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GLOCAL di Ernesto Pappalardo »

Le ragioni che continuano ad allontanare e a ridurre (non aumentare) la reale partecipazione dei cittadini ai processi della vita democratica.
La “separatezza” della politica che predomina sempre
E la necessità di costruire e formare una nuova classe dirigente? Non ci pensa più nessuno, i partiti si “restringono” in un ambito desolatamente vuoto (di nuovi iscritti).

E’ davvero un periodo triste per l’Italia, per la Campania, e più in generale per il nostro Sud che, però, riesce a vivere questa modalità di cambi amento strutturale – nel pieno di una fase regressiva – provando almeno a chiedersi come affrontarla, anche a dispetto di un periodo politico complicato, pienamente immerso nell’emergenza che assumone, giorno dopo giorno, una dimensione legata al contesto europeo e, più ampiamente, globale (in senso geografico, non, dinamicamente, economico). In estrema sintesi: se tutto converge nel lento e progressivo affermarsi di varie forme di paralisi attiva di tanti spicchi della nostra economia meridionale, con poche tipologie di aggressione del poco sviluppo ancora disponibile, è “evidente” che per la politica (tutta) si rivela utile concentrarsi nella definizione di nuovi scenari, che hanno già evidenziato il mutamento del partitismo, in attesa dell’emergere di una necessaria nuova classe dirigente. Immaginare – che, pure, resta in termini pratici, molto spesso, un’astrazione ipotetica sul piano dell’intelletto – è diventato, quindi, un fenomeno socialmente rilevante, capace di sostituire con fermezza quelle che restano, in concreto, le cose da fare al più presto. E’ venuta meno, quindi, l’esatta cognizione di una variante che determinerà il reale esito della partita che già ci vede, rispetto a molti altri aggregati socio-economici, indietro, mentre corriamo a rappresentarci, invece, come all’avanguardia. E’ necessario ammettere – ma almeno questo passaggio andrebbe fatto senza ipocrisie – che abbiamo già perso molti colpi e che abbiamo bisogno di recuperare, senza perdere altro tempo in prove di forza che non portano da nessuna parte.

Siamo davvero convinti che l’attuale classe dirigente riuscirà a condurci dove abbiamo tutti insieme, tante volte, immaginato di arrivare? Perché, va detto con chiarezza, in fin dei conti, che i nostri atteggiamenti (derivanti da miopi interessi, per così dire, di bottega) non guardano alla politica in cerca di obiettivi coerenti con le soluzioni che siamo chiamati a trovare. Quando, invece, tutti insieme, senza troppe distinzioni, ci aggrappiamo, da diversi anni a questa parte, anche e soprattutto a veri e propri “vagheggiamenti”, che arricchiscono lo scenario sostanziale relativo al rendimento della cedola primaria del consenso, che intendiamo riservare – va sempre ripetuto questo “basilare” principio: la salvaguardia degli interessi economici, per essere più precisi – a tutto quello che è rimasto dei partiti, poco o niente delle strutture che pure riuscivano a sedimentare principi e idee fondamentali per costruire e ampliare la base sociale (ed economica) del Paese.

Ecco, il punto è tutto qua: siamo passati – tutti insieme (con poche eccezioni che non salvano, però, affatto la regola) – a una concezione modernista della classe dirigente, che non si pone più tanto spesso la regola primaria di lavorare per costruire ipotesi di sviluppo, in progressione accelerata rispetto alla crescente aspettativa di miglioramento della qualità della vita propria e degli altri.

Si rimane, invece, fermi e perplessi di fronte all’evolversi di una situazione veramente difficile. Ma non importa – sembra ancora una volta dirci – la nostra politica: ci siamo qui noi, votateci, perché risolveremo i vostri problemi. I nostri problemi? Pare, invece, che non si tratti solo dei nostri, forse anche dei loro (della politica, cioè).

Ernesto Pappalardo

direttore@salernoeconomy.it

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Gli "schemini" della politica
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