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Il poeta, l’economista del welfare e il ministro per il Sud: il dialogo possibile.
Tra “scoraggiatori” militanti e ricerca di nuova coesione
Non deve venire a mancare il presupposto per riconoscere che gli Enea si possono moltiplicare e che la solidarietà (e l’apprendimento) tra più generazioni è il lievito necessario.

di Pasquale Persico

Di recente ho ricevuto un lettera con un articolo del poeta Franco Arminio, che mi parlava dello “scoraggiamento”. Riporto una sintesi molto interessante.

“Per fare buone strategie di sviluppo bisogna partire dall’idea che la prima infrastruttura su cui lavorare è la fiducia. E in questi anni ai paesi la fiducia non è riuscita a darla nessuno. Per questo sono cresciuti gli scoraggiatori militanti. La loro egemonia culturale è diventata così grande che spesso arrivano ad eleggere anche i sindaci. Lo scoraggiatore è diventata in molti paesi l’unica figura di successo, l’unica che vedeva confermate le sue visioni. La sua frase bandiera “qui non c’è niente” veniva confermata ogni volta che chiudeva un negozio, partiva un ragazzo. Le politiche fatte per contrastare lo spopolamento dell’Italia interna, lo si può dire senza paura di essere smentiti, sono state piuttosto fallimentari. Lo strumento attualmente in esercizio, la strategia nazionale delle aree interne, somiglia molto a una sceneggiatura a cui si lavora alacremente, ma il film non comincia mai. Eppure è sicuramente un’azione ben concepita, e abbiamo anche la fortuna di avere un ministro di riferimento per quelle aree che è competente e volenteroso. E allora perché non accade niente che ci dia entusiasmo? Perché anche nel tempo del Covid non si riesce a dare quella spinta ai paesi che servirebbe molto all’Italia intera? Il motivo principale è una sorta di miopia geografica. L’Italia, nazione di paesi e di montagne, ha date le spalle ai paesi e alle montagne. Si fanno politiche focalizzate sui centri urbani e sulle pianure. C’è di mezzo ovviamente l’opportunismo degli esponenti politici che tengono a occuparsi di luoghi che hanno più peso elettorale. C’è ancora di più un retaggio culturale che non va via: paesi significa mondo rurale, mondo rurale significa miseria, dunque il paese è il luogo del problema più che il luogo dell’opportunità. E lo stiamo vedendo benissimo in questi mesi in cui il distanziamento fisico che nei paesi è facile da mantenere non si è tramutato nell’avvio di politiche per ridistribuire gli italiani sul territorio. Usando un linguaggio medico, in un momento in cui il mondo è diventato un gigantesco ospedale, si può dire che abbiamo una malattia circolatoria: nel caso dei paesi una malattia anginosa, si soffre perché arriva poco sangue; nel caso delle aree urbane si è prodotta una malattia emorragica, come se si fosse rotto un aneurisma. Davanti a problemi di questo tipo è evidente che bisogna intervenire subito e bisogna chiedere conto alla politica della sua miopia: come si fa a non vedere problemi come questi?”

Faccio rispondere all’amico poeta e post paesologo da un altro amico, Tony Atkinson, oramai scomparso nel 2017,  che nel 1988 frequentava me e l’ ex rettore della Federico II, anche lui professore di scienze delle finanze, Massimo Marrelli.

Il prof. Atkinson, professore alla London School of Economics, quando veniva a Napoli, desiderava andare allo stadio di Fuorigrotta per vedere Maradona che trasmetteva a tutti la fiducia di potercela fare a superare gli ostacoli, bastava coltivare le passioni ed le abilità. Per l’economista del welfare il tema delle ineguaglianze è stato  sempre trascurato ed  oscurato dall’approccio dell’economia che ha dedicato troppa attenzione solo alla distribuzione macro tra rendita, profitto e salario. Consulente di Blair ha visto l’Unione Europea avvicinarsi ai suoi temi ed ha salutato con entusiasmo l’agenda di Lisbona, nel 2000, mentre non ha potuto ascoltare le iniezioni di fiducia di Angela Merkel, Christine Lagarde e Ursula von der Leyen che rimettono al centro il tema della fiducia, quando parlano delle strategie per pensare alle future generazioni. La presidente Ursula von der Leyen Ursula ha detto, infatti, in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico della Bocconi: “Sono fiduciosa, l’Italia, nella nuova Europa che si sta costruendo, potrà reinventare se stessa; il successo del vostro paese, rafforza l’intera Europa”.  Il Ministro Giuseppe Provenzano, chiamato in causa dal poeta, ricorda a se stesso che in ebraico Giuseppe è Iosèf dal verbo aggiungere, Iosèf  è colui che aggiunge, e lui, non a caso, ha  sposato  la tesi del recente rapporto dello Svimez: trasferire risorse aggiuntive – riparatrici delle politiche del passato – al Mezzogiorno diventa un vantaggio anche per l’ Italia  e l’Europa. Questa è  la tesi della presidente della Commissione e del professor Atkinson,  lui  già nel 1975 tentava di correggere l’indirizzo della politica economica mettendo al centro il tema delle disuguaglianze e della solidarietà.

