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Campo largo o stretto, la battaglia è già nel vivo
Campo largo o campo stretto, la sinistra deve a prendere atto - nonostante il quadro generale resti piuttosto confuso e orientato, prevalentemente, alla conquista del consenso, e basta - che la partita è particolarmente difficile, al limite dell’impossibilità. E bisogna aggiungere la complessità dell’accordo che con gli altri del centrosinistra (o solo sinistra) il Pd di Schlein ha, di fatto, in larga parte, già messo in piedi. Un’intesa che sembra avere un solo presupposto ben riconoscibile: vincere o, in ogni caso, non perdere in tutto e per tutto. “Non perdere”, che in Italia assume una varietà di significati, a cominciare dal preservare le singole storie personali, le “profilazioni” di varie leadership politiche che, in ogni caso, a questo punto sono chiamate a rafforzare le condizioni generali per mantenere la guida delle varie forze che si giocano la partita contro l’aggregato che la Meloni, per forza numerica (ma non solo, ovviamente), guida e governa senza alcuna problematica troppo, al momento, percepibile. Un confronto, quindi, tra schieramenti che hanno già manifestato varie complessità, sotto il profilo dell’approccio programmatico, ma anche a livello di “interna competitività” molto delicata, anche se più lineare dal punto di vista del centrodestra, e più variegata e difficile da quello del centrosinistra. E, quindi, con lo sguardo aperto, da una parte e dall’altra, sul match da disputare a livello europeo: si apre e si rafforza il confronto in corso, fino a delineare prospettive francamente difficili anche da immaginare. Quello che si può intuire - e anche constatare - fin da queste prime giornate dopo il voto in Abruzzo, è che la partita è già da tempo iniziata: ogni minimo spiraglio per confermare le strategie delle forze in campo viene subito ampliato e rafforzato, senza stare a pensare quali possono essere i tempi che l’elettorato di per sé si è già dato - o, anche, in qualche modo, ha trovato - fino a determinare una generale confusione, che cade addosso a un po’ tutte le forze politiche, che non riescono a scuotersi da questa sindrome così battagliera che le attanaglia e delinea una più generale confusione, frullando insieme politica interna, politica estera, e accantonando, invece, problematiche serie e importanti che vagano, sempre, irrisolte e appese, in attesa di una ventata di buon senso, che non c’è. Non c’è proprio.
Rimane, quindi, la sensazione che siamo nel pieno di un momento nel quale si prova ancora a rafforzare linee di programma da un lato, ma, soprattutto, un quadro dall’altro, ben definito, anche nelle modalità operative (che si confermano e si confermeranno sempre di più) di un modo di rappresentare all’elettorato, già in così forte rallentamento non solo statistico, le parole d’ordine, in termini pratici, di un confronto nuovo, molto diverso da tutti gli altri che si sono verificati fino a questo momento. In altre parole, se la determinazione degli antagonisti veri e propri - Meloni e Schlein, principalmente - è già avvenuta (e la rete da questo punto di vista è stata indotta, evidentemente, a lavorare, per così dire, bene), ora appare chiaro che è sugli slogan, più ch sui problemi, che si attende un cambio di marcia.
(continua)
Rimane, quindi, la sensazione che siamo nel pieno di un momento nel quale si prova ancora a rafforzare linee di programma da un lato, ma, soprattutto, un quadro dall’altro, ben definito, anche nelle modalità operative (che si confermano e si confermeranno sempre di più) di un modo di rappresentare all’elettorato, già in così forte rallentamento non solo statistico, le parole d’ordine, in termini pratici, di un confronto nuovo, molto diverso da tutti gli altri che si sono verificati fino a questo momento. In altre parole, se la determinazione degli antagonisti veri e propri - Meloni e Schlein, principalmente - è già avvenuta (e la rete da questo punto di vista è stata indotta, evidentemente, a lavorare, per così dire, bene), ora appare chiaro che è sugli slogan, più ch sui problemi, che si attende un cambio di marcia.
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I numeri dell'economia »
La riduzione del cuneo contributivo, obiettivo primario
“L’inflazione annulla la ripartenza dei redditi degli italiani, riportandoli - in termini reali - sotto i livelli prepandemia, con una perdita complessiva di oltre 6 miliardi di euro rispetto al 2019. Tra il 2019 ed il 2023, in valori nominali, il reddito medio delle famiglie italiane è passato da poco più di 38.300 euro a oltre 43.800 euro l’anno. “Un salto di oltre 5.500 euro che, purtroppo, è solo virtuale, perché annullato di fatto dall’aumento dei prezzi: al netto dell’inflazione, infatti, nel 2023 il reddito reale medio per famiglia è ancora 254 euro (-0,7%) inferiore a quello del 2019”. È questo il quadro che emerge dalle elaborazioni sui redditi delle famiglie e sull’occupazione realizzate da CER e Ufficio Economico Confesercenti, tenendo conto dei dati Istat disponibili, “a quattro anni dall’annuncio del lockdown del 9 marzo 2020”.
Calano i redditi da trasferimenti pubblici.
