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I numeri dell'economia »

I risultati di un’analisi dell’Ufficio Studi Confcommercio sulla percezione del fenomeno tra le piccole attività del commercio e dei servizi.
Usura in aumento per 1 imprenditore su 4
“Grave e immediato rischio” per quasi 40mila imprese. “Il Sud, con Napoli, Bari e Palermo, l’area più esposta”.

Tra i fenomeni illegali si registra la crescita dell’usura. “Rispetto al 2019 è più che raddoppiata la quota di imprenditori che ritiene aumentato questo fenomeno (27% contro il 12,7%), e sono a immediato e grave rischio usura circa 40mila imprese del commercio, della ristorazione e dell’alloggio. Non sorprende, purtroppo, che il fenomeno sia particolarmente diffuso nel Mezzogiorno, in cui è anche maggiore il rischio di chiusura definitiva delle imprese. Tra nove grandi città italiane, Napoli, Bari e Palermo risultano essere quelle più esposte. Contro l’usura e, in generale, contro tutti i fenomeni criminali, servono misure di contrasto più incisive e una maggiore cultura della legalità”. E’ questo il quadro che emerge da un’analisi dell’Ufficio Studi Confcommercio “sulla percezione dell’usura tra le piccole imprese del commercio e dei servizi”. Eppure, proprio la percezione degli imprenditori del terziario di mercato “non è, riguardo all’andamento dei fenomeni criminali, in peggioramento, bensì in moderatissimo miglioramento nel 2020. Fa eccezione proprio l’usura che registra una crescita di 14 punti percentuali rispetto al 2019”.

Le piccole imprese.

“Tra le micro-imprese del commercio e dei pubblici esercizi la percezione di insicurezza è decisamente maggiore rispetto alle imprese di dimensione più cospicua. Un’evidenza certamente non casuale. Le tre maggiori difficoltà vissute dalle micro-imprese nel corso del 2020, a causa della pandemia, sono: crollo del fatturato per il 50,7%; problemi di liquidità per il 35,3%; lotta contro le complicazioni burocratiche per il 14%.

Il confronto tra le tre indagini sviluppate nell’ultimo anno (da maggio 2020 a gennaio 2021) “non evidenzia grandi differenze (la liquidità continua a rimanere per gli intervistati il discrimine tra la vita e la morte delle imprese), salvo che il problema del fatturato è ultimamente un po’ cresciuto con la disillusione che si è, via via, sostituita alla speranza degli imprenditori di un rapido ritorno alla normalità. Col passare del tempo i bilanci aziendali sono, infatti, fortemente peggiorati e per le imprese i danni derivanti dalle chiusure sono peggiori delle attese”.

I soggetti esposti.

“Utilizzando i dati delle indagini a sistema con quelli di Banca d’Italia si può stabilire una platea di soggetti potenzialmente esposti all’usura. Da questi affidamenti si può definire, attraverso le indagini sul campo, il perimetro delle imprese che pur avendo richiesto un prestito non l’hanno ottenuto o l’hanno ottenuto in forma ridotta. Queste imprese sono circa 295mila”. Ad aprile “la percentuale di imprese fortemente a rischio usura e che hanno subito pressioni per vendere la propria azienda è al 12%. Se moltiplichiamo questa percentuale per il potenziale a rischio usura si arriva a 36mila piccole aziende del commercio, alloggi e pubblici esercizi che sono oggi ad elevato rischio usura (e altri eventi criminali)”. Va aggiunto che “dall’analisi eseguita su imprenditori di commercio, alloggio e ristorazione con meno di 10 addetti, di alcune città italiane, emerge che il Mezzogiorno è molto più esposto sia al rischio usura e criminalità sia al rischio di chiusura delle imprese rispetto al resto del Paese. Mediamente Napoli e Bari sono sempre ai primi posti in graduatoria e Palermo, comunque, è una volta al terzo posto e due volte a metà classifica, Milano e Torino nel Nord-Ovest e Padova per il Nord-Est presentano le percezioni meno preoccupanti”.

La situazione al Sud.

“Per diverse ragioni, le imprese del Nord hanno patito di più la pandemia eppure, sia per una condizione strutturale di esposizione alla criminalità, sia per una maggiore fragilità intrinseca dell’impresa, è il tessuto produttivo del Sud ad apparire più soggetto a shock negativi (perdita di fatturato o esposizione a fenomeni criminali). In altre parole, anche se il Nord ha perso di più, è il Sud che faticherà in misura maggiore e per più tempo a uscire dalla condizione di crisi”.

(Fonte: confcommercio.it/ 20.04.2021)

 

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