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Lo speciale 1 »

Riusciva sempre a tenere tutto sotto controllo: non faceva mai scelte improvvisate, erano frutto del suo ragionamento.
Lido Vieri, il portiere che dominava il pallone
La svolta nella sua carriera giunse nell’estate del 1969, l’anno dopo - stagione 70-71 - vinse lo scudetto con i nerazzurri e riuscì a tenere la porta “chiusa” per 685 minuti, stabilendo il record di inviolabilità della rete.

Per molti ragazzi della mia generazione (quella del ’63), guardare Lido Vieri con il completino dell’Inter, tutto nero con il colletto azzurro, mentre bloccava plasticamente il cross della squadra avversaria che attraversava l’area di rigore, era l’immagine che spiegava sempre, con l’eleganza permanente dell’undici vincente, perché i nerazzurri erano i più forti di tutti. Era il portiere che dava forza agli altri, era il portiere che dominava i titolari in campo, che rilanciava la palla per ripartire, ma, soprattutto, parava l’impossibile, non faceva segnare nessuno. Che chiudeva la porta per sottolineare che a vincere sarebbe stata una sola squadra, quella che, poi, avrebbe vinto lo scudetto nel campionato del 1970-1971. Era Lido Vieri, il portiere che tutti avremmo voluto essere in quegli anni, quando provavamo a giocare a calcio, perché lui era il migliore e sapeva condurre la squadra senza esitazioni, con fermezza e competenza.

Lido Vieri (nato a Piombino il 16 luglio del 1939), fu campione d’Europa con la nazionale nel 1968 e, poi, fu vice campione del mondo nel 1970. Riusciva quasi sempre a tenere il pallone fermo, a dominarlo, oppure a buttarlo fuori dal campo: non erano scelte improvvisate, erano frutto del suo ragionamento. Se solo aveva la sensazione che una sua respinta potesse finire sui piedi o sulla testa degli avversari, preferiva ribattere il pallone fuori dal campo e guadagnare così anche tempo per dare la possibilità ai compagni di predisporsi al meglio per difendersi. Sapeva come uscire e fermare quell’azione pericolosa che era arrivata fino alla sua area di rigore. Insomma, era un portiere saggio, che proiettava la sua visione della partita avanti, fino a impedire, quasi sempre, esiti imprevisti.

Il suo primo ingaggio lo ottenne a 15 anni, a offrirlo le squadre giovanili del Torino. La decisione della società granata era dettata anche dalle conseguenze della tragedia di Superga: si ripartiva dai giovani e giovanissimi, c’era da scrivere il futuro. Appena compiuti 18 anni, nel 1957, arrivò il prestito al Vigevano per, poi, rientrare al Torino un anno dopo: esordio in serie A nel mese di settembre (il 21 settembre 1958): Torino-Alessandria 6-1. Con la maglia granata concluse l’esperienza nel 1969, 357 presenze di cui 275 in campionato, 46 in Coppa Italia e 36 in Europa: Coppa Italia nel 1968 oltre che (nel 1962-63) il premio “Combi” come migliore portiere della Serie A.

La svolta nella sua carriera giunse nell’estate del 1969, l’anno dopo – stagione 70-71 – vinse lo scudetto con i nerazzurri e riuscì a tenere la porta “chiusa” per 685 minuti e record di inviolabilità della rete che solo Ivano Bordon avrebbe, poi, superato. Con 199 presenze – 140 in campionato, 36 in Coppa Italia e 23 in Europa – concluse la sua esperienza a Milano. Con la crescita di Ivano Bordon che giunse nella dimensione di titolare effettivo della squadra, Vieri si trasferì alla Pistoiese in serie C che si avvalse di lui per essere promossa in serie B (1976-1977) e per salvarsi dalla retrocessione nella successiva stagione. Per Vieri erano maturi i tempi per iniziare la strada di allenatore, aveva 41 anni.

Una carriera di portiere davvero strepitosa, con tanti eredi che lo seguirono in un percorso semplicemente straordinario da lui disegnato e realizzato. Un mito che resta fermo e scolpito in quella maglia con il colletto azzurro, leader in una squadra di campioni dove il vero campione sul campo era lui.

Ernesto Pappalardo

direttore@salernoeconomy.it

Ivano Bordon-Lido Vieri e Massimo Cacciatori-Facebook
Ivano Bordon, Lido Vieri (al centro) e Massimo Cacciatori
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