La notizia del giorno »
GLOCAL di Ernesto Pappalardo »

Basta guerre, il mondo vuole vivere e respirare.
Stiamo attraversando un momento complesso e drammatico. Ogni giorno assistiamo a colpi di scena che sembrano sfuggire a ogni logica, e il caso dei dazi è solo l’ultimo di una lunga serie che si somma alle due guerre ancora in corso. Di fronte a questo scenario, sento sempre più urgente il bisogno di un ritorno alla razionalità, alla lucidità, allontanandoci da schieramenti sterili e politicamente insostenibili. L’Europa è stretta tra un trumpismo ormai privo di coerenza dominante e sistemi nazionali che, pur razionali, stanno cedendo sotto la pressione di dinamiche globali esecrabili. Credo fortemente che oggi più che mai serva rilanciare con decisione un cammino di pace autentica e duratura, fondato sul rispetto della persona. Non possiamo più affidarci a richiami generici: è tempo di riscoprire i valori fondanti della nostra convivenza civile. Non si tratta soltanto di frenare la corsa verso l’autodistruzione, ma di ritrovare chi siamo, per poter finalmente ripartire, insieme, verso un mondo diverso.
I numeri dell'economia »

Commercio, ricettività e ristorazione, giovani imprenditori in fuga
“L’Italia non è più un Paese per giovani imprenditori? Nei comparti strategici del commercio, della ricettività e della ristorazione, l’impresa giovanile è in caduta libera: tra il 2019 e il 2024 sono scomparsi oltre 35.600 negozi, attività ricettive, bar e ristoranti guidati da under 35, con un calo del -22,9%. Una flessione nettamente più pronunciata di quella complessiva delle imprese (-7,2% dal 2019) e più che quadrupla rispetto alle attività guidate da over 35 (-5%) nei tre settori considerati”. È questo il dato che emerge da un’analisi condotta da Confesercenti “sui dati camerali delle imprese registrate nel commercio, nella ricettività e nei servizi di ristorazione e bar”.
Fa riflettere che solo un’impresa su dieci guidata da giovani. Nel 2024 “le imprese giovanili rappresentano ormai solo il 10% del totale dei comparti considerati. Una quota in netto calo rispetto al 12,1% del 2019, che conferma il ridimensionamento della presenza under 35 nel tessuto imprenditoriale italiano: a livello complessivo, considerando tutti i settori di attività della nostra economia, le imprese giovanili sparite negli ultimi cinque anni sono state poco più di 70mila, di cui circa una su due proprio nel commercio, nel turismo e nella ristorazione”.
La crisi dei centri intermedi e del Centro-Sud.
“Il calo di attività under 35 è più veloce nei centri urbani intermedi. Nei comuni tra i 15.000 e i 50.000 abitanti, le imprese giovanili sono diminuite del 23% dal 2019, in quelli tra i 50.000 e i 250.000 del 24,2%. A livello regionale, le diminuzioni più pronunciate sono nelle regioni del Centro-Sud: Umbria, Sardegna, Calabria, Abruzzo, Sicilia e Toscana, tutte con riduzioni superiori al -24% rispetto a cinque anni fa. La lettura per macroaree rafforza l’allarme: le regioni del Centro segnano una flessione del -25,2%, le Isole del -28,4% e il Mezzogiorno del -25,5%, contro il -17,8% del Nord-Ovest e il -14,3% del Nord-Est”.
Aumenta l’età media degli imprenditori.
“Al calo di attività giovanili corrisponde un invecchiamento complessivo della popolazione imprenditoriale di commercio e turismo, con l’età media che in cinque anni è passata da 50 a poco più di 51 anni (51,3), un aumento di due punti percentuali circa. L’età media risulta più alta in Liguria (54,1 anni), seguita da Valle d’Aosta (53,4), Toscana e Friuli-Venezia Giulia (entrambe 53,1). Nonostante il calo di under 35 sia più accentuato al Centro-Sud, è qui che il tessuto imprenditoriale rimane più giovane: le età medie più basse si registrano in Puglia (49,8 anni), Campania (50,7), Sicilia (50,8) e Lazio (50,4)”.
