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Salerno Economy XII.02 – 27.01.2023

Siamo nel pieno della ricerca di profili che esprimono nuovo valore, al di là dello standard iniziale da cui si parte.

Il lavoro? Scelta sempre più personale e innovativa

E’ una partita nella quale è già raccolto il confine del nostro futuro: è un passaggio di civiltà che valica il traguardo del costante raggiungimento (e superamento) del progressivo livello formativo.
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Nuovi e progressivi confini (auto) formativi.
I dati sull’andamento dei flussi occupazionali (Ministero del Lavoro) - primi nove mesi del 2022 - evidenziano una tendenza già più volte segnalata, ma che assume oggi una consistenza sempre più specifica attraverso le dimissioni volontarie, che si posizionano subito dopo i contratti a termine non rinnovati. Abbastanza chiare anche le cause della scelta di non insistere sul mantenimento della propria posizione lavorativa: ricerca di un impiego meglio retribuito o una più consistente conciliazione dei tempi del lavoro con le necessità personali o familiari. In poche parole, i numeri confermano che siamo di fronte ad un nuovo atteggiamento che appare influenzato dalle dinamiche accentuate da quanto si è determinato, nelle varie realtà lavorative, nel periodo pandemico. Giorni durante i quali è apparso evidente che l’aspetto relazionale di un numero sempre più consistente di persone ha sollecitato ad affrontare in maniera più diretta e specifica il problema dell’effettiva valenza complessiva del proprio lavoro (non soltanto l’aspetto strettamente tecnico-operativo) nella graduale scala dei valori di ciascun elemento dell’universo lavorativo, o, per meglio dire, occupazionale. Stiamo parlando del “posto” di lavoro, dell’impiego, della professione da “inserire” all’interno della propria vita. Non è apparso evidente, per la verità, che la controparte del lavoratore - il datore di lavoro (pubblico, privato, indipendente) - comprendesse bene, senza strumentalizzazioni, che cosa si era in quel momento manifestato in maniera così evidente. Tanto è vero che ondate omogenee e non strumentali di “ascolto” al di là degli obiettivi organizzativi da raggiungere senza accumulare ulteriori problemi da gestire, ma disponibili a recepire con chiarezza uno stato di cose, molto probabilmente, non facilmente mutabile, se ne sono viste davvero poche.
(continua)
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“La quota di spesa familiare assorbita per utenze e abitazione dovrebbe assestarsi quest’anno sul 45,8% del totale mensile”.

Aumento dei prezzi nel biennio 2022-23 al +14,1%

Confesercenti: “Le famiglie italiane hanno bruciato 41,5 miliardi di risparmi per mantenere il tenore di vita”. Sui consumi le conseguenze dell’inflazione “che per il 2023 risulterebbe pari in media al +5,6%”.
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Emergenza permanente
“Tra caro-energia ed inflazione, nel 2022 le famiglie italiane sono state costrette a bruciare 41,5 miliardi dei propri risparmi nel tentativo di conservare il proprio tenore di vita. Un tenore ormai assediato dai costi incomprimibili: la quota di spesa familiare assorbita da spese per utenze e abitazione dovrebbe infatti assestarsi quest’anno sul 45,8% del totale mensile. Nel 2019 era il 35%”. Sono queste le stime di Confesercenti sull’entità della spesa sostenuta dalle famiglie durante lo scorso anno attingendo ai propri risparmi per fare fronte al costo della vita.
Va sottolineato che l’impatto sulle famiglie si riflette “soprattutto sui redditi medio-bassi”. E, in particolare, sulle famiglie meno abbienti, sul “40% del totale, pari a circa 10,5 milioni di nuclei familiari, i costi fissi varranno quest’anno circa la metà dell’intera spesa mensile (il 49%), riducendo ancora di più lo spazio per le altre spese”.
Confesercenti specifica che “se si considerano anche abbigliamento, bevande e spesa alimentare, la parte di bilancio occupata dai consumi obbligati o quasi sale al 77%, lasciando meno di un quarto (il 23%) disponibile per altro”. Si evince che “le abitudini di spesa” hanno subito una forte modificazione “anche per chi ha un po’ di più”. Si specifica che “per il 40% di famiglie con un reddito medio la quota di bilancio assorbita da bollette e spese per la casa passa dal 35% del 2019 al 45% stimato per quest’anno, mentre la spesa per alimentari e bevande si riduce dal 25 al 23%, e quella da dedicare ad altre spese subisce un vero e proprio crollo, scendendo dal 40% al 32%”.
(Fonte: confesercenti.it/21.01.2023)
(continua)
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L’Europa ed il Pnrr hanno introdotto il linguaggio degli ecosistemi innovativi.

