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Nel 1964 un momento storico per tutta la città, una squadra con i più forti del campionato.
Il Bologna: «Così si gioca solo in Paradiso»
Era questa la chiave di lettura (Fulvio Bernardini) di una superiorità metodologica basata sui “piedi buoni” dei calciatori rossoblù, che in campo realizzavano un vero e proprio quadro d’autore.

(Er.Pa.) – Fu un momento bellissimo per tutta la città che si ritrovò pienamente coinvolta nella vittoria dello scudetto, una vera e propria conquista che premiò i più forti del campionato, ma soprattutto la passione  e l’entusiasmo messi in campo. Era il 1964, il grande Bologna – allenato da Fulvio Bernardini,  un maestro del calcio italiano – rivinse lo scudetto dopo ventitré anni. Dopo una corsa insieme al Milan (in vetta entrambi dopo il girone di andata), la corsa al primato (da soli) prese forma alla ventesima giornata. Non mancarono le sorprese nel corso del campionato. Agli inizi di marzo, per esempio, la Federazione (Figc) dichiarò che i controlli anti-doping (2 febbraio, dopo Bologna-Torino) si erano rivelati positivi. E con una sconfitta a tavolino, un punto in meno: una penalità complessiva di tre punti. Però, a maggio, dopo altri controlli, fu tutto annullato.

Sul campo di Bologna, l’Inter di Herrera, intanto, vinceva e si posizionava al primo posto. Tanto che al termine del campionato – 34 giornate – le due squadre erano prime in classifica, alla pari: 54 punti. Occorreva assegnare lo scudetto (non era mai accaduto prima e non si sarebbe verificato altre volte) ricorrendo ad uno spareggio. La Federazione scelse l’Olimpico di Roma per fare disputare la partita (7 giugno 1964): vinse il Bologna con due reti di vantaggio (segnate negli ultimi quindici minuti). Il rossoblù avevano sconfitto l’Inter di Herrera, campione d’Europa. Il titolo fu dedicato alla memoria del presidente Renato Dall’Ara, scomparso quattro giorni prima per un infarto. Al suo funerale non c’erano i giocatori del Bologna perché la Federazione non rinviò lo spareggio.

A impressionare e a rimanere nel cuore, non solo dei tifosi del Bologna, la qualità della manovra: «Così si gioca solo in Paradiso», (Fulvio Bernardini). Era questa la chiave di lettura di una superiorità metodologica basata sui “piedi buoni” dei calciatori rossoblù, che in campo realizzavano un vero e proprio quadro bellissimo. A guardare un po’ indietro, bisogna ricordare che nell’estate del 1962, arrivò a Bologna il tedesco Helmut Haller. Impressionava la classe di Pascutti, che metteva la palla in rete con felice continuità: dodici gol consecutivi in dieci giornate (le prime). Ma il Bologna dovette accontentarsi e rallentare: Juventus e Inter si fecero sotto. La squadra arrivò al termine del girone di andata a due punti dai bianconeri. Il campionato si decise all’inizio del ritorno, che palesò per i rossoblù una difesa non indenne da qualche errore di troppo: le reti subite arriveranno a trentanove, nel ’62-’63 ben venti in più dell’Inter (campione d’Italia). Per non parlare dei punti persi: davvero troppi. Queste le premesse del quarto posto del Bologna. Con 58 reti segnò più di tutti in campionato (2 reti in più dell’Inter). Harald Nielsen vinse la classifica dei marcatori con 19 reti, alla pari con il romanista Pedro Manfredini, doppia cifra anche per Ezio Pascutti (14 gol). Era tutto pronto, a pensarci bene, per lo scudetto nel campionato successivo.

Bologna_Football_Club_1963-64 (1)-Wikipedia
Football Club Bologna (1963-1964)
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