(confesercenti.it/17.05.2025)
(continua)
Fa riflettere che solo un’impresa su dieci guidata da giovani. Nel 2024 “le imprese giovanili rappresentano ormai solo il 10% del totale dei comparti considerati. Una quota in netto calo rispetto al 12,1% del 2019, che conferma il ridimensionamento della presenza under 35 nel tessuto imprenditoriale italiano: a livello complessivo, considerando tutti i settori di attività della nostra economia, le imprese giovanili sparite negli ultimi cinque anni sono state poco più di 70mila, di cui circa una su due proprio nel commercio, nel turismo e nella ristorazione”.
La crisi dei centri intermedi e del Centro-Sud.
“Il calo di attività under 35 è più veloce nei centri urbani intermedi. Nei comuni tra i 15.000 e i 50.000 abitanti, le imprese giovanili sono diminuite del 23% dal 2019, in quelli tra i 50.000 e i 250.000 del 24,2%. A livello regionale, le diminuzioni più pronunciate sono nelle regioni del Centro-Sud: Umbria, Sardegna, Calabria, Abruzzo, Sicilia e Toscana, tutte con riduzioni superiori al -24% rispetto a cinque anni fa. La lettura per macroaree rafforza l’allarme: le regioni del Centro segnano una flessione del -25,2%, le Isole del -28,4% e il Mezzogiorno del -25,5%, contro il -17,8% del Nord-Ovest e il -14,3% del Nord-Est”.
Aumenta l’età media degli imprenditori.
“Al calo di attività giovanili corrisponde un invecchiamento complessivo della popolazione imprenditoriale di commercio e turismo, con l’età media che in cinque anni è passata da 50 a poco più di 51 anni (51,3), un aumento di due punti percentuali circa. L’età media risulta più alta in Liguria (54,1 anni), seguita da Valle d’Aosta (53,4), Toscana e Friuli-Venezia Giulia (entrambe 53,1). Nonostante il calo di under 35 sia più accentuato al Centro-Sud, è qui che il tessuto imprenditoriale rimane più giovane: le età medie più basse si registrano in Puglia (49,8 anni), Campania (50,7), Sicilia (50,8) e Lazio (50,4)”.
(confesercenti.it/17.05.2025)
(continua)
Lo speciale »

La Biennale di Architettura e l’Urlo degli impatti di CO2
di Pasquale Persico
Oramai la tecnologia ed i satelliti che camminano nello spazio sono in grado di misurare l’efficacia dei nostri modelli di pianificazione territoriale e, quindi, di dare un voto ai piani-paesaggio delle regioni, fino a dettagli specifici sulle singole città o sui paesaggi localizzati, in regressione nei parchi nazionali e regionali. Per Ratti e la filosofia sulle città della sua biennale, la parola adattamento deve trovare delle misure di riferimento sul paesaggio, a livello macro e micro; il progetto con il suo linguaggio deve essere riconnesso a qualche criterio di giudizio che esalti il concetto di adattamento con delle misure di efficacia nella lotta all’emissione di CO2. Questa variabile è proxy misure quantitative di specifici obiettivi di qualità: tutela della biodiversità, transizione ecologica dell’energia, miglioramento delle modalità di produzione in agricoltura, riposizionamento delle variabili ESG, come sintesi delle economie di scopo e di varietà delle imprese. Ecco allora che i candidati alle prossime elezioni regionali, nella logica della Biennale, dovrebbero presentare programmi più dettagliati sull’adattamento programmato per i territori da amministrare.
Le mappe già prodotte dal gruppo di lavoro sulla valutazione del Prof. Antonio Nesticò della Facoltà di Ingegneria di Salerno, sono indicative per possibili indirizzi delle politiche di riadattamento , a cui fa riferimento Ratti. Le aree urbane e la città metropolitana di Napoli, in particolare, si segnalano per l’urlo drammatico sulla incapacità di rispondere in termini di adattamento ai temi della transizione ecologica necessaria. Non ne parliamo, se incrociamo i temi del cambiamento climatico e gli altri rischi, terremoto in particolare, a partire dall’area Flegrea. Ratti ci segnala che la correlazione tra incapacità di programmazione e fuga delle compagnie di assicurazione dalla copertura di questi rischi, è in crescita. Questo significa che se non vi è evidenza di una buona politica di riadattamento, molti territori non saranno in grado di risalire dalle emergenze per incapacità di mobilitare fonti di investimenti, privati e pubblici.
