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Salerno Economy XII.45 – 22.12.2023

Si avvicina la partita per le europee e assistiamo a una serie di cambiamenti molto più profondi di quanto si possa pensare.

La grande e multimediale sfida degli “influencer” (politici)

Siamo nell’epoca dei personaggi di successo (popolari nei social network), molto seguiti dai media, che influiscono sui comportamenti e sulle scelte di un pubblico sempre più vasto. E non è detto che sia peggio di quanto già sperimentato fino a oggi.
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Elly Schlein e Giorgia Meloni
Tempo di Natale, tempo di riflessioni, di scenari che hanno assunto, per la verità, una precisa forma (politica), in vista del primo e significativo test elettorale che - come è già chiaro da tempo - si appresta a segnare il primo spartiacque all’interno di un quadro sempre più significativo e importante. Ma è anche abbastanza palese che le parti in causa - a destra e a sinistra - devono affrontare questo passaggio tenendo conto di che cosa esso rappresenta, non solo nel breve periodo, ma anche nel medio e lungo termine. Insomma, FdI e Pd capiranno bene dalla scadenza per le europee (giugno 2024) quale sarà veramente il senso della passeggiata che dovranno affrontare, tanto che, molto probabilmente, le due condottiere - Elly Schlein  e Giorgia Meloni - hanno da non poco tempo avviato la battaglia che risente, è questo uno dei punti che si riveleranno sostanziali, appunto, del confronto a tutto campo tra queste due personalità che, come la politica stessa ha già deciso di fare, dovranno mettersi a confronto, anche superando la più tipica impostazione italiana che ama perimetrare e restringere il campo da gioco, che in questo momento, invece, è più largo di quanto si pensi e non va certo recintato e inglobato in schematismi che guardano più che al futuro, al passato. In altre parole, al di là della precisa e schematica ricerca (e acquisizione) di ipoteche - ma esiste ancora, anche quando il voto diventa europeo, con tutto quello che può significare o non significare questa aggettivazione così destrutturante? - siamo veramente sicuri che la manifestazione del consenso (in quale effettiva quantità?) sarà concepita e manifestata in base a un indirizzo preliminarmente politico? O sarà, invece, un voto di fiducia - di fiducia - proprio a quella leader (una delle due) che agli occhi della massa elettorale ha bisogno di una manifestazione generale di condivisione o di precisa presa di distanze dal modo di fare assunto in questo primo periodo di una fase nuova che sta prendendo forma in Italia? Il tema è già da non poco tempo sottoposto a valutazione in tutta Europa e le risposte non sono del tutto chiare, ma, nel nostro Paese, al governo c’è la leader di destra che ha ampiamente sfondato il fronte di un consenso che già tante volte ha dimostrato di attestarsi su una percentuale di vantaggio netto rispetto a tutte le forze di centrosinistra. Basta dare uno sguardo a tante tabelle settimanali che monitorano con specificità i flussi di voto, che dipendono chiaramente dall’esito del confronto lungo e sicuramente frastagliato tra le due leader. Meloni mantiene quanto ha conquistato e Schlein che valorizza il fronte che, al di là di come viene descritto e sostenuto, insegue (e al momento resta indietro).
(continua)
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Il processo di istituzionalizzazione degli studi non fu geograficamente omogeneo.

La chirurgia e la Scuola medica di Salerno

Nell’alto medioevo le attività operatorie di basso rango, come la medicazione di ferite, l’incisione di ascessi, la riduzione di fratture e lussazioni, le estrazioni dentarie, erano svolte da mestieranti che le eseguivano senza accorgimenti protettivi e con tecniche grossolane.
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“Museo Roberto Papi” - Collezione di Storia della Medicina e dello Strumentario Chirurgico - Salerno (Foto di G. Ferrantino)
di Giuseppe Ferrantino