“Ad arginare il calo del reddito medio delle famiglie italiane, la crescita del reddito medio da lavoro autonomo - professionisti, imprenditori, partite IVA - che, al netto dell’inflazione, nel 2023 supera i 43.600 euro, quasi 1.600 euro in più rispetto al 2019. Variazione positiva anche per il reddito derivato da altre fonti, voce che include i redditi da capitale, da patrimoni, da rendite finanziarie etc., che cresce di 1.178 euro rispetto a cinque anni fa. Nello stesso periodo, il reddito medio in termini reali da lavoro dipendente segna un mini-aumento di 180 euro. Calano nettamente, invece, i redditi da trasferimenti pubblici (-1.819 euro), che includono pensioni, indennità e altri sussidi. A pesare è l’adeguamento solo parziale delle pensioni al caro-vita del periodo, contestualmente al progressivo esaurimento, a partire da metà 2023, del reddito di cittadinanza”.
Gli andamenti nelle regioni.
"Il calo del reddito medio rilevato a livello nazionale è la sintesi di tendenze territoriali molto diverse tra loro. Per le famiglie di sette regioni, il bilancio è positivo, prevalentemente a Nord: a registrare un aumento del reddito medio in termini reali rispetto al 2019 sono infatti Valle d’Aosta (+2.951 euro, l’incremento più alto), Lombardia (+1.930 euro), le province autonome di Trento (+1.639 euro) e Bolzano (+2.237 euro), Veneto (+241 euro) e Friuli-Venezia Giulia (+483 euro). Tra le regioni che hanno ‘battuto’ l’inflazione, anche la centrale Umbria (+1.391 euro sul 2019) e, nel Mezzogiorno, la Puglia (+150 euro) e la Basilicata, che vede il reddito medio reale crescere di 2.907 euro in cinque anni, l’incremento maggiore dopo quello della Valle d’Aosta: un risultato positivo, cui ha contribuito lo sviluppo nella regione, negli ultimi anni, delle industrie estrattive e turistica".
(Fonte: confesercenti.it/09.03.2024)
(continua)
Calano i redditi da trasferimenti pubblici.
“Ad arginare il calo del reddito medio delle famiglie italiane, la crescita del reddito medio da lavoro autonomo - professionisti, imprenditori, partite IVA - che, al netto dell’inflazione, nel 2023 supera i 43.600 euro, quasi 1.600 euro in più rispetto al 2019. Variazione positiva anche per il reddito derivato da altre fonti, voce che include i redditi da capitale, da patrimoni, da rendite finanziarie etc., che cresce di 1.178 euro rispetto a cinque anni fa. Nello stesso periodo, il reddito medio in termini reali da lavoro dipendente segna un mini-aumento di 180 euro. Calano nettamente, invece, i redditi da trasferimenti pubblici (-1.819 euro), che includono pensioni, indennità e altri sussidi. A pesare è l’adeguamento solo parziale delle pensioni al caro-vita del periodo, contestualmente al progressivo esaurimento, a partire da metà 2023, del reddito di cittadinanza”.
Gli andamenti nelle regioni.
"Il calo del reddito medio rilevato a livello nazionale è la sintesi di tendenze territoriali molto diverse tra loro. Per le famiglie di sette regioni, il bilancio è positivo, prevalentemente a Nord: a registrare un aumento del reddito medio in termini reali rispetto al 2019 sono infatti Valle d’Aosta (+2.951 euro, l’incremento più alto), Lombardia (+1.930 euro), le province autonome di Trento (+1.639 euro) e Bolzano (+2.237 euro), Veneto (+241 euro) e Friuli-Venezia Giulia (+483 euro). Tra le regioni che hanno ‘battuto’ l’inflazione, anche la centrale Umbria (+1.391 euro sul 2019) e, nel Mezzogiorno, la Puglia (+150 euro) e la Basilicata, che vede il reddito medio reale crescere di 2.907 euro in cinque anni, l’incremento maggiore dopo quello della Valle d’Aosta: un risultato positivo, cui ha contribuito lo sviluppo nella regione, negli ultimi anni, delle industrie estrattive e turistica".
(Fonte: confesercenti.it/09.03.2024)
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Lo speciale »
Il vero o il falso? Notizie non più verificabili in aumento
Ancora in crescita la tv via internet. L’analisi del sistema dei media che viene proposta nel 19° Rapporto sulla comunicazione (presentato dal Censis) evidenzia che “nell’era biomediatica, alcuni mezzi sono in grado di raccogliere intorno a sé un vasto pubblico e di rispondere alle diverse preferenze ed esigenze comunicative di ciascuno. A svolgere questo compito è innanzitutto la televisione. Nel 2023 a guardarla è complessivamente il 95,9% degli italiani (+0,8%). La percentuale dell’utenza è la somma di più componenti: la stabilità del numero di telespettatori della tv tradizionale (il digitale terrestre: +0,9% rispetto al 2022), una lieve crescita della tv satellitare (+2,1%), il continuo rialzo della tv via internet (web tv e smart tv passano al 56,1% di utenza, ovvero oltre la metà della popolazione, con un +3,3% in un anno) e il boom della mobile tv, che è passata dall’1,0% di spettatori nel 2007 al 33,6% di oggi (più di un terzo degli italiani)”.