Posso sicuramente affermare che Comuni, Province e Regione hanno avuto poca attenzione a questo tipo di ragionamento e perfino l’ARPAC entra poco in campo, per rendere più prescrittive le sue preziose statistiche sul che fare. Anche per le politiche perseguite per la risalita della urbanità è possibile una valutazione quantitativa e qualitativa più incisiva. Presto potrei avere dati sulla necessità di invertire la denominazione del Parco Nazionale del Cilento a favore della componente Alburni o dare un nome diverso al Parco Nazionale del Vesuvio, entrando nel dettaglio dei parametri quantitativi dell’emissione di CO2 come variabile proxy delle reti ecologiche efficaci. Le misure di mitigazione previste dal PNRR a partire dai progetti di forestazione urbana sono poco connesse ai tema dell’adattamento di aree vaste , ad esempio nelle aree metropolitane; questo risultano segnala ritardi enormi rispetto ad aree concorrenti in Europa.
(continua)
Oramai la tecnologia ed i satelliti che camminano nello spazio sono in grado di misurare l’efficacia dei nostri modelli di pianificazione territoriale e, quindi, di dare un voto ai piani-paesaggio delle regioni, fino a dettagli specifici sulle singole città o sui paesaggi localizzati, in regressione nei parchi nazionali e regionali. Per Ratti e la filosofia sulle città della sua biennale, la parola adattamento deve trovare delle misure di riferimento sul paesaggio, a livello macro e micro; il progetto con il suo linguaggio deve essere riconnesso a qualche criterio di giudizio che esalti il concetto di adattamento con delle misure di efficacia nella lotta all’emissione di CO2. Questa variabile è proxy misure quantitative di specifici obiettivi di qualità: tutela della biodiversità, transizione ecologica dell’energia, miglioramento delle modalità di produzione in agricoltura, riposizionamento delle variabili ESG, come sintesi delle economie di scopo e di varietà delle imprese. Ecco allora che i candidati alle prossime elezioni regionali, nella logica della Biennale, dovrebbero presentare programmi più dettagliati sull’adattamento programmato per i territori da amministrare.
Le mappe già prodotte dal gruppo di lavoro sulla valutazione del Prof. Antonio Nesticò della Facoltà di Ingegneria di Salerno, sono indicative per possibili indirizzi delle politiche di riadattamento , a cui fa riferimento Ratti. Le aree urbane e la città metropolitana di Napoli, in particolare, si segnalano per l’urlo drammatico sulla incapacità di rispondere in termini di adattamento ai temi della transizione ecologica necessaria. Non ne parliamo, se incrociamo i temi del cambiamento climatico e gli altri rischi, terremoto in particolare, a partire dall’area Flegrea. Ratti ci segnala che la correlazione tra incapacità di programmazione e fuga delle compagnie di assicurazione dalla copertura di questi rischi, è in crescita. Questo significa che se non vi è evidenza di una buona politica di riadattamento, molti territori non saranno in grado di risalire dalle emergenze per incapacità di mobilitare fonti di investimenti, privati e pubblici.
Posso sicuramente affermare che Comuni, Province e Regione hanno avuto poca attenzione a questo tipo di ragionamento e perfino l’ARPAC entra poco in campo, per rendere più prescrittive le sue preziose statistiche sul che fare. Anche per le politiche perseguite per la risalita della urbanità è possibile una valutazione quantitativa e qualitativa più incisiva. Presto potrei avere dati sulla necessità di invertire la denominazione del Parco Nazionale del Cilento a favore della componente Alburni o dare un nome diverso al Parco Nazionale del Vesuvio, entrando nel dettaglio dei parametri quantitativi dell’emissione di CO2 come variabile proxy delle reti ecologiche efficaci. Le misure di mitigazione previste dal PNRR a partire dai progetti di forestazione urbana sono poco connesse ai tema dell’adattamento di aree vaste , ad esempio nelle aree metropolitane; questo risultano segnala ritardi enormi rispetto ad aree concorrenti in Europa.
(continua)