Tra i tanti primati della Scuola Medica Salernitana vi è anche quello della rinascita della chirurgia, grazie ai testi di Ruggero di Frugardo e Rolando da Parma.
Prima di loro Aulo Cornelio Celso (I sec. d.C.) scrisse il De medicina, un trattato in otto libri di cui il VII e l’VIII li dedicò alla chirurgia. Celso essendo uno scrittore e non un medico si limitò a tradurre l’opera di un autore greco, probabilmente di Tito Aufidio Siculo. (1) Nell’Europa latina, dopo Celso non si conoscono altri testi di chirurgia di una certa importanza. (2)
Infatti, Beccaria (1956) prendendo in esame 158 codici, contenenti testi di medicina appartenenti ai secoli IX, X e XI, che definisce periodo presalernitano, rilevò che in essi i testi di chirurgia erano pochi e costituiti da istruzioni sul salasso, per effettuare il cauterio e da una lista di strumenti. (3)
Nell’alto medioevo le attività operatorie di basso rango, come la medicazione di ferite, l’incisione di ascessi, la riduzione di fratture e lussazioni, le estrazioni dentarie, erano svolte da mestieranti che le eseguivano senza accorgimenti protettivi e con tecniche grossolane. (4)
La prima notizia dell’attività svolta da chirurghi salernitani ci viene data da Niccolò Salernitano che parlando dell’empiastro (5) ossicroceo (6) dice che gli antiqui chirurgici Salernitani lo adoperavano in particolar modo nelle fratture, nelle cicatrici e nei tumori. De Renzi evidenzia che quelli che venivano definiti come antiqui chirurgici poco dopo il 1100 dovevano aver esercitato almeno nei primi anni dell’XI secolo. (7)
Nell’XI secolo appaiono le prime tracce di letteratura medica che possono essere messe in connessione con Salerno. In alcune opere di questo periodo vengono citati rimedi di natura chirurgica, come in un Passionarius, di cui Pier Damiani indica come autore Garioponto (o Guarimpoto), in cui appare una parola nuova per l’epoca come cauterizzare. (8, 9, 10) All’XI secolo risale anche un trattato anonimo conosciuto come la Practica Petroncelli (11) in cui si parla di suture e di legature di vasi sanguigni in caso di forti emorragie. (12)
(continua)
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La riflessione.

A proposito dei distretti e della loro fragilità

E i limiti delle economie esterne generate dai nobili propositi della politica industriale amica (l’inefficacia degli antibiotici).
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Alfred Marshall
di Luigi Esposito

Il concetto fondamentale elaborato da Alfred Marshall e, anche, quello di economie esterne. Va detto subito che nella letteratura sui distretti si è tentato da subito di valorizzare teoricamente tale concetto (o pseudo tale) richiamando un presunto padre nobile, Marshall appunto, con le sue economie esterne. Credo che il primo economista italiano a richiamare Marshall in quest’ambito di studi sia stato il compianto professor Giacomo Becattini.
Vediamo allora come può essere definito un distretto industriale secondo Marshall. Ci sono due fattori da prendere in considerazione:
• forte concentrazione territoriale di piccole imprese operanti in un determinato settore industriale (economie di agglomerazione e cioè vantaggi derivanti dalla reciproca vicinanza delle imprese, come si esprime Marshall);
• frammentazione del ciclo produttivo del prodotto da realizzare in fasi di lavorazione più o meno minute, ciascuna affidata ad un gruppo specializzato di piccole imprese (economie da divisione del lavoro/specializzazione).
Fra poco si vedrà che nella definizione dell’economista inglese manca l’indicazione di un fattore essenziale: la presenza di un’industria leader, “ricca e potente”, come egli stesso si esprime nel definire le economie, “interne”, e cioè di scala.
Supponiamo che il distretto debba realizzare una certa quantità di un suo prodotto tipico e che esso possa contare su 100 piccole imprese industriali (o addirittura artigianali). Ipotizziamo inoltre che 50 di queste (denotiamo con A tale gruppo) siano specializzate nella fase di produzione 1 che si tradurrà nella realizzazione di una determinata quantità di semilavorati e che un altro gruppo formato da 50 piccole industrie, denotato con B, sia specializzato nella fase di produzione 2, che comporterà la realizzazione di una certa quantità, anch’essa preventivamente determinata, di un secondo semilavorato. Tutta la produzione così realizzata dal gruppo A e dal gruppo B verrà stoccata negli ampi depositi di un’impresa maggiore che procederà al controllo di qualità dei semilavorati, all’assemblaggio di ogni coppia di semilavorati 1 e 2 per ottenere il prodotto finito richiesto, all’imballaggio, alla spedizione delle merci così ottenute. Allora bisognerà chiedersi, facendo riferimento alle sole fasi richiedenti cognizioni più elevate di quelle possedute dalle piccole imprese che hanno prodotto i semilavorati:
-chi effettua il controllo di qualità?
-chi ha contattato, o è stato contattato dai clienti finali?
-chi ha elaborato la strategia di pricing che ha consentito al distretto di spuntare il miglior prezzo possibile?
-chi ha fornito alle piccole imprese i disegni industriali necessari, i macchinari più idonei all’esecuzione della commessa con la relativa attività di formazione, le stesse materie prime occorrenti nel caso specifico?, chi ha fissato il prezzo delle sub-commesse, comprensivo del costo delle materie prime, dell’uso dei macchinari, dell’assistenza offerta?
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Un giocatore con un profilo chiaro e preciso: marcatore sempre attento a non farsi sfuggire l’avversario, capace di mantenere sotto controllo attaccanti di altri tempi.

