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Turismo: serve una “filiera di comunità” di Virgilio Gay

Riceviamo e volentieri pubblichiamo.
Sul Corsera di oggi, Beppe Severgnini propone a Del Rio la reintroduzione del Ministero per il Turismo, affermando che il settore non può essere affidato allo stesso dicastero che gestisce i beni culturali.
Diventa allora necessario chiedersi cosa è il turismo.
Ebbene, in generale esso è l’appagamento del desiderio di recarsi in un luogo, per viverne le specificità territoriali, intese come ambientali, storico-artistiche, termali, religiose, eno-gastronomiche, d’intrattenimento o di accoglienza per approfondimento formativo e d’incontro professionale o lavorativo. In tale definizione si possono comprendere tutte le declinazioni tematiche della fruizione turistica.
La scelta della destinazione nasce da un input culturale. Si desidera andare in un luogo, perché si vuole approfondirne la conoscenza, dopo averne immaginato l’esistenza, per la sollecitazione offerta dallo stimolo di uno dei cinque sensi. Così si desidera andare a Vienna, per avere ascoltato Mozart; oppure visitare il Chianti, per averne gustato il vino; attraversare la Route 66, per avere letto Kerouac; oppure la Provenza, per il profumo di lavanda; o, ancora, le Alpi Apuane, per averne quotidianamente sfiorato il marmo estratto.
Possiamo perciò affermare che il turismo si fonda sui sensi e si nutre di cultura.
Per quanto concerne poi la definizione di bene culturale, il testo unico supera la concezione di semplice bene materiale, dando valore anche alla relazione che le comunità locali hanno instaurato con il bene stesso, persino immateriale.
Pertanto la connessione tra patrimonio e fruizione turistica non è di semplice funzionalità, ma diventa indissolubile, proprio nell’accezione culturale, da un lato intesa come consapevolezza del ruolo che le comunità hanno avuto nel proprio contesto di riferimento e dall’altro lato intesa come attuale impegno nell’affermazione dei valori identitari, da impiegare nel processo di valorizzazione economica, per l’industria turistica. Quello che in termini di marketing va sotto il nome di storytelling.
Conseguentemente, per la governance del settore non interessa un ministero specifico, tanto più che si tratta di materia delegata alle Regioni.
Per il successo di un territorio rispetto ad altri, invece, la discriminante è data dalle comunità locali. In particolare dalla loro visione, dalla loro capacità e volontà di essere protagonisti nel processo di creazione del valore. Quello che in termini seminariali si afferma con l’imperativo di “fare sistema”. Perché l’accoglienza riguarda tutto il territorio: istituzioni, attori economici e comunità. Essa si esplica con il sorriso di un residente o con le proteste per i disagi conseguenti alle maggiori affluenze; la puntualità dei servizi e la pulizia dei luoghi pubblici o l’impiego azzardato di un autovelox. In tale complessa articolazione, il ruolo fondamentale degli attori economici non può prescindere da una policy di alleanze con gli stakeholders locali e con l’intera comunità. Le relazioni non potranno essere di semplice complicità, bensì dovranno svilupparsi proprio con le modalità tipiche di una filiera: la filiera di comunità, appunto!
Virgilio Gay, innovatore sociale


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