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Lo speciale »

La necessità di perdere il desiderio di concentrare potere per, poi, condurre le battaglie necessarie.
Tutti a lezione di cultura plurale, democrazia e benessere
Come camminare insieme verso una nuova società realmente euro-mediterranea? La nascita, ineludibile, di una nuova politica economica per la città e l’altra città.

di Pasquale Persico

Con la rielezione del presidente Mattarella il tema dei nuovi ideali che devono ispirare la rinascita dei partiti si incrocia con le dinamiche della metamorfosi dello Stato e la visione della politica economica più integrata nella politica europea. Più specificamente, la visione della destra storica appare – al momento –  già fuori dalla storia e la Meloni, probabilmente, finge di non sapere, per massimizzare le rendite di posizioni lucrate dal secolo scorso; ma anche a sinistra il tema della riforma della Costituzione è una scorciatoia per sopravvivere. Ho ritenuto riproporre un mio contributo, tratto dal libro con altri autori – Il sogno di una civiltà plurale –  disponibile via Google, perché – scritto prima della nascita del governo Draghi – conserva ancora una validità propositiva per inquadrare il prossimo periodo, che non può non ripartire dalla visione dello Stato, chiamato ad accompagnarci per navigare nel nuovo secolo visto che i temi ed i comportamenti politici sono diventati obsoleti. Che fare?

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La grande crisi che ci avvolge come oceano in burrasca non deve farci dimenticare che per appartenere alla storia ed entrare nel nuovo mondo desiderabile dobbiamo avere la consapevolezza di dover indagare sul nostro tempo e scoprire a quale momento storico apparteniamo nel nostro contesto dell’abitare. Se fosse persistente il sussulto dell’Europa causato dalla crisi in campo, avremmo tutti il tempo di capire che il particolare e l’universale non sono opposti. Noi italiani ed europei, differenti per identità accumulate, siamo, per il virus che ci circonda, uguali,  e questo virus, battezzato Covid 19, si comporta come tanti altri virus o fenomeni naturali. Molte profezie politiche sono state smentite e molte previsioni economiche hanno mostrato le loro gambe d’argilla. È apparso chiaro subito a tutti che il diritto alla salute ed al lavoro deve essere un diritto universale da salvaguardare a livello mondiale. Un ambiente economico e sociale che la nostra storia ha costruito nel tempo e che era ancora desiderabile aveva però chiuso il nostro sguardo sull’umanità. I progetti, spesso contrapposti, della politica sul commercio, sulla libera circolazione degli strumenti finanziari e sui negoziati di pace, hanno dovuto lasciare spazio ad un mondo di idee e iniziative più vicino ai beni fondamentali desiderati. Il nostro ambiente sociale ha saturato lo spazio della comunicazione di un mondo dell’umano che, da oggi, dovrà scontrarsi con le politiche fino a ieri praticate dagli Stati nazionali e dagli imperi continentali.

Il diritto alla salute, al lavoro ed alla sicurezza, ha fatto emergere con più forza che vi sono molti altri diritti dell’essere umano che sono universali e connessi, cioè non possono dipendere dal luogo dove siamo nati, né dal nostro patrimonio e nemmeno dalla nostra appartenenza ad una credenza, sia essa religiosa o di genere, (il modello culturale della Meloni esce dalla storia?).

È, pertanto, emersa una domanda globale, finalmente rivelata attraverso l’evidenza della pandemia in campo, e ingigantita dalla crisi economica e finanziaria, che ha cambiato la soggettività delle persone, non più solo consumatori (e quindi clienti) ma una soggettività che chiede di contare e misurare le nuove scelte di politica economica a livello locale, regionale, nazionale e continentale. Più categorie sociali si sono fuse per formare un nuovo coro fino a ieri diviso rispetto al riconoscimento dei beni comuni da condividere.

Da dove ripartire allora?

Ripartiamo dalle parole apprese. Una nuova idea di concordia deve prendere campo, per dare alle popolazioni la possibilità di combinare uguaglianze e differenze.

