contatore visite free skip to Main Content
info@salernoeconomy.it

Salerno Economy XII.43 – 07.12.2023

Le ragioni che continuano ad allontanare e a ridurre (non aumentare) la reale partecipazione dei cittadini ai processi della vita democratica.

La “separatezza” della politica che predomina sempre

E la necessità di costruire e formare una nuova classe dirigente? Non ci pensa più nessuno, i partiti si “restringono” in un ambito desolatamente vuoto (di nuovi iscritti).

Politica-mark-516277_960_720
Gli "schemini" della politica
E’ davvero un periodo triste per l’Italia, per la Campania, e più in generale per il nostro Sud che, però, riesce a vivere questa modalità di cambi amento strutturale - nel pieno di una fase regressiva - provando almeno a chiedersi come affrontarla, anche a dispetto di un periodo politico complicato, pienamente immerso nell’emergenza che assumone, giorno dopo giorno, una dimensione legata al contesto europeo e, più ampiamente, globale (in senso geografico, non, dinamicamente, economico). In estrema sintesi: se tutto converge nel lento e progressivo affermarsi di varie forme di paralisi attiva di tanti spicchi della nostra economia meridionale, con poche tipologie di aggressione del poco sviluppo ancora disponibile, è “evidente” che per la politica (tutta) si rivela utile concentrarsi nella definizione di nuovi scenari, che hanno già evidenziato il mutamento del partitismo, in attesa dell’emergere di una necessaria nuova classe dirigente. Immaginare - che, pure, resta in termini pratici, molto spesso, un’astrazione ipotetica sul piano dell’intelletto - è diventato, quindi, un fenomeno socialmente rilevante, capace di sostituire con fermezza quelle che restano, in concreto, le cose da fare al più presto. E’ venuta meno, quindi, l’esatta cognizione di una variante che determinerà il reale esito della partita che già ci vede, rispetto a molti altri aggregati socio-economici, indietro, mentre corriamo a rappresentarci, invece, come all’avanguardia. E’ necessario ammettere - ma almeno questo passaggio andrebbe fatto senza ipocrisie - che abbiamo già perso molti colpi e che abbiamo bisogno di recuperare, senza perdere altro tempo in prove di forza che non portano da nessuna parte.
Siamo davvero convinti che l’attuale classe dirigente riuscirà a condurci dove abbiamo tutti insieme, tante volte, immaginato di arrivare? Perché, va detto con chiarezza, in fin dei conti, che i nostri atteggiamenti (derivanti da miopi interessi, per così dire, di bottega) non guardano alla politica in cerca di obiettivi coerenti con le soluzioni che siamo chiamati a trovare. Quando, invece, tutti insieme, senza troppe distinzioni, ci aggrappiamo, da diversi anni a questa parte, anche e soprattutto a veri e propri “vagheggiamenti”, che arricchiscono lo scenario sostanziale relativo al rendimento della cedola primaria del consenso, che intendiamo riservare - va sempre ripetuto questo “basilare” principio: la salvaguardia degli interessi economici, per essere più precisi - a tutto quello che è rimasto dei partiti, poco o niente delle strutture che pure riuscivano a sedimentare principi e idee fondamentali per costruire e ampliare la base sociale (ed economica) del Paese.
(continua)
Leggi Tutto

57° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese. Il capitolo su «La società italiana al 2023».