La tesi principale dell’economista della London School , che riprende i temi dei premi Nobel (Sen, sullo sviluppo delle capacità, Rawls sull’importanza della giustizia e di Deaton sull’inclusione), riguarda la necessità di rifiutare il ruolo accessorio dell’economia del benessere, che è la tesi di Varian, condivisa da tutti coloro che per anni hanno usato il suo testo come base dell’insegnamento. Per Atkinson  il bene di merito principale è l’occupazione connessa all’alto tasso di attività. Pertanto l’equilibrio distributivo, in termini di beni primari – Istruzione, Salute, Giustizia, Ricerca e Sicurezza – è necessario per garantire l’accesso alla dignità ed alla persistenza delle opportunità per il  potenziale umano necessario allo sviluppo delle Macroaree Europee. Egli nel 2015 elogiò gli indicatori che l’Europa metteva in evidenza come riferimento per il futuro. E questa indicazione è ancora oggi un riferimento importante per dare voce ai temi del Recovery Fund.

Fiducia verso l’Europa e connotazione europea delle politiche per il Mezzogiorno sono le caratteristiche del rapporto Svimez di quest’anno; esso propone un modello econometrico di lettura semplice  nel definire il vantaggio del Nord Italia nel perseguire il riequilibrio strutturale. Il programma è chiaro: aiutiamo il Nord a sviluppare il nuovo modello di competitività, ma non dimentichiamo che da oltre 40 anni molti economisti propongono di inserire la coesione e l’inclusione come tema che aiuta la produttività dei sistemi; sistema fiscale progressivo e politica economica devono parlare lo stesso linguaggio; oggi non possiamo non fidarci dell’Europa e del nostro nuovo potenziale protagonismo.

Il bello della proposta – lavorare sulla Fiducia come Infrastruttura principale – implica una profonda riforma dell’essere Stato e Istituzioni dello sviluppo. L’impatto produttivo della infrastruttura fiducia, è che, se è percepita, essa continua a fiorire ed ad evolversi. Se opera la sfiducia, molte risorse escono dal mercato del lavoro e la popolazione attiva diminuisce.

La falsa notizia.

Appare come una falsa notizia anche la diminuzione dell’occupazione; manca così  il presupposto per riconoscere che gli Enea si possono moltiplicare e che la solidarietà e l’apprendimento tra più generazioni è il lievito necessario.

La società che cammina porta sulle spalle gli anziani e tiene per mano i giovani, ma incoraggia anche gli anziani a camminare nuovamente ed i giovani a correre da soli; la fiducia è un bene che aumenta con l’uso e diminuisce con il disuso.

Papa Francesco ci ricorda, insieme a Santa Teresa da Lisieux,  che l’amore per gli altri è forse la risorsa più intelligente perché  aumenta via facendo e cresce praticandola, e , la pandemia che ci avvolge, ha reso evidente il vantaggio dell’uso di questa risorsa, la fiducia è rigenerativa della fiducia.

Allora? Non dobbiamo avere ancora paura di usare questa risorsa; coesione, sussidiarietà e inclusione, che potremmo attribuire agli economisti citati, correggono la visione utilitaristica dell’economia tradizionale.

Nei paesi del Sud ci si fida poco dello Stato e delle istituzioni; un investimento in Istruzione, Salute  Ambiente e  Clima, a forte valenza policentrica, fa riemergere questa possibilità, anzi inverte il senso della sfiducia che oggi riguarda la governance miope, di cui parla il poeta; essa non ha più fiducia nei cittadini residenti e residenti equivalenti, non li vede come potenziale su cui investire. La popolazione finalmente tutta attiva, diventerà  valore aggiunto e presupposto per l’investimento moltiplicativo.

 

 

 

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Pasquale Persico
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