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Salerno Economy XII.05 – 17.02.2023

La maggioranza dei cittadini offre più consistenza e più salda capacità di mantenere la prospettiva già delineata a settembre.

Politica salda (a destra), economia stabilmente difficile

Diventa più improbabile assistere a mutamenti di scenario improvvisi o non ragionati, a nuovi passaggi, in qualche modo, significativi.
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La svolta persistente
Tra analisi del voto alle regionali - che ha premiato nettamente la destra-centro - e prime previsioni più specifiche e ragionate sull’andamento dell’economia per l’anno in corso, prendono forma in maniera più concreta prospettive e programmi operativi. In realtà, la tendenza non negativa dello scenario italiano, già fortemente manifestatasi con Mario Draghi al vertice del governo, rimane ancora forte e pone tutte le condizioni (al netto dell’enorme massa di debito pubblico ben consolidata e sempre incombente) per proseguire in un ambito gestibile e sostenibile. Ma permangono due condizioni che è molto difficile monitorare senza apprensione: il conflitto bellico (che si consolida e non entra minimamente in regressione) con una serie di conseguenze economiche non semplici da controllare (sebbene già inserite in un contesto che appare gestibile entro la fine del 2024) e il progressivo rinsaldamento di una dinamica politica che nel prossimo periodo potrebbe manifestare - come già accaduto in questi primi mesi di governo - ulteriori assestamenti legati alla persistente affermazione della componente di destra rispetto alle altre due forze che compongono la coalizione.
Evidente che la maggioranza dei cittadini, primariamente, prova a entrare nel “nuovo” assetto economico e politico con grande prudenza, ma, a questo punto, offrendo più consistenza e più salda capacità di mantenere la prospettiva già delineata (il voto di settembre scorso rappresenta, quindi, la chiara svolta) per periodi più lunghi e omogeneamente definiti.
(continua)
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La sua straordinaria carriera iniziò il 21 settembre 1754, a soli diciotto anni vinse il concorso per «assistente pratico» presso l’Ospedale degli Incurabili.

Il Collegio Medico Salernitano e Domenico Cotugno

Scelse di laurearsi a Salerno per il rigore adottato nel rilasciare i gradi accademici. Ciò fu possibile in base alla prerogativa di «dottorare senza osservanza di matricola» ossia senza che il candidato avesse frequentato lo Studium locale.
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Palazzo Sant’Antuono (Municipio Vecchio) in Via dei Canali - Salerno - (foto di G. Ferrantino)
di Giuseppe Ferrantino

Domenico Cotugno nacque a Ruvo il 29 gennaio 1736 (diverrà Ruvo di Puglia nel 1863 ed oggi è un comune della città metropolitana di Bari); a nove anni venne mandato al seminario di Molfetta dove, per tre anni, sotto la guida del canonico De Sanctis studiò la retorica ed il latino; a dodici anni, nel 1748, tornò a Ruvo e, da P. Picillo (P. Picinni o P. Picinno secondo altri) (a), apprese la logica e la metafisica, mentre, da autodidatta studiò matematica, fisica e scienze naturali. Il medico Giovanni Battista Guerna (o Giambattista Verna secondo Mitolo) (b) gli insegnò i primi rudimenti della medicina; a poco più di un mese dal compimento dei diciotto anni, il 24 dicembre del 1753, giunse a Napoli, per frequentare le lezioni di medicina presso la Regia Università degli Studi. Venne accolto, per pochi giorni, in casa del duca Carafa d’Andria e conte di Ruvo, poi andò ad abitare in via dell’Avvocata n. 15.
La sua straordinaria carriera di medico e scienziato iniziò il 21 settembre 1754, a soli diciotto anni vinse il concorso per «assistente pratico» presso l’Ospedale degli Incurabili, dapprima, gli venne riconosciuto un compenso di un ducato e mezzo al mese, una stanza nell’Ospedale ed il vitto. Successivamente, gli sarà data una stanza migliore, che lascerà nel 1763, dopo nove anni di permanenza, un vitto più salubre ed avrà libero accesso alla Biblioteca dell’Ospedale ed in essa «vi passò [come spesso diceva] i più lieti giorni della sua vita».
Il Cotugno in questo periodo conobbe l’abate Antonio Genovesi e seguì le sue lezioni di economia e filosofia; a diciannove anni nel 1755, ammalatosi il professore di Chirurgia, gli venne affidato tale insegnamento in qualità di sostituto; a vent’anni, nel 1756, si laureò a Salerno in Filosofia e Medicina ed in tale occasione si fece accompagnare dal suo amico e collega Giuseppe Vairo. (1)
(continua)
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Ma il tavolo comune Ue non può ancora essere imbandito dopo gli incontri bilaterali.