Non è un problema semplice, ma una interpretazione in positivo della storia che ci viene incontro. Ora, la storia recente delle popolazioni euro-mediterranee non aiuta le nostre speranze, la civiltà europea sembra perdere lucidità e rischia di non entrare con il piede giusto nella prossima storia del continente europeo.

L’emersione di un principio universale, riconosciuto oramai dalla popolazione attraversata dalla pandemia, alimenta la speranza di un cambiamento di rotta e, dalla crisi,  riprende il suo significato in positivo, cioè opportunità per una metamorfosi della soggettività nuova delle persone e delle istituzioni. Può essere aperto un varco per fermare l’anarchia dell’economia e della finanza che stavano velocizzando l’aumento dell’asimmetria tra l’equilibrio ambientale e gli insediamenti delle attività e delle popolazioni?

Non si tratta di aggregarsi ai no-global che – oltre alla critica radicale – non hanno proposto scenari accessibili e percepibili sul cambio di regime che era  da proporre. Nel continente europeo, con lo sguardo culturale al Mediterraneo,  i concetti di uguaglianza, giustizia, solidarietà, e reciprocità sono ancora principi istituzionali incarnati nelle costituzioni delle nazioni democratiche e sono, inoltre, principi vivi ed appartenenti a movimenti di nuova civiltà, che si riconoscono in contesti internazionali a diversa rappresentatività. La stessa costituzione incompleta europea riconosce l’universalità di molti beni comuni associabili a libertà e a diritti irrinunciabili. Dall’esperienza della crisi, se non vogliamo fare riferimento anche ad altre esperienze, dobbiamo far emergere ancora di più l’idea che, sebbene ancora preziosa, la sovranità nazionale seppur necessaria, ha i suoi limiti di efficacia per restare protagonista in un mondo globalizzato ed integrato.

Come far camminare una visione innovativa del superamento del concetto di Stato nazionale e farla accettare come itinerario politico necessario da perseguire?

Basterebbe farsi accompagnare da tanti “combattenti” nazionali ed internazionali, istituzionali o volontari, che in passato, ma soprattutto durante la crisi del nuovo coronavirus, hanno rotto i confini comportamentali tradizionali ed hanno abbracciato le parole concordia, reciprocità e solidarietà. Essi hanno comunicato al mondo che sono arrivate l’era e l’ora di nuove proposte politiche internazionali sul tema del benessere di popolazione, modificando profondamente i modelli di welfare delle singole nazioni; è arrivato il tempo indifferibile di garantire il diritto all’ambiente, il diritto alla scuola ed alla ricerca fino a stabilire un rapporto nuovo con le tecnologie Ict, sapendo che  essendo labour saving e capital saving, esso  deve, però, essere accettato come tecnologia che apre nuovi scenari di cognitività e di conoscenza; questi scenari devono aiutarci ad ampliare le attività dell’uomo verso un rapporto con il potenziale di biodiversità disponibile per rendere l’abitare delle attività economiche e delle attività sociali non più antagoniste dell’equilibrio tra gli ecosistemi vitali.

Gli scenari devono indirizzare le modalità di costruzione delle città nuove rigenerando le infrastrutture esistenti e facendo convergere il tutto verso quantità bastevoli di beni materiali ed immateriali (di merito e di mercato) connessi ai diritti fondamentali da garantire.

L’emersione di una cultura che sappia gerarchizzare i nuovi bisogni deve essere coltivata con nuovi strumenti di comunicazione politica, allontanando i diavoli della comunicazione doppia. La civiltà plurale non deve essere un miraggio, come lo è stato per Albert Camus nel 1955. Ma un’ideale visibile che potrà abitare l’Europa ed il Mediterraneo perché ha avuto persistenze temporanee nella loro storia geomorfologica, geografica, politica e culturale.

Questo richiamo ad un capitolo del libro inquadra i temi di una possibile risalita della voglia di fare politica che sarà necessaria per i nuovi partiti che sposeranno le idee programmatiche della nuovo presidente del parlamento europeo, Roberta Metsola, ritrovando uno spirito morale adatto a perdere il desiderio di concentrare potere, per condurre le battaglie necessarie a spingere l’umanità verso una cultura plurale della democrazia e del benessere.

 

 

 

 

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Pasquale Persico
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