La radio sempre ibrida. “La radio continua a rivelarsi all’avanguardia all’interno dei processi di ibridazione del sistema dei media. Complessivamente, i radioascoltatori sono il 78,9% degli italiani, con una lieve flessione da un anno all’altro (-1,1%). Ma se la radio ascoltata in casa attraverso l’apparecchio tradizionale subisce un piccolo calo passando al 45,6% di utenza (-2,4% rispetto al 2022), l’autoradio si attesta al 69,1%, confermandosi su livelli prepandemici. Per quanto concerne l’ascolto delle trasmissioni radiofoniche via internet con il pc (18,2% degli utenti) e con lo smartphone (24,1%), si registra una crescita importante nel lungo periodo (rispettivamente +10,6% e + 20,5% dal 2007 ad oggi), ma un calo nel breve (rispettivamente -2,2% e -5,0% tra il 2022 e il 2023)”.
Consolidamento di internet, smartphone e social network. “Tra il 2022 e il 2023 si registra un consolidamento dell’impiego di internet da parte degli italiani (l’89,1% di utenza, con una differenza positiva di 1,1 punti percentuali), e si evidenzia una sovrapposizione quasi perfetta con quanti utilizzano gli smartphone (l’88,2%) e molto prossima a quanti sono gli utilizzatori di social network (82,0%)”.
La carta stampata in crisi perenne. “Per i media a stampa, invece, si accentua ulteriormente la crisi ormai storica, a cominciare dai quotidiani cartacei venduti in edicola, che nel 2007 erano letti dal 67,0% degli italiani, ridottisi al 22,0% nel 2023 (con una differenza pari a -3,4% in un anno e a -45,0% in quindici anni). Si registra ancora una limatura dei lettori dei settimanali (-1,7%) e dei mensili (-2,8%). Anche gli utenti dei quotidiani online diminuiscono al 30,5% degli italiani (-2,5% in un anno), mentre sono stabili quanti utilizzano i siti web d’informazione (il 58,1% come già nel 2022, ma cresciuti del 21,6% dal 2011)”.
Segnali di ripresa per i libri. “Nel 2023 si arresta l’emorragia di lettori di libri: gli italiani che leggono libri cartacei sono il 45,8% del totale (+3,1% rispetto allo scorso anno ma -13,6% rispetto al 2007). La ripresa non riguarda i lettori di e-book, che non si sbloccano, rimanendo stabili al 12,7% (-0,6%)”.
(Fonte: censis.it/11.03.2024)
(continua)
La radio sempre ibrida. “La radio continua a rivelarsi all’avanguardia all’interno dei processi di ibridazione del sistema dei media. Complessivamente, i radioascoltatori sono il 78,9% degli italiani, con una lieve flessione da un anno all’altro (-1,1%). Ma se la radio ascoltata in casa attraverso l’apparecchio tradizionale subisce un piccolo calo passando al 45,6% di utenza (-2,4% rispetto al 2022), l’autoradio si attesta al 69,1%, confermandosi su livelli prepandemici. Per quanto concerne l’ascolto delle trasmissioni radiofoniche via internet con il pc (18,2% degli utenti) e con lo smartphone (24,1%), si registra una crescita importante nel lungo periodo (rispettivamente +10,6% e + 20,5% dal 2007 ad oggi), ma un calo nel breve (rispettivamente -2,2% e -5,0% tra il 2022 e il 2023)”.
Consolidamento di internet, smartphone e social network. “Tra il 2022 e il 2023 si registra un consolidamento dell’impiego di internet da parte degli italiani (l’89,1% di utenza, con una differenza positiva di 1,1 punti percentuali), e si evidenzia una sovrapposizione quasi perfetta con quanti utilizzano gli smartphone (l’88,2%) e molto prossima a quanti sono gli utilizzatori di social network (82,0%)”.
La carta stampata in crisi perenne. “Per i media a stampa, invece, si accentua ulteriormente la crisi ormai storica, a cominciare dai quotidiani cartacei venduti in edicola, che nel 2007 erano letti dal 67,0% degli italiani, ridottisi al 22,0% nel 2023 (con una differenza pari a -3,4% in un anno e a -45,0% in quindici anni). Si registra ancora una limatura dei lettori dei settimanali (-1,7%) e dei mensili (-2,8%). Anche gli utenti dei quotidiani online diminuiscono al 30,5% degli italiani (-2,5% in un anno), mentre sono stabili quanti utilizzano i siti web d’informazione (il 58,1% come già nel 2022, ma cresciuti del 21,6% dal 2011)”.
Segnali di ripresa per i libri. “Nel 2023 si arresta l’emorragia di lettori di libri: gli italiani che leggono libri cartacei sono il 45,8% del totale (+3,1% rispetto allo scorso anno ma -13,6% rispetto al 2007). La ripresa non riguarda i lettori di e-book, che non si sbloccano, rimanendo stabili al 12,7% (-0,6%)”.
(Fonte: censis.it/11.03.2024)
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