L’analisi dei flussi di visitatori attraverso la comparazione nelle diverse stagioni dell’anno.
La “legge” del pendolo
In provincia di Salerno il tasso di turisticità complessivo nel 2015 è stato pari a 5,15 pernottamenti per residente a fronte di una media regionale di 3,22. Ma nei mesi non estivi – escludendo quindi il periodo giugno/settembre – si scende a 1,03 (media regionale: 1,24). Più di 4 pernottamenti in meno per abitante.

Una provincia a trazione estiva
di Paolo Coccorese e Ernesto Pappalardo
Il mercato turistico in provincia di Salerno ha già evidenziato nella scorsa stagione estiva - secondo i consuntivi di fonte alberghiera e ricettiva più in generale - una dinamica positiva. Sarebbe molto importante – proprio in una fase di giustificato ottimismo per come sono andate le cose nel 2017 – provare ad allargare lo sguardo oltre i canonici mesi estivi (quattro su dodici, è bene ricordare) e riflettere sull’urgenza di uscire da una fase di eccessiva concentrazione delle attività nel periodo più caldo dell’anno. L’indicatore individuato per evidenziare quanto lavoro ci sia realmente da fare per mettere in campo un percorso di “destagionalizzazione” credibile ed efficace, è il tasso di turisticità. Si tratta dell’indicatore Istat che prende in considerazione le presenze negli esercizi ricettivi in relazione al numero di residenti. Gli ultimi dati disponibili riguardano il periodo 2007-2015 e confermano chiaramente che la forbice tra estate ed inverno – per semplificare – nel territorio salernitano è ancora troppo ampia, con tutto quel che ne consegue in termini di occupazione e di redditività delle aziende della filiera.
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Le presenze sono oltre 4,5 milioni nei 4 mesi caldi (14° posto nazionale) e 1,1 nel resto dell’anno (29°).
Il turismo? Troppo estivo
La quota di presenze negli esercizi ricettivi prima e dopo l’estate, rispetto al totale annuo, in provincia di Salerno si attesta al 20%. E’ la percentuale più bassa dell’intera regione (media/Campania: 38,5%).

Presenze troppo "concentrate" d'estate
di Paolo Coccorese e Ernesto Pappalardo
L’evidenza dei dati conferma in pieno il problema dell’eccessiva concentrazione in estate delle presenze di turisti e visitatori nel nostro territorio. Non è un problema - va sottolineato – soltanto delle aree del Sud, ma, sicuramente, in queste zone il fenomeno è molto più significativo anche in considerazione della mitezza del clima anche nelle altre stagioni dell’anno. Nel caso specifico della provincia di Salerno, il tasso di turisticità complessivo nel 2015 è stato pari a 5,15 pernottamenti per residente a fronte di una media regionale di 3,22. Se, però, restringiamo il campo di indagine ai mesi non estivi – escludendo quindi il periodo giugno/settembre, sempre del 2015 – si scende a 1,03 (media regionale: 1,24). Più di 4 pernottamenti in meno per abitante. A conferma di una parabola troppo in picchiata, si aggiunge la quota di presenze turistiche negli esercizi ricettivi nei mesi non estivi rispetto al totale annuo: in provincia di Salerno si attesta al 20%. Si tratta del valore più basso in termini percentuali dell’intera regione. Non solo più basso, quindi, della media/Campania (38,5%), ma di tutte le altre province: Avellino (60,2%), Benevento (59,5%), Caserta (52,5%) e Napoli (45,8%).
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Analisi su un quadro che sembra trascurare le tinte dell’economia informale, a partire da due domande.
Siamo i fannulloni d’Europa? Chi lavora di più in Italia?
Eurostat ha pubblicato i dati sul monte-ore settimanale dei dipendenti nei Paesi dell’Ue. Noi risultiamo abbastanza rilassati, superati solo dai danesi. È proprio vero? Le schede nazionali contengono stime sui carichi nei 21 settori di attività: gli scarti sono sensibili.

Italiani veramente "rilassati"?
In Europa un dipendente full-time lavora mediamente 40,3 ore ogni settimana standard. Gli uomini hanno un carico maggiore delle donne (41 ore contro 39,3). Gli addetti dell’industria estrattiva aprono la graduatoria dell’impegno (42), chiusa dal settore dell’istruzione (38,1). I Paesi stakanovisti risultano Regno Unito (42,3 ore) e Cipro (41,7). La Germania si colloca nella media europea (40), mentre i francesi e gli olandesi conquistano il terzultimo gradino (39). La settimana più corta spetta alla Danimarca (38 ore) ma l’Italia è medaglia d’argento con 38,8. Prima di fustigarci (o celebrare, dipende dai punti di vista), proviamo a capire come vanno veramente le cose fra i nostri compatrioti. E chi lavora di più, dai professori ai giornalisti.
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Il quindicesimo Rapporto Ismea-Qualivita sulle produzioni agroalimentari e vitivinicole italiane.
Dop e Igp, un “tesoro” di 15 miliardi
Crescita del +6% su base annua. Le variazioni dell’impatto economico rispetto al 2015 (settore food) segnalano performance positive delle province di Novara (+296%), Pavia (+119%), Bergamo (+112%), Bologna (+40%) e Salerno (+23%, 141 milioni di euro, 13° posto in questa specifica graduatoria nazionale).

Qualità vincente
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Il riconoscimento affidato a Regioni e Province autonome, presso il Mipaaf è istituito il Registro nazionale.
Nascono i distretti del cibo
Per il nuovo strumento previsto dalla legge di bilancio stanziati 5 milioni di euro per il 2018 e 10 milioni a decorrere dal 2019.

Strumenti di integrazione produttiva
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