“Sonnambuli”, ciechi dinanzi ai presagi

Gli italiani sembrano precipitati “in un sonno profondo del calcolo raziocinante che servirebbe per affrontare dinamiche strutturali dagli esiti funesti”. Nel 2050 “l’Italia avrà perso complessivamente 4,5 milioni di residenti (come se le due più grandi città, Roma e Milano insieme, scomparissero)”.
Foto punto interrogativo-question-mark-1872634_960_720
Mille incertezze
A evidenziare i punti sostanziali del Rapporto Censis 2023 sulla situazione sociale del Paese emerge una descrizione che lo stesso Censis riassume preliminarmente così: “Ciechi dinanzi ai presagi: crisi demografica, nel 2050 avremo quasi 8 milioni di persone in età lavorativa in meno. Intrappolati nel mercato dell’emotività: per l’80% degli italiani il Paese è in declino, per il 69% più danni che benefici dalla globalizzazione, e adesso il 60% ha paura che scoppierà una guerra mondiale e secondo il 50% non saremo in grado di difenderci militarmente. Ripiegati nel tempo dei desideri minori: non più alla conquista dell’agiatezza, ma alla ricerca di uno spicchio di benessere quotidiano. L’economia dopo la fine dell’espansione monetaria? Record di occupati, ma crescita in rallentamento. Intanto monta l’onda delle rivendicazioni dei diritti civili individuali e delle nuove famiglie (è favorevole all’eutanasia il 74% dei cittadini). E nella siderale incomunicabilità generazionale va in scena il dissenso senza conflitto dei giovani, esuli in fuga (sono più di 36.000 gli expat di 18-34 anni solo nell’ultimo anno)”.
“I sonnambuli: ciechi dinanzi ai presagi”.
“Alcuni processi economici e sociali largamente prevedibili nei loro effetti sembrano rimossi dall’agenda collettiva del Paese, o sono comunque sottovalutati. Benché il loro impatto sarà dirompente per la tenuta del sistema, l’insipienza di fronte ai cupi presagi si traduce in una colpevole irresolutezza. La società italiana sembra affetta da sonnambulismo, precipitata in un sonno profondo del calcolo raziocinante che servirebbe per affrontare dinamiche strutturali dagli esiti funesti. Nel 2050 l’Italia avrà perso complessivamente 4,5 milioni di residenti (come se le due più grandi città, Roma e Milano insieme, scomparissero). La flessione demografica sarà il risultato di una diminuzione di 9,1 milioni di persone con meno di 65 anni (in particolare, -3,7 milioni con meno di 35 anni) e di un contestuale aumento di 4,6 milioni di persone con 65 anni e oltre (in particolare, +1,6 milioni con 85 anni e oltre). Si stimano quasi 8 milioni di persone in età attiva in meno nel 2050: una scarsità di lavoratori che avrà un impatto inevitabile sul sistema produttivo e sulla nostra capacità di generare valore. Ma il sonnambulismo non è imputabile solo alle classi dirigenti: è un fenomeno diffuso nella «maggioranza silenziosa» degli italiani. Resi più fragili dal disarmo identitario e politico, al punto che il 56,0% (il 61,4% tra i giovani) è convinto di contare poco nella società. Feriti da un profondo senso di impotenza, se il 60,8% (il 65,3% tra i giovani) prova una grande insicurezza a causa dei tanti rischi inattesi. Delusi dalla globalizzazione, che per il 69,3% ha portato all’Italia più danni che benefici. E rassegnati, se l’80,1% (l’84,1% tra i giovani) è convinto che l’Italia sia irrimediabilmente in declino”.
(Fonte: censis.it/01.12.2023)
(continua)
Leggi Tutto

“Solo il 3,7% (contro il 5,9% dello scorso anno) ha scelto destinazioni estere, concentrate nelle grandi capitali europee”.

Ponte dell’Immacolata, 13 milioni di turisti (italiani) in partenza

432 euro la spesa a persona, giro di affari totale di 4,4 miliardi di euro. Federalberghi: “Si stringe la cinghia, ma al piacere del viaggio non si rinuncia”.
Immagine turismo Glocal
Parola d'ordine: risparmiare
L’indagine di Federalberghi analizza i flussi relativi al “ponte” dell’Immacolata. “Più di tredici milioni gli italiani che hanno programmato una vacanza per l’8 dicembre, per un giro di affari stimabile in 4 miliardi e 461 milioni di euro, considerata una spesa media pro-capite di 432 euro a persona, che si indirizzeranno quasi esclusivamente in Italia (96,3%). Una congiuntura felice dovuta al fatto che il giorno festivo quest’anno cade di venerdì, rendendo possibile allungare di un giorno il fine settimana. Il giro d’affari sarebbe potuto essere ancora più grande se non fosse stato per l’aumento dei prezzi che sta caratterizzando questo periodo. Infatti, il 35,6% dei vacanzieri ha deciso di ridurre la spesa per questa vacanza proprio a causa dell’inflazione”.
Ma chi ha deciso di partire “nella maggior parte dei casi (43,4%) quest’anno si è mosso con largo anticipo prenotando la vacanza un mese prima. Solo il 3,7% (contro il 5,9% dello scorso anno) ha scelto destinazioni estere, solitamente concentrate nelle grandi capitali europee. Inoltre, il 55,8% di chi resterà in Italia, si muoverà nella stessa regione di residenza. La durata media sarà di 3,3 notti trascorse fuori casa”. Come in altri casi, la “ricerca del relax è il movente che spinge la maggior parte degli italiani (44,9%) a concedersi una vacanza in questo ponte. Segue al secondo posto il desiderio di ricongiungersi con i propri familiari (35,3%) e al terzo la voglia di divertimento (25,4%)”. Va detto che - come sperimentato anche d’estate - “la casa di parenti e amici (35,2%), insieme ad alberghi e villaggi turistici (26,6%) sarà l’alloggio scelto dalla maggior parte dei vacanzieri; ben distanziati seguono i bed & breakfast (14,8%), le case di proprietà (11,7%), i rifugi alpini (5,6%) e il soggiorno in residence (3,5%)”.
La spesa dei turisti “si distribuisce su tutte le componenti della filiera: il 23,2% del budget è destinato ai pasti, il 20,5% al pernottamento, il 28,9% ai viaggi e il 14,1% allo shopping”. Per “questo 8 dicembre le prenotazioni sono state effettuate con largo anticipo: il 25,7% ha infatti organizzato la vacanza tre settimane prima e il 43,4% addirittura con un mese di anticipo”. Il tempo sarà impiegato in “passeggiate (43,2%), escursioni e gite (27,4%), partecipazione a eventi enogastronomici (22,2%), visita a musei o mostre (14%) e a monumenti (13,6%)”.
Scelto anche il mezzo di locomozione: “il 74,5% dei vacanzieri utilizzerà la propria macchina per recarsi nei luoghi di villeggiatura. Il 14% viaggerà in aereo e l’8% in treno. La comodità ha prevalso nella scelta del mezzo (65,2%)”.
(Fonte: confcommercio.it/01.12.2023)
(continua)
Leggi Tutto