Macron “patriota”? Allontana la visione di una civiltà plurale per l’Europa.

Torniamo ai giorni bui sulla visione del ruolo dei mercati interni e degli aiuti di Stato.
Si sogna nuovamente di vivere da imperialisti?
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Pasquale Persico
di Pasquale Persico

La visione comune prevista dalla Costituzione europea per l’Unione Europea tarda a consolidasi , il patriottismo delle nazioni riemerge e torniamo ai giorni bui sul ruolo dei mercati interni e degli aiuti di Stato, quando si sogna nuovamente di poter vivere da imperialisti. Il rimprovero della Meloni a Macron è giusto, il tavolo comune della Unione Europea non può essere imbandito dopo gli incontri bilaterali, il metodo del confronto deve essere unitario, sia in Parlamento che nel Consiglio europeo dei governi. Ma, come al solito, le nazioni vogliono fare emergere il loro patriottismo, che finisce per portarle fuori strada. L’invito  a Parigi con Zelensky sarebbe stato scorretto anche se fosse stata della partita la nostra primo ministro. Per rispondere alle sfide che impone l’amministrazione Biden, che risente anch’essa del patriottismo in emersione perfino in Usa - con lo slogan appunto, "Prima gli Usa" - bisogna  fare riemergere la “voglia imperialista” in concorrenza (con gli Usa). La sfida protezionistica (degli Usa) si gioca con armi del passato, la nazione non vede più il vantaggio delle unioni (tra nazioni) in organismi internazionali e si cercano le alleanze con i metodi del secolo passato, cioè senza cessione di sovranità in nessuno degli organismi esistenti: Ue, G20, Onu , Nato etc etc.
Allora il tema degli aiuti di Stato e le modalità di indebitamento dell’intera Unione, per fare nascere una  vera politica industriale, diventano un problema divisivo e portatore di nuovi scontri fra nazioni sorelle. La richiesta di revisione del Pnrr è legittima, specie se si constata che l’obiettivo originario - eliminare i divari tra Nord e Sud - non ha riscontri misurabili, ma la pandemia e lo stato di guerra stanno spingendo l’egoismo delle nazioni e delle regioni europee a cercare nuovamente di salvarsi con alleanze spurie.
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Analisi della Coldiretti sulla base di proiezioni su dati Istat relativi ai primi dieci mesi dell’anno (2022).

Record storico dell’export di ortofrutta: 10 mld

Il settore ortofrutticolo nazionale “garantisce all’Italia 440mila posti di lavoro, pari al 40% del totale in agricoltura, con un fatturato di 15 miliardi di euro all’anno tra fresco e trasformato, pari al 25% della produzione agricola totale”.
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Giro d'affari vincente
“Le esportazioni di frutta e verdura fresche e trasformate superano per la prima volta il muro dei 10 miliardi di euro grazie a un aumento dell’8%, nonostante le difficoltà legate all’aumento dei costi per la guerra in Ucraina ma anche per gli effetti dei cambiamenti climatici che hanno penalizzato soprattutto il settore del fresco”. E’ questo il quadro delineato da una analisi della Coldiretti sulla base delle proiezioni “su dati Istat relativi ai primi dieci mesi dell’anno” divulgate in occasione dell’inaugurazione di Fruit Logistica di Berlino. “Proprio la Germania rappresenta il primo mercato di sbocco per l’ortofrutta Made in Italy - evidenzia Coldiretti - con circa un quarto del totale esportato, grazie anche a un aumento del 7% degli acquisti. Il secondo mercato di riferimento è la Francia, dove si registra però un arretramento del 2%, mentre al terzo posto c’è la Gran Bretagna che al contrario vede un incremento dell’export del 15%, nonostante le difficoltà commerciali legate alla Brexit. Al quarto posto si piazza la vicina Austria, dove le vendite crescono dell’8%, subito davanti agli Stati Uniti che sono il primo mercato extra Ue grazie a un incremento record del 20%”.
Sul totale delle esportazioni “gli ortaggi freschi valgono oltre 1,8 miliardi che salgono a 5,3 miliardi di euro se si considera anche il trasformato - secondo l’analisi Coldiretti - dove con salse e concentrati di pomodoro pesano per quasi la metà del totale”. Va evidenziato che “la pummarola Made in Italy ha messo a segno nel 2022 un incremento record del 27% a riprova del successo dei prodotti della Dieta Mediterranea all’estero nonostante guerre e pandemie. L’export di frutta fresca vale, invece, 3,8 miliardi, ai quali vanno aggiunti gli 1,2 miliardi di succhi, confetture e conserve”.
(Fonte: coldiretti.it/08.02.2023)
(continua)
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