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L’Europa ed il Pnrr hanno introdotto il linguaggio degli ecosistemi innovativi.
Aree vaste, troppa confusione “concettuale”
Le tante difficoltà (operative e non solo) che Città Metropolitane e Province dovrebbero affrontare per fare emergere le proprie soggettività istituzionali nell’attuale fase di transizione digitale.

di Pasquale Persico

Le città metropolitane nella legge Del Rio sono nove, ma solo le prime tre hanno una dimensione demografica sufficientemente idonea: Roma, Milano e Napoli. Queste grandi città italiane hanno reti funzionali e culturali di area vasta che vanno oltre i confini delle ex-Province di riferimento, in questo senso sono riconoscibili come “città metropolitane”. La legge Del Rio, invece, continua a identificare come “aree vaste” le Province, che sono  “aree a territorio esteso”, ma non sempre in reti di “area vasta”. Città metropolitane (e Province) hanno perso, poi, la possibilità di eleggere direttamente il sindaco metropolitano ed il presidente delle diverse Province. Questa caratteristica istituzionale non aiuta la resilienza dei processi di governance, perché le attribuzioni delle competenze non sono bene individuate in termini di reciprocità (e non solo).

L’Europa ed il Pnrr hanno introdotto il linguaggio concettuale degli ecosistemi di innovazione che dovrebbero essere macroaree capaci di legare più eco-regioni fino a raggiungere la massa critica territoriale per generare infrastrutture materiali ed immateriali a largo spettro. Il linguaggio si fa problematico e non aiuta a dare ruoli specifici al 12% dei Comuni che fanno parte delle città metropolitane, ma nemmeno all’88% dei Comuni che fanno parte delle cosiddette aree vaste (province).

Il concetto di area vasta dovrebbe essere, invece, riferito alla modalità di progettazione strategica che riguarda l’impresa o la soggettività istituzionale che è titolare del processo strategico, sia esso impresa,  Comune , Provincia , Regione o organizzazione specifica (es Autorità di Bacino o Asl).

Questa premessa terminologica presenta con semplicità le difficoltà delle città metropolitane e delle Province che vogliono fare emergere la propria soggettività istituzionale nell’attuale fase di transizione ecologica e digitale.

La prospettiva di una politica economica e fiscale europea dovrà  sposare il modello di governance per macroregioni soprattutto al fine di diventare efficace. Se permangono riferimenti istituzionali (a governance differenziata e confusa), l’intrapresa di una nuova politica fiscale (e industriale) europea diventa  impossibile.

Le riforme in programma – regionalismo differenziato e elezione diretta del presidente della Repubblica – richiederebbero una riflessione forte sul tema della cessione di sovranità dello Stato  ai diversi livelli (verso l’Europa e le altre organizzazioni internazionali, verso il basso fino ai Comuni appartenenti alle diverse aree vaste nella terminologia confusa della legge Del Rio).

Le Province dell’Italia, pur rappresentando la maggior parte di Comuni, hanno perso peso strategico, le loro competenze sono state rinchiuse in nicchie marginali, mentre le città metropolitane vivono una fase in cui il Comune capoluogo accumula risorse senza saperle distribuire in maniera strategica, cioè con una visione di area vasta che va oltre la macroregione di riferimento .

Fino all’Expo Milano rappresentava un modello ed una speranza; la visione di macroarea europea di riferimento era apparsa e la progettazione di area vasta aveva un linguaggio strategico. Oggi le tre maggiori città metropolitane perdono popolazione, come tutte le altre province e i comuni capoluoghi sono in fase regressiva, inseguono la rendita urbana per rigenerare luoghi specifici, allontanando o ritardando il miglior utilizzo di fondi Pnrr.

Che cosa fare? Occorre una lunga riflessione su come affrontare la valutazione della politica economica. C’è una speciale attenzione da segnalare – alle sette Università campane e agli istituti del Cnr – relativamente alle diverse vicende vissute nella partecipazione ai bandi Pnrr.  Le sequenze dei bandi e dei temi strategici non si sono poggiati su una visione di reciprocità istituzionale chiara, cioè adeguata alla complessità di relazioni e di competenze chiamate in campo.

La sostenibilità ha cercato la strada della semplificazione, invece della revisione del modello interistituzionale di riferimento per distribuire risorse sul principio della efficacia della politica economica.

 

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Pasquale Persico
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