L’Istat continua a segnalare la diminuzione delle vendite in considerazione del rallentamento della spesa.
Frenata delle famiglie in attesa di maggiore chiarezza
Al problema molto diffuso del reddito insufficiente si aggiunge la “complicazione” delle prospettive, nel breve e medio periodo, dal punto di vista della contrazione delle opportunità di incrementare le entrate. Né sembrano in grado di rasserenare il clima iniziative che puntano sulla carta a garantire reti di sicurezza sociale.
Rallentamenti
I numeri continuano, purtroppo, a confermare la crisi delle vendite al dettaglio. L’ultima rilevazione disponibile dell’Istat (pubblicata il 9 luglio) evidenzia che a maggio si stima una diminuzione congiunturale delle vendite dello 0,7% in valore e allo 0,8% in volume. Ma si aggiunge un elemento di valutazione molto significativo: il calo delle vendite dei beni alimentari (-1% in valore e -1,1% in volume), che si somma a quello dei prodotti non alimentari (-0,5% in valore e -0,6% in volume). Stessa parabola se prendiamo in considerazione il confronto anno su anno. Non solo le vendite al dettaglio diminuiscono dell'1,8% in valore e dell'1,5% in volume, ma anche in questo caso si contraggono le vendite di entrambi i settori: alimentare (-1,1% in valore e -1,4% in volume) e non alimentare (-2,2% in valore e -1,7% in volume). E anche la rilevazione trimestrale conferma questo andamento. Nel trimestre marzo-maggio 2019, rispetto ai tre mesi precedenti, le vendite al dettaglio segnano -0,4% in valore e -0,5% in volume. Flettono le vendite dei beni alimentari (-0,1% in valore e -0,2% in volume) e dei beni non alimentari (-0,7% in valore e in volume).
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Quasi un’attività indipendente su due chiude i battenti entro i tre anni di vita.
Confesercenti, commercio mai così male negli ultimi 4 anni
Il presidente De Luise: “Difficoltà strutturali, urgente aprire tavolo di crisi”. Chiudono 14 negozi al giorno. Il 2019 si concluderà con una flessione del -0,4%.
Scale vuote
(Fonte: confesercenti.it/ 21.07.2019)
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Aumento ancora più marcato (quattro volte) nel numero degli addetti, passati da 5.600 a 23.300 unità.
Cyber-security, imprese italiane +300%
Tra la fine del 2017 e i primi tre mesi del 2019 le aziende passano da poco meno di 700 a oltre 2.800 unità. Molte le attività esistenti che negli ultimi 18 mesi hanno rivisto la propria attività prevalente.
Maggiore attività di controllo
(Fonte: unioncamere.gov.it/ 19.07.2019)
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Di sicuro ci assicura più energia e ci mette di buon umore durante la giornata.
Mangiare crudo fa bene? Pro e contro del raw food
Carpacci, insalate e macedonie ci strizzano l’occhio tutti i giorni ma domandiamoci anche quali possono essere i rischi legati a questo tipo di alimentazione.
Fichi da tagliare e mangiare
E’ moda ormai da tempo il cibo crudo. Certo, i crudisti sono per lo più vegani e vegetariani che seguono una dieta a base di cibi crudi quali frutta, verdura fresca, noci, semi, germogli e cereali mai riscaldati al di sopra di 43-45° C ma in genere siamo convinti che i cibi conservino più nutrienti se non passano dai fornelli. E facciamo così scorpacciate di alimenti evitando anche una rapida cottura e l’estate è la stagione che più di altre ci fa scegliere ingredienti freschi, idratanti, ricchi di vitamine e sali minerali capaci di tamponare le perdite idrosaline dovute alla sudorazione. Ed ecco che carpacci, insalate e macedonie ci strizzano l’occhio tutti i giorni ma domandiamoci anche quali possono essere i rischi legati a questo tipo di alimentazione. Vero che una lunga cottura spesso fa perdere molte proprietà benefiche per l’organismo ma facciamo chiarezza. Il cibo cotto è più sicuro dal punto di vista igienico-sanitario, soprattutto in caso di intossicazioni o infezioni alimentari quali quelle legate al parassita anisakis che si insedia all’interno dei tessuti muscolari del pesce crudo.
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Legambiente e Cnr-IIA presentano il primo rapporto dell’Osservatorio: le sfide italiane.
Isole sostenibili, buone pratiche nel mondo
Dall’energia pulita alla gestione dei rifiuti e della raccolta differenziata ferma a una media del 6%. Acqua, depurazione e mobilità sostenibile.
Nuovi spazi
Molto spesso è nel patrimonio delle piccole isole che possiamo trovare spunti di riflessione adeguati ad un’osservazione non secondaria rispetto al contesto delle cose che circonda. “Nelle isole minori italiane troviamo straordinarie risorse ambientali e opportunità, anche economiche, di innovazione. Eppure, nonostante queste grandi potenzialità, il contributo delle fonti rinnovabili rispetto ai fabbisogni non supera in media il 6%, mentre nel resto d’Italia questo dato è ormai attestato al 32%. E non va meglio sul fronte della raccolta differenziata – il valore medio è di circa il 28% – e per la depurazione delle acque reflue (basti pensare che in tre quarti delle isole minori non esiste alcun sistema di trattamento e laddove è presente si rileva in genere un sistema di gestione non ottimale)”. Il testo di Legambiente consente di entrare in maniera diretta nella situazione attuale perché “le isole minori al contrario possono divenire un laboratorio ideale per affrontare le sfide più urgenti e importanti che il Mondo ha di fronte, dove applicare proprio i modelli innovativi nell’ambito dell’energia, del ciclo delle acque e dei rifiuti”. Queste citazioni ci consentono di entrare nel primo rapporto sulle Isole Sostenibili-Ossevatorio sulle Isole minori (realizzato da Legambiente e Cnr-IIA) e di venire a contatto con i numeri di una realtà di cui tenere assolutamente conto.
*Presidente Fonmed (Fondazione Sud per la Cooperazione e lo Sviluppo del Mediterraneo)
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