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GLOCAL di Ernesto Pappalardo »

Fino a questo momento la linea europea, ancorata alla pace, è la sola che porta avanti la speranza della vita.
Tra sisma e guerra, il mondo guarda attonito il 2023
Scenari di Siria e Turchia e, poi, il conflitto in Ucraina in attesa di una svolta, che metta a tacere il rumore delle armi. Ma quando arriverà?

Se ci guardiamo intorno, alla luce dei fatti che si susseguono senza sosta a segnare l’inizio di un 2023 difficilmente dimenticabile (dall’escalation del conflitto in Ucraina al terremoto in Turchia e Siria), ci rendiamo conto che è davvero il momento di fermarci un attimo a riflettere. I due eventi, naturalmente, non hanno alcun collegamento, ma entrambi esprimono chiaramente il perimetro di che cosa possa diventare, in pochi attimi, un inverno che è già affondato nella forza del male, continuando a manifestarsi senza tregua. Né, allargando lo sguardo, si scoprono realtà che manifestano segnali diversi, che, cioè, lasciano apparire piccole tracce di un mondo migliore. L’ombra lunga del conflitto latente, per esempio, abbraccia anche Cina e Stati Uniti d’America, come pure l’immagine si allarga a tante parti del mondo. Basta pensare alla confusione del Brasile (Bolsonaro). E, poi, arriviamo all’Europa, all’Ue, ai Paesi che da tanto tempo si studiano, programmano e attuano politiche che, è bene sottolinearlo, rappresentano l’unico percorso che resiste e gestisce l’emergenza in corso a pochi chilometri dalle nostre case. E’ qui che si riescono a mettere in campo, nonostante mille problemi e mille ostruzioni, gli unici provvedimenti che, fino a questo momento, parlano coerentemente di pace.

Tutto il resto intorno è davvero poco, o niente. Anche se è abbastanza chiaro che il resto del mondo guarda e prospetta i propri ipotetici vantaggi, forse specula, si prepara e convince molti altri a prepararsi. Ma fino a questo momento la linea europea, ancorata alla pace, è l’unica che porta avanti la speranza della vita. La speranza di ritornare nei confini del rispetto di norme che sono soltanto l’adeguato contesto, più coerente, alla conferma delle regole condivise. Riusciremo a mantenere in campo l’unica ragione che ci consente di sopravvivere? Ritorneremo, appunto, alle regole della pace?

Il dubbio, ovviamente, persiste e riesce a fare giocare e scendere in campo non pochi speculatori di diritti e doveri, con l’unico scopo di avvelenare il clima di solidarietà indispensabile a proseguire tutti uniti per ristabilire la mappa di quella che era (e dovrà ritornare ad essere) l’unica pace accettata (e difesa) da quanti non intendono fare passi indietro, dopo la grande lezione subita nel conflitto mondiale del secolo scorso.

Che cosa rimarrà di questi anni? Che cosa tracimerà dal racconto che, pure, prenderà piano piano piede per ridisegnare tutto quello che è successo e che continua a delineare (dopo il primo triennio 2020-2022) una fase che non può accontentarsi dei consueti confini di incoerenza.

Il mondo prova, più o meno, ad andare avanti, ma, poi, spuntano nella mente titoli di giornale che lasciano senza fiato: “Come cento atomiche. In Turchia e Siria migliaia di morti”. “Non resta nulla”. Ecco, sono solo queste le immagini che restano e che non hanno alcuna spiegazione da inseguire o da fornire. Tutto il resto – a cominciare da quei posti dove la guerra continua ad uccidere e distruggere – ha bisogno di un possente freno a mano per quanto continua a produrre giorno per giorno.

Perché abbiamo bisogno, nell’immediato, di tornare a vivere.

Ernesto Pappalardo

direttore@salernoeconomy.it

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