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Salerno Economy X.36 – 24.09.2021

Non c’è proprio traccia alcuna di una piena partecipazione alla sfida nella quale siamo già pienamente calati.

La “finta calma” e i progetti appesi nel tempo che verrà

Ora che tutto assume la cadenza dell’impegno improrogabile, siamo solo avvolti nell’atmosfera tipicamente del “nulla” che assume le sembianze di qualcosa che con lentezza esasperante accade.
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Si (ri) parte?
La domanda costante che si ripropone in questi giorni - in questi mesi - è, più o meno, sempre la stessa: ma quando ritornerà la “finta calma” che dominava incontrastata il susseguirsi del tempo prima della pandemia? Naturalmente, l'interrogativo nasce dalla constatazione che - oltre il giustificato allarme derivante dal diffondersi dell’epidemia - sostanzialmente, fino a questo momento, la tensione aggiuntiva (ampiamente diffusa) non ha prodotto ancora nulla. Se non robuste aspettative, particolarmente al Sud, che ben si intrecciano con le consuete attese che affondano le radici in anni lontani, molto lontani. In altre parole, in termini di aspettative psicologiche, la “finta calma” - e cioè la radicata e motivata constatazione che niente di concreto si prospetta all’orizzonte qui da noi - è parsa in difficoltà. Ci sono stati momenti - di rara confusione - nei quali la speranza che qualcosa si muovesse nel verso giusto, tendeva verso l’alto. Non dico che ci si aspettasse una parvenza di concretezza, anche un labile seguito al verbo teletrasmesso, ma, almeno, che si intraprendesse una strada nuova, meno agganciata al cielo dei magici annunci. Il tutto diventava, quindi, una prospettiva (una prospettiva) attesa. Sì, in qualche modo, ci eravamo - forse - convinti che il lungo elenco di cose da fare e che si potevano fare (perché, meglio dirlo con chiarezza, i soldi, la sostanza, avevano preso forma), in effetti era meno astratto di tante altre volte. Non era più la solita politica che prometteva ed elencava, ma un folto raggruppamento di istituzioni stimate e credibili che si poneva al lavoro con consapevolezza e responsabilità.
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“Prevale la preoccupazione di trovare un tonico, un balsamo, un fortificante per partiti in cerca di identità e di ruolo”.

La politica? Resta seduta in panchina

“La battaglia vera e decisiva la combatte questo Governo. Un dato di fatto. Figlio della straordinarietà della situazione generata dalla pandemia”.
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In osservazione
di Mariano Ragusa

La satira politica, quanto più irriverente e “scorretta”, disvela verità che nei linguaggi ufficiali codificati giocoforza devono sottostare a limiti. Illuminante, ma non solo della situazione interna al partito cui si riferisce, è la recente interpretazione che di Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, ha offerto Sabina Guzzanti. Un punto in particolare suggerisce riflessioni. E’ quando la presidente di FdI tira le orecchie al candidato sindaco della destra a Roma (scelto dalla Meloni) per una manifestata incapacità di empatia con l’elettorato. Enrico Michetti è descritto dall’amazzone della destra dura e pura come poco aduso a muoversi sui temi concreti della Capitale e assai di più a spiccare voli nell’elegia della sua antica storia. Sicchè la Meloni-Guzzanti, spazientita e con ruvido piglio, avverte: “Ti abbiamo dato due paginette sul problema dei rifiuti, imparale a memoria e ripetile in pubblico”.
La satira è cattiva ed irriverente. La verità che - a partire dal malcapitato Michetti - rivela, ampliando il campo di analisi, è l’approccio che le forze politiche stanno avendo alla battaglia delle elezioni amministrative del 3 e 4 ottobre. Approccio diversificato in ragione degli obiettivi principali dei partiti e dai quali discende l’attenzione al governo delle città, che poi è la materia della tornata elettorale. In sostanza, c’è una partita politica giocata su due o forse più piani legata dall’aspettativa di cambiare gli attuali equilibri di forza tra i partiti fotografati dai sondaggi tarati sui leader.
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Le parole composte - ecologia profonda, quinta urbanità e civiltà plurale - per la ricerca del fare.

Storie di andata e ritorno, Milano e il quarto paesaggio

Globale, liquida, cosmopolita, capitale economica d’Italia; concettualizzazioni aperte di una città che c’è e non c’è nella nuova geografia che prende forma.
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Pasquale Persico
di Pasquale Persico

