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GLOCAL di Ernesto Pappalardo »

Virtù o necessità?

Il rilancio dell’azione propulsiva dei corpi intermedi – le famose “cinghie di trasmissione”, un tempo protagoniste nei percorsi di costruzione della coesione sociale e del consenso politico-istituzionale – ritorna costruttivamente alla ribalta anche in provincia di Salerno attraverso l’iniziativa del presidente degli industriali Mauro Maccauro che ha presentato nei giorni scorsi un vero e proprio “Manifesto” delle categorie produttive. Si tratta di un risultato importante – al di là degli esiti, si spera (ovviamente) positivi, che sortirà sotto il profilo operativo – che mette sul tavolo dei palazzi del potere un “problema” serio da risolvere (prima o poi). Quello che preme sottolineare è, naturalmente, la valenza civica insita non solo nel documento, ma soprattutto nell’atto – questo sì, tutto politico – dell’aggregazione delle varie sigle dell’associazionismo categoriale. Insomma, il segnale è veramente importante in una provincia dove per anni – anche in virtù di atteggiamenti non virtuosi delle stesse categorie produttive – si è assistito ad un consociativismo tipico delle realtà stagnanti che, come è logico che accada, alla fine si ritrovano in pieno declino sociale ed economico. Il sasso nello stagno lanciato martedì scorso ora ha bisogno, naturalmente, di un seguito. Ma è la valenza del gesto che apre la mente ad un motivato, sebbene cauto, ottimismo. Il tempo delle divisioni, anche strumentali, per virtù o per necessità, sembra andare in secondo piano. Si assiste, cioè, ad un nuovo “movimentismo” dal basso che in altre stagioni – agli inizi degli anni ’90 del secolo scorso – si arenò proprio sugli scogli della “sete” di poltrone che la politica alimentò a dovere, irretendo e neutralizzando anche una non residuale parte del mondo imprenditoriale. Ora, il vento nuovo porta – sembra portare – su altri lidi. Il rinnovamento proposto dalle associazioni di categoria oggi somiglia ad una medicina indispensabile: bere, o affogare. Non è più tempo di lacerazioni, neanche con il sindacato, che, del resto, sta attraversando una stagione di grande responsabilità e di innovativa visione delle dinamiche dello sviluppo locale. L’intervento di Franco Tavella (Cgil Campania) al workshop di una settimana fa (“Il Sud dei territori”) in questo senso ha fatto comprendere quanto sia avanti il dialogo tra imprese e rappresentanza sociale. Un dialogo di qualità che contribuisce a creare un clima positivo. E’ del tutto evidente – come prima accennato – che siamo ancora di fronte a fermenti embrionali di un discorso che ha bisogno di una sistematizzazione, di un telaio solido sul quale appuntare iniziative e progetti concreti da portare al più presto all’attenzione della parte (non controparte, per carità) che manca drammaticamente all’appello: istituzioni e partiti che esse controllano. Un pezzo sostanziale, per la verità, per fare nascere concretamente il “sindacato” del territorio. Non è un’operazione semplice lavorare ad un dialogo costruttivo con la cosiddetta “filiera” politico-istituzionale, anche perché questa stessa filiera – come, del resto, ben evidenziato nel “Manifesto” – non riesce proprio ad evitare strumentali e plateali – quanto controproducenti – contrapposizioni. Ed è proprio in questo stretto spazio di manovra che si concentra la parte più complicata della nuova missione che le categorie hanno coraggiosamente deciso di darsi: se non riusciranno a trascinare sul terreno della funzionale operatività – al servizio del territorio – le Istituzioni che hanno potere di incidere sulle politiche di sviluppo, vorrà dire che la strada del declino e della deriva più totale procede in una ripida discesa. Resterà – come è lecito pensare alla luce del quadro attuale – solo l’ultima carta, quella che tante volte non ha risolto granché, anche se è l’unica che la democrazia rende disponibile per ciascuno di noi: le elezioni prima o poi arriveranno. E nelle urne le sorprese – pare – non dovrebbero mancare. ERNESTO PAPPALARDO direttore@salernoeconomy.it


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