata. Il tentativo delle destre di sconfiggere il centrosinistra in Europa passa attraverso la chiara definizione di un’alleanza che è chiamata ad autenticarsi, in ogni caso, ben distante - ha spiegato bene Tajani, ministro degli Esteri espresso da Forza Italia - dalla destra che resta bene a destra (molto lontana cioè dall’itinerario prescelto dai partiti di destra, che si sono incardinati, a tutti gli effetti, negli scenari istituzionali Ue, scegliendo di seguire, strutturalmente, il sentiero dei Popolari europei, Ppe).
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I numeri dell'economia »

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L’economia? In frenata, “ma i consumi tengono grazie alle famiglie”

“Il rallentamento in atto nella maggior parte dei Paesi europei ha ormai coinvolto anche l’economia italiana, che aveva reagito meglio di altre ai danni causati dalla pandemia. Dopo un secondo trimestre 2023 negativo, infatti, anche le dinamiche dei mesi estivi sono state molto deboli”. La stima che l’Ufficio Studi veicola attraverso l’ultimo numero di Congiuntura Confcommercio fa riferimento a “una diminuzione dello 0,1% in termini congiunturali sia ad agosto che a settembre”. Nel terzo trimestre “si avrebbe dunque una crescita del Pil dello 0,1% rispetto al periodo aprile-giugno e dello 0,2% su base annua. Non sarebbe possibile, di conseguenza, raggiungere l’obiettivo di una crescita all’1% a fine anno e dunque è ora possibile stimare un +0,8% (era +1,2% nella previsione precedente)”. Va detto che “il 2023 - ha spiegato il direttore dell'Ufficio Studi Mariano Bella - è caratterizzato da fibrillazioni ereditate dalla fine del 2022. Nel 2024 si proseguirebbe con variazioni congiunturali trimestrali attorno a 0,3-0,4, il profilo attuale è ai limiti della recessione tecnica, ma niente di drammatico sotto il profilo sostanziale”.
E “le incertezze e le difficoltà del quadro economico si leggono anche nella debolezza dei consumi. Non a caso ad agosto l’Indicatore Consumi Confcommercio è sceso dello 0,2% su base annua, per effetto della flessione della domanda di beni (-1,1%), non compensata completamente dalla crescita sul versante dei servizi (+1,3%)”. Su base mensile, “si confermano in recupero l’automotive (+16,3%), i servizi ricreativi (+12,7%) e i trasporti aerei (+11,7%), mentre poco dinamica appare la domanda sul fronte di alberghi e pasti e consumazioni fuori casa (+0,3%). In negativo, di nuovo, abbigliamento e calzature (-0,6%) e consumi di beni alimentari (-3%)”. L’Ufficio Studi Confcommercio stima che “in due anni le famiglie italiane hanno cercato di sostenere i consumi intaccando la ricchezza finanziaria, con una perdita reale di 17.600 euro di potere d'acquisto”.
(Fonte: confcommercio.it/14.09.2023)
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Lo speciale »

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Agricoltura, in Italia un campo su 5 è biologico

“A livello nazionale la superficie agricola utilizzata (Sau) destinata a biologico in Italia raggiunge il record storico di 2,3 milioni di ettari (+7,5%) pari a quasi ad un campo su cinque (19%) del totale con oltre 82.000 produttori agricoli, il numero più elevato tra i Paesi dell’Unione Europea”. E’ questo il quadro che prende forma dall’analisi della Coldiretti illustrata al Sana - Salone internazionale del biologico e del naturale - alla fiera di Bologna. “I terreni coltivati a biologico - specifica la Coldiretti - sono destinati per il 43% da seminativi come grano, orzo e avena, per il 28% da superfici a prati e pascoli per l’allevamento, per il 24 % da colture permanenti come frutteti, oliveti e vigneto per il 2,5% a ortaggi”. E’ questo un risultato in grado di spingere “i consumi in Italia dove il valore del mercato interno dei prodotti biologici - spiega la Coldiretti - sale a quasi 5,5 miliardi con una crescita del +9% nel 2023 rispetto allo scorso anno. I tre quarti dei consumi interni pari a oltre 4,2 miliardi sono concentrati in ambito domestico e il resto riguarda la ristorazione dove si assiste a una crescita tumultuosa del +18% nell’ultimo anno, terminante a luglio”, analisi Coldiretti su dati Osservatorio Sana-Nomisma 2023.
Va detto che “il successo del biologico italiano e da filiera corta è confermato - specifica la Coldiretti - anche dalla riduzione delle quantità di prodotto biologico importate dall’estero. Si registrano in tutto il 2022 meno importazioni rispetto all’anno precedente per oli e grassi vegetali (-31%), colture industriali (-26%) e cereali (-22%)”, (ultimo Rapporto Bio in cifre).
Bisogna aggiungere che “l’obbligo di scrivere in etichetta l’origine della materia prima e la volontà di valorizzare prodotti a km zero da parte dell’industria e dei consumatori, sta favorendo la costruzione di filiere biologiche nazionali”.
(Fonte: coldiretti.it/07.09.2023)
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di Ernesto Pappalardo

A riflettere bene sulle conseguenze dei lunghi anni della crisi recessiva - e su quelle che potrebbero derivare dal nuovo rallentamento in atto - la fisionomia del sistema economico e produttivo della provincia di Salerno, per la verità, non ne esce eccessivamente male. Si cristallizza in un paradigma ben saldo da diversi decenni in termini di segmentazione del valore aggiunto con una netta “propensione” verso i servizi, il turismo, la ristorazione, l’accoglienza (dichiarata o sommersa). Come in tutte le altre aree del Mezzogiorno (ed in larga parte d’Italia) il manifatturiero in senso stretto accusa difficoltà, ma risponde come può. E cioè con casi virtuosi di aziende export e green oriented che rappresentano una minoranza ben agganciata alle catene della produzione del valore nazionale (ed in parte internazionale), a fronte, però, di una maggioranza che si barcamena, naviga a vista ed è di nuovo alle prese con percorsi di accesso al credito difficili (e molto onerosi in termini di costi). La regressione degli investimenti pubblici, naturalmente, influisce negativamente con maggiore efficacia (se possibile) anche su quelli privati e va a finire che pure strumenti interessanti come la Zona Economica Speciale (che ingloba i porti di Napoli, Salerno e Castellamare di Stabia e le aree retro-portuali) - sebbene in attesa dell’attivazione definitiva delle corsie veloci in termini di semplificazione amministrativa e di credito d’imposta - risentono di uno scarso appeal soprattutto nei confronti di imprese provenienti dall’estero o da territori almeno extra-regionali.
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