Aldo Bet, lo stopper “razza Piave”

Nel Milan conquistò lo scudetto nella stagione 1978-1979. Con Morini, con il quale condivideva il ruolo di centrale difensivo, costituì una coppia che conferiva piena fiducia alla squadra. E, naturalmente, ebbe la fortuna di giocare con il grandissimo Franco Baresi.
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Il grande Aldo Bet nella foto a destra di Nils Liedholm
(Er.Pa.) - Il decimo scudetto del Milan (1978-1979), con la magica stella conquistata dai rossoneri, resta il momento più bello della carriera di Aldo Bet, grande stopper del calcio italiano. Inter-Roma-Verona, questa la rotta di un notevole percorso in serie A. Sempre pronto e disponibile con il mister, Helenio Herrera, che lo inquadra nel ruolo giusto, quello di marcatore centrale, con grande spessore fisico e capacità di marcare l’avversario di turno senza lasciargli toccare palla, senza dare troppo spazio a divagazioni: prima di tutto molti anticipi e grande attenzione fino ai più piccoli dettagli. Lo scudetto del Milan con la stella, che entra nella storia della squadra con tante figure prestigiose - c’è anche Franco Baresi - delinea un campionato che riserva a Bet non poche soddisfazioni. E’ titolare, per esempio, proprio nella partita che determina la conquista dello scudetto (partita sul campo di casa contro il Bologna, 0-0). Segue il Milan fino a quando - 1981 - sceglie di andare a giocare in C1 con il Campania dove terminò la carriera. Pur avendo frequentato il campo da gioco per più o meno quindici anni, non segnò in partite del campionato, ma solo in Coppa Italia (tre volte).
Nato a Mareno di Piave, provincia di Treviso, rientrava, quindi, a pieno titolo nella “razza Piave” inventata da Gianni Brera e espresse una carriera ricca dello spirito giusto e combattivo che riusciva a mettere in campo. La svolta di Bet prese forma dopo l’esperienza maturata con il Verona: il passaggio in rossonero riaccese la sua carriera, anche se fin dall’inizio si ritrovò alle prese con campionati complicati, dove il Milan era costretto, per esempio, anche a lottare per non retrocedere (’76-’77). Bet ricopre il ruolo di titolare in quasi tutte le partite. E, poi, arriva lo scudetto nella stagione 1978-1979. Con Morini, con il quale condivide il ruolo di stopper, costituisce una coppia che conferisce fiducia alla squadra, e che, naturalmente, ha la fortuna di potersi appoggiare al grandissimo Franco Baresi.
(continua)
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