Fin da queste prime giornate dopo il voto in Abruzzo appare chiaro che la partita è da tempo iniziata.
Campo largo o stretto, la battaglia è già nel vivo
Mancano ancora gli anelli principali (e non banali) che saranno destinati a connotare le catene dei programmi-base delle due coalizioni che si contenderanno la maggior parte dei consensi.
Lo scontro avanza
Rimane, quindi, la sensazione che siamo nel pieno di un momento nel quale si prova ancora a rafforzare linee di programma da un lato, ma, soprattutto, un quadro dall’altro, ben definito, anche nelle modalità operative (che si confermano e si confermeranno sempre di più) di un modo di rappresentare all’elettorato, già in così forte rallentamento non solo statistico, le parole d’ordine, in termini pratici, di un confronto nuovo, molto diverso da tutti gli altri che si sono verificati fino a questo momento. In altre parole, se la determinazione degli antagonisti veri e propri - Meloni e Schlein, principalmente - è già avvenuta (e la rete da questo punto di vista è stata indotta, evidentemente, a lavorare, per così dire, bene), ora appare chiaro che è sugli slogan, più ch sui problemi, che si attende un cambio di marcia.
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Non si può prescindere dalla riattivazione di un flusso costante di guadagni e, quindi, di consumi.
La riduzione del cuneo contributivo, obiettivo primario
Confesercenti-CER. Si registra “un salto di oltre 5.500 euro che, purtroppo, è solo virtuale, perché annullato di fatto dall’aumento dei prezzi: al netto dell’inflazione, infatti, nel 2023 il reddito reale medio per famiglia è ancora 254 euro (-0,7%) inferiore a quello del 2019”
Obiettivi difficili
Calano i redditi da trasferimenti pubblici.
“Ad arginare il calo del reddito medio delle famiglie italiane, la crescita del reddito medio da lavoro autonomo - professionisti, imprenditori, partite IVA - che, al netto dell’inflazione, nel 2023 supera i 43.600 euro, quasi 1.600 euro in più rispetto al 2019. Variazione positiva anche per il reddito derivato da altre fonti, voce che include i redditi da capitale, da patrimoni, da rendite finanziarie etc., che cresce di 1.178 euro rispetto a cinque anni fa. Nello stesso periodo, il reddito medio in termini reali da lavoro dipendente segna un mini-aumento di 180 euro. Calano nettamente, invece, i redditi da trasferimenti pubblici (-1.819 euro), che includono pensioni, indennità e altri sussidi. A pesare è l’adeguamento solo parziale delle pensioni al caro-vita del periodo, contestualmente al progressivo esaurimento, a partire da metà 2023, del reddito di cittadinanza”.
Gli andamenti nelle regioni.
"Il calo del reddito medio rilevato a livello nazionale è la sintesi di tendenze territoriali molto diverse tra loro. Per le famiglie di sette regioni, il bilancio è positivo, prevalentemente a Nord: a registrare un aumento del reddito medio in termini reali rispetto al 2019 sono infatti Valle d’Aosta (+2.951 euro, l’incremento più alto), Lombardia (+1.930 euro), le province autonome di Trento (+1.639 euro) e Bolzano (+2.237 euro), Veneto (+241 euro) e Friuli-Venezia Giulia (+483 euro). Tra le regioni che hanno ‘battuto’ l’inflazione, anche la centrale Umbria (+1.391 euro sul 2019) e, nel Mezzogiorno, la Puglia (+150 euro) e la Basilicata, che vede il reddito medio reale crescere di 2.907 euro in cinque anni, l’incremento maggiore dopo quello della Valle d’Aosta: un risultato positivo, cui ha contribuito lo sviluppo nella regione, negli ultimi anni, delle industrie estrattive e turistica".
(Fonte: confesercenti.it/09.03.2024)
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Presentato il 19° Rapporto sulla comunicazione. Le conseguenze derivanti dall’Intelligenza Artificiale.
Il vero o il falso? Notizie non più verificabili in aumento
Il Censis: stabili gli utenti di internet, smartphone e social network. Il 79,3% dei giovani usa Youtube, il 72,9% Instagram, il 56,5 Tiktok. Tornano a salire i lettori di libri (+3,1%), non si ferma il boom della spesa delle famiglie per i dispositivi digitali con 8,7 miliardi di euro (+727,9% dal 2007).
