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Lo scenario. Quando gli obblighi elementari sono affidati alla sensibilità dei singoli.
Strategie anti-pandemia, due proposte per la Campania
La sicurezza eccessiva è sbagliata. Un articolo recente di “Lancet” ribadisce ciò che dovremmo sapere: i vaccinati possono contagiare ed essere contagiati, le misure igieniche sono utili, le attenzioni per cibi e bevande sono importanti.

di Alfonso Schiavino

Lo scenario pandemico in cui ci muoviamo presenta tratti surreali. Senza saltare alle logiche conclusioni, notiamo soltanto i due corni di una vistosa divergenza. Le autorità introducono graduate restrizioni e di fatto impongono il vaccino, con la modalità che Thaler definirebbe “paternalismo libertario”, cioè una piccola spinta verso una scelta asseritamente libera. D’altro canto le stesse autorità sembrano “snobbare” qualsiasi attività di controllo sulle elementari norme di prevenzione, in particolare la mascherina e il distanziamento. In sostanza gli obblighi elementari sono affidati alla sensibilità dei singoli.

Le cose vanno così in Italia dalla fine del lockdown, ma lo spettacolo è diventato più interessante la scorsa estate, per un motivo che vedremo. Diciamo subito che Salerno e la Campania, dove resistono notevoli sacche di plebeismo, offrono uno spaccato ulteriormente sorprendente. Facciamo due esempi contrapposti. Le farmacie presentano un paesaggio quasi svedese, almeno per l’uso totale della mascherina. I bar sono l’esatto contrario: un’osservazione empirica suggerisce che l’80% dei titolari e degli avventori snobba spavaldamente qualsiasi cautela. Eppure nei luoghi basilari della socialità le persone si soffermano, pontificano e spesso gridano (“Giuà, t’ei pigliato ‘o ccafé?”), spargendo Dna su oggetti, tavoli e croissant.

Questa situazione si è palesata la scorsa estate, quando la campagna di vaccinazione è diventata consistente. Allora è accaduto il prevedibile: molte persone, incorporato il siero, si sono sentite al sicuro da tutto. Così nei locali pubblici e in molti negozi (fruttivendoli, qualche panetteria e altrove) la capienza massima è stata dimenticata, la mascherina è diventata volontaria, il lavaggio delle mani un gesto da fissati. La situazione è “migliorata” un poco negli ultimi giorni, per effetto delle temperature fresche o degli allarmi worldwide.

La sicurezza eccessiva è sbagliata. Un articolo recente di “Lancet” ribadisce ciò che dovremmo sapere: i vaccinati possono contagiare ed essere contagiati, le misure igieniche sono utili, le attenzioni per cibi e bevande sono importanti. Qualche inchiesta giornalistica, inoltre, ha rivelato che le aziende produttrici dei vaccini hanno interrotto mesi fa i test sui volontari, quindi ignoriamo il grado di efficacia e copertura a progressive distanze di tempo.

Sulla scorta di queste considerazioni, vogliamo dare due suggerimenti non richiesti.

Per cominciare, la Regione potrebbe ordinare ai Comuni di attivare controlli negli esercizi commerciali. Gli agenti municipali dovrebbero cortesemente verificare i comportamenti, sanzionando in qualche modo i titolari che non rispettano o non fanno rispettare le regole. Un paio di azioni concrete farebbero ragionare tutti gli altri. Imporre la mascherina all’aperto (come vuole la Regione) ha senso comunicativo, mentre è dubbio il valore sanitario. Le ricerche internazionali e la logica intuitiva concordano sulla improbabilità dei contagi outdoor. Al chiuso i rischi sono alti, quindi lì bisogna prevenire. La Campania potrebbe distinguersi una volta tanto.

Stesso discorso per la campagna vaccinale. Troppo frettolosamente abbiamo etichettato “no vax” un fenomeno composto da varie sensibilità. Una parte del bacino potrebbe essere assorbito se i vaccini fossero praticati nelle farmacie o negli studi medici familiari, anziché quasi esclusivamente nei tetri “poli”. Che dite? La Regione può sperimentare una modalità che ha fatto la fortuna del Regno Unito?

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