Aree vaste, troppa confusione “concettuale”

Le tante difficoltà (operative e non solo) che Città Metropolitane e Province dovrebbero affrontare per fare emergere le proprie soggettività istituzionali nell’attuale fase di transizione digitale.
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Pasquale Persico
di Pasquale Persico

Le città metropolitane nella legge Del Rio sono nove, ma solo le prime tre hanno una dimensione demografica sufficientemente idonea: Roma, Milano e Napoli. Queste grandi città italiane hanno reti funzionali e culturali di area vasta che vanno oltre i confini delle ex-Province di riferimento, in questo senso sono riconoscibili come “città metropolitane”. La legge Del Rio, invece, continua a identificare come “aree vaste” le Province, che sono “aree a territorio esteso”, ma non sempre in reti di “area vasta”. Città metropolitane (e Province) hanno perso, poi, la possibilità di eleggere direttamente il sindaco metropolitano ed il presidente delle diverse Province. Questa caratteristica istituzionale non aiuta la resilienza dei processi di governance, perché le attribuzioni delle competenze non sono bene individuate in termini di reciprocità (e non solo).
L’Europa ed il Pnrr hanno introdotto il linguaggio concettuale degli ecosistemi di innovazione che dovrebbero essere macroaree capaci di legare più eco-regioni fino a raggiungere la massa critica territoriale per generare infrastrutture materiali ed immateriali a largo spettro. Il linguaggio si fa problematico e non aiuta a dare ruoli specifici al 12% dei Comuni che fanno parte delle città metropolitane, ma nemmeno all’88% dei Comuni che fanno parte delle cosiddette aree vaste (province).
(continua)
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La Coldiretti - sulla base del best diets ranking elaborato dal media statunitense U.S. News & World’s Report’s - rende nota questa rilevante notizia.

La Dieta Mediterranea vince la sfida mondiale 2023

“Fondata principalmente su pane, pasta, frutta, verdura, carne, olio extravergine e il tradizionale bicchiere di vino consumati a tavola in pasti regolari si deve agli studi dello scienziato americano Ancel Keys che per primo ne ha evidenziato gli effetti benefici dopo aver vissuto per oltre 40 anni ad Acciaroli in provincia di Salerno”.
Lo speciale 1 – Dieta Mediterranea-Pomodori
Alimenti sani e genuini
“La dieta mediterranea si è classificata come migliore dieta al mondo del 2023 davanti alla dash e alla flexariana ma è sotto attacco degli effetti del cambiamento climatico, dell’esplosione dei costi di produzione e delle scelte dell’Unione Europea che boccia il vino con etichette allarmistiche e promuove i grilli a tavola”. La Coldiretti - sulla base del best diets ranking elaborato dal media statunitense U.S. News & World’s Report’s - rende nota questa rilevante notizia.
“La dieta mediterranea - evidenzia la Coldiretti - ha vinto la sfida tra 24 diverse alternative con un punteggio di 4,6 su 5 grazie agli effetti positivi sulla salute ed è anche fra le più facili da seguire, adatta alle famiglie, semplice da organizzare con alimenti di base, incoraggia un consumo moderato di grassi sani, come l’olio d’oliva, e scoraggia i grassi malsani, come i grassi saturi, con meno del 30% circa delle calorie totali provenienti dai grassi ed è adatta a chi segue prescrizioni religiose halal o kosher. La dieta mediterranea è salutare per il cuore ed è stata associata a una riduzione della pressione sanguigna, del colesterolo e del peso corporeo, nonché a migliori risultati di salute cardiovascolare e tassi inferiori di malattie cardiache e ictus. L’abbondanza di frutti di mare ricchi di nutrienti, noci, semi, olio extravergine, fagioli, verdure a foglia verde e cereali integrali nella dieta mediterranea vanta anche molti benefici per il cervello. Gli antociani in bacche, vino e cavolo rosso sono considerati particolarmente benefici per la salute”.
(Fonte: coldiretti.it/14.01.2023)
(continua)
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