Flussi in viaggio
La radio sempre ibrida. “La radio continua a rivelarsi all’avanguardia all’interno dei processi di ibridazione del sistema dei media. Complessivamente, i radioascoltatori sono il 78,9% degli italiani, con una lieve flessione da un anno all’altro (-1,1%). Ma se la radio ascoltata in casa attraverso l’apparecchio tradizionale subisce un piccolo calo passando al 45,6% di utenza (-2,4% rispetto al 2022), l’autoradio si attesta al 69,1%, confermandosi su livelli prepandemici. Per quanto concerne l’ascolto delle trasmissioni radiofoniche via internet con il pc (18,2% degli utenti) e con lo smartphone (24,1%), si registra una crescita importante nel lungo periodo (rispettivamente +10,6% e + 20,5% dal 2007 ad oggi), ma un calo nel breve (rispettivamente -2,2% e -5,0% tra il 2022 e il 2023)”.
Consolidamento di internet, smartphone e social network. “Tra il 2022 e il 2023 si registra un consolidamento dell’impiego di internet da parte degli italiani (l’89,1% di utenza, con una differenza positiva di 1,1 punti percentuali), e si evidenzia una sovrapposizione quasi perfetta con quanti utilizzano gli smartphone (l’88,2%) e molto prossima a quanti sono gli utilizzatori di social network (82,0%)”.
La carta stampata in crisi perenne. “Per i media a stampa, invece, si accentua ulteriormente la crisi ormai storica, a cominciare dai quotidiani cartacei venduti in edicola, che nel 2007 erano letti dal 67,0% degli italiani, ridottisi al 22,0% nel 2023 (con una differenza pari a -3,4% in un anno e a -45,0% in quindici anni). Si registra ancora una limatura dei lettori dei settimanali (-1,7%) e dei mensili (-2,8%). Anche gli utenti dei quotidiani online diminuiscono al 30,5% degli italiani (-2,5% in un anno), mentre sono stabili quanti utilizzano i siti web d’informazione (il 58,1% come già nel 2022, ma cresciuti del 21,6% dal 2011)”.
Segnali di ripresa per i libri. “Nel 2023 si arresta l’emorragia di lettori di libri: gli italiani che leggono libri cartacei sono il 45,8% del totale (+3,1% rispetto allo scorso anno ma -13,6% rispetto al 2007). La ripresa non riguarda i lettori di e-book, che non si sbloccano, rimanendo stabili al 12,7% (-0,6%)”.
(Fonte: censis.it/11.03.2024)
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Nel 1964 un momento storico per tutta la città, una squadra con i più forti del campionato.
Il Bologna: «Così si gioca solo in Paradiso»
Era questa la chiave di lettura (Fulvio Bernardini) di una superiorità metodologica basata sui “piedi buoni” dei calciatori rossoblù, che in campo realizzavano un vero e proprio quadro d’autore.
Football Club Bologna (1963-1964)
Sul campo di Bologna, l’Inter di Herrera, intanto, vinceva e si posizionava al primo posto. Tanto che al termine del campionato - 34 giornate - le due squadre erano prime in classifica, alla pari: 54 punti. Occorreva assegnare lo scudetto (non era mai accaduto prima e non si sarebbe verificato altre volte) ricorrendo ad uno spareggio. La Federazione scelse l’Olimpico di Roma per fare disputare la partita (7 giugno 1964): vinse il Bologna con due reti di vantaggio (segnate negli ultimi quindici minuti). Il rossoblù avevano sconfitto l’Inter di Herrera, campione d’Europa. Il titolo fu dedicato alla memoria del presidente Renato Dall’Ara, scomparso quattro giorni prima per un infarto. Al suo funerale non c’erano i giocatori del Bologna perché la Federazione non rinviò lo spareggio.
A impressionare e a rimanere nel cuore, non solo dei tifosi del Bologna, la qualità della manovra: «Così si gioca solo in Paradiso», (Fulvio Bernardini). Era questa la chiave di lettura di una superiorità metodologica basata sui “piedi buoni” dei calciatori rossoblù, che in campo realizzavano un vero e proprio quadro bellissimo. A guardare un po’ indietro, bisogna ricordare che nell’estate del 1962, arrivò a Bologna il tedesco Helmut Haller. Impressionava la classe di Pascutti, che metteva la palla in rete con felice continuità: dodici gol consecutivi in dieci giornate (le prime). Ma il Bologna dovette accontentarsi e rallentare: Juventus e Inter si fecero sotto. La squadra arrivò al termine del girone di andata a due punti dai bianconeri. Il campionato si decise all’inizio del ritorno, che palesò per i rossoblù una difesa non indenne da qualche errore di troppo: le reti subite arriveranno a trentanove, nel ’62-’63 ben venti in più dell’Inter (campione d'Italia). Per non parlare dei punti persi: davvero troppi.
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