Riusciva sempre a tenere tutto sotto controllo: non faceva mai scelte improvvisate, erano frutto del suo ragionamento.

Lido Vieri, il portiere che dominava il pallone

La svolta nella sua carriera giunse nell’estate del 1969, l’anno dopo - stagione 70-71 - vinse lo scudetto con i nerazzurri e riuscì a tenere la porta “chiusa” per 685 minuti, stabilendo il record di inviolabilità della rete.
Ivano Bordon-Lido Vieri e Massimo Cacciatori-Facebook
Ivano Bordon, Lido Vieri (al centro) e Massimo Cacciatori
(Er.Pa) - Per molti ragazzi della mia generazione (quella del ’63), guardare Lido Vieri con il completino dell’Inter, tutto nero con il colletto azzurro, mentre bloccava plasticamente il cross della squadra avversaria che attraversava l’area di rigore, era l’immagine che spiegava sempre, con l’eleganza permanente dell’undici vincente, perché i nerazzurri erano i più forti di tutti. Era il portiere che dava forza agli altri, era il portiere che dominava i titolari in campo, che rilanciava la palla per ripartire, ma, soprattutto, parava l’impossibile, non faceva segnare nessuno. Che chiudeva la porta per sottolineare che a vincere sarebbe stata una sola squadra, quella che, poi, avrebbe vinto lo scudetto nel campionato del 1970-1971. Era Lido Vieri, il portiere che tutti avremmo voluto essere in quegli anni, quando provavamo a giocare a calcio, perché lui era il migliore e sapeva condurre la squadra senza esitazioni, con fermezza e competenza.
Lido Vieri (nato a Piombino il 16 luglio del 1939), fu campione d’Europa con la nazionale nel 1968 e, poi, fu vice campione del mondo nel 1970. Riusciva quasi sempre a tenere il pallone fermo, a dominarlo, oppure a buttarlo fuori dal campo: non erano scelte improvvisate, erano frutto del suo ragionamento. Se solo aveva la sensazione che una sua respinta potesse finire sui piedi o sulla testa degli avversari, preferiva ribattere il pallone fuori dal campo e guadagnare così anche tempo per dare la possibilità ai compagni di predisporsi al meglio per difendersi. Sapeva come uscire e fermare quell’azione pericolosa che era arrivata fino alla sua area di rigore. Insomma, era un portiere saggio, che proiettava la sua visione della partita avanti, fino a impedire, quasi sempre, esiti imprevisti.
Il suo primo ingaggio lo ottenne a 15 anni, a offrirlo le squadre giovanili del Torino. La decisione della società granata era dettata anche dalle conseguenze della tragedia di Superga: si ripartiva dai giovani e giovanissimi, c’era da scrivere il futuro. Appena compiuti 18 anni, nel 1957, arrivò il prestito al Vigevano per, poi, rientrare al Torino un anno dopo: esordio in serie A nel mese di settembre (il 21 settembre 1958): Torino-Alessandria 6-1. Con la maglia granata concluse l’esperienza nel 1969, 357 presenze di cui 275 in campionato, 46 in Coppa Italia e 36 in Europa: Coppa Italia nel 1968 oltre che (nel 1962-63) il premio “Combi” come migliore portiere della Serie A.
(continua)
Leggi Tutto

Back To Top
Cerca