Forse per il caldo eccessivo, ma, questa volta, il viaggio mensile a Milano era stato più malinconico del solito. Da quando aveva deciso di vivere nel borgo dove era nato suo nonno, aveva notato una strana luce nei suoi occhi. La storia si ripeteva, con diversa intensità, ogni volta che il viaggio finiva per avviare la riflessione sul contenuto dell’insegnamento universitario: città ed etica della comunicazione. Il ragionamento partiva da un ricordo e questo si moltiplicava per diventare catalogo dei luoghi del suo vissuto a Milano. L’etica e la morale erano spariti da tempo dai comportamenti della cosiddetta società civile e la verità della comunicazione appariva drammatica. Prendeva forma la prospettiva non desiderata del distacco definitivo da una città che aveva smarrito la sua identità liquida di città accogliente, civile ed innovativa, con la sua fiera e la sua rete di servizi avanzati a velocità contemporanea. Eppure tutta la comunicazione dei media - concentrata sull’evento Expo 2015 - parlava di rinascita dell’humus e le statistiche sui flussi pubblicate da PopulationData.net, riportavano Milano al top delle aree urbane più importanti al mondo. La sua forza di irradiamento sembrava all’improvviso in forte crescita e l’elenco dei luoghi di rigenerazione urbana stava crescendo ogni giorno.
I suoi occhi diventavano vividi di malinconia ed i luoghi scorrevano nella sua mente:  Brera, Duomo, S. Ambrogio, Sempione, Tortona, Navigli, Bresso, Cinisello, Bovisa, Loreto, Città studi, Centrale, Garibaldi, Bocconi ed a seguire tanti altri.  Ma che tipo di malinconia era sopraggiunta, perché quei luoghi non riuscivano più ad evocare qualcosa che portasse il sorriso nei suoi occhi?
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“Non vi è nulla di meglio che almeno 200 grammi di latte fresco, non freddo, una fetta biscottata o un biscotto con un cucchiaio di marmellata”.

Riprendiamo l’abitudine di una buona prima colazione

Majone: “Così si risponde a due esigenze fondamentali per gli studenti di ogni ordine e grado: fornire la giusta energia a prima mattina per affrontare bene la giornata; evitare l'acquisto veloce e poco accorto di prodotti conservati ed ipercalorici nei distributori spesso presenti nelle scuole”.
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Naturale
di Gioacchino Majone*

L’importanza di una prima colazione “corposa” nasce da reali esigenze metaboliche spesso dimenticate. La prima colazione, infatti, risponde a due esigenze fondamentali per gli studenti di ogni ordine e grado: fornire la giusta energia a prima mattina per affrontare bene la giornata; evitare l'acquisto veloce e poco accorto di prodotti conservati ed ipercalorici nei distributori spesso presenti nelle scuole. Un’indagine di qualche anno fa, proprio in provincia di Salerno, mise in evidenza che oltre il 30% dei ragazzi dai 6 ai 12 anni non fa proprio colazione, mentre il 50% prende solo “qualcosa” e molto velocemente! Tutto ciò è sbagliato, visto che dopo 10 ore di sonno è fondamentale assumere le giuste calorie e la giusta energia per affrontare una mattinata in cui l'attenzione e l'impegno sono fondamentali; è, inoltre, dimostrato che l'80% delle calorie assunte di mattina vengono metabolizzate e non contribuiranno mai ad aumentare le riserve di grasso. Senza arrivare agli eccessi delle popolazioni americane - che assumono di tutto, dalla carne alle patate, dai funghi ai pomodori - è fondamentale una buona colazione fatta di carboidrati e proteine. Non vi è nulla di meglio che almeno 200 grammi di latte fresco, non freddo, una fetta biscottata o un biscotto “semplice” con un cucchiaio di marmellata.

*Presidente Azienda Agricola Vallepiana
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Ecco alcune ricette che possiamo preparare usando prodotti che custodiamo nelle nostre stracolme dispense.

Cucinare con gli avanzi, 7 idee svuota-frigo per non sprecare

Con i ritmi di vita “rallentati” c’è più tempo per variare ingredienti in modo creativo, fare attenzione agli acquisti e, soprattutto, “sperimentare” senza buttare via niente.
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Frittelle di riso
di Maristella Di Martino

L’abitudine di comprare alimenti ci fa spesso dimenticare tanti ingredienti che abbiamo in frigo o in dispensa, con il risultato di sprecare cibo. Impariamo, quindi, a riciclare un pezzo di pane raffermo, il riso bollito, un uovo solitario che sta per scadere o le verdure cotte che ci sono rimaste dalla cena. Cucinare con gli avanzi, del resto, è molto più facile di quanto sembra: ecco 7 idee semplici e veloci per svuotare il frigorifero. E consideriamo che è un modo per stimolare la nostra creatività e non è detto che si debba sacrificare il gusto. Ci sono, infatti, tante ricette che possiamo tirare fuori per utilizzare ciò che abbiamo in casa. Con i ritmi di vita che si sono rallentati, c’è più tempo per variare ingredienti e ricette, utilizzare gli avanzi in modo creativo, fare attenzione agli acquisti e, soprattutto, sperimentare. Trasformiamo allora l’abitudine di accumulare formaggi, salumi e confezioni “tre per due” in occasione intelligente per deliziare il nostro palato.
Ecco un po’ di ricette anti-spreco che possiamo preparare usando prodotti che abbiamo in frigo o custodiamo nelle nostre stracolme dispense.
(continua)
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