GLOCAL di Ernesto Pappalardo »
Mentre si tenta di modulare sempre meglio il meccanismo di controllo della spesa e di attivazione di un percorso di risparmio in qualche modo controllato e in linea con l’evoluzione di uno scenario nel quale – prima di tutto le famiglie – si è sottoposti a una “dieta” senza limiti di tempo, l’inflazione si consolida e continua a devastare non solo la soglia di vivibilità delle reti commerciali, ma, naturalmente, il profilo di resistenza attiva di tutti i nuclei di persone alle prese con questa nuova fase di ripartenza post-pandemica. Le famiglie italiane prediligono più visite ai negozi con carrelli più leggeri sia per acquistare solo l’indispensabile, sia per ridurre gli sprechi: infatti il consumatore ha aumentato del +3,7% la frequenza di acquisto e ridotto del 7,4% il numero di prodotti nel carrello. Come pure: “l’inflazione porta gli italiani ad accumulare meno rispetto ai precedenti anni e ad essere più attenti agli sprechi, più per una questione economica che ambientale. Anche la frequenza d’acquisto cambia: si spende di più, si acquista più spesso ma con meno prodotti nel carrello”, (dati dell’ultimo rapporto sui consumi e le abitudini delle famiglie italiane di NielsenIQ presentati a Linkontro 2023).
Se questo appena descritto è il contesto nel quale si è costretti a muoversi – e a sperimentare forme di risparmio costante, sebbene limitate – è evidente che tutto il resto che pure si muove nell’ombelico-Italia, assume forme dai contorni sfumati, anche sconosciute, sebbene quasi sempre allineate ad antichi contesti politico-partitici che non hanno nessuna intenzione di mollare di un centimetro la gestione del potere. Vanno bene, quindi, i contrasti, le dialettiche, le belligeranze nell’ordine dello “scontro” di facciata, ma (per fortuna) senza neanche una chiara identificazione ideologica, che non c’è più – non esiste più – se non in rievocazioni nostalgiche che non hanno alcuna forma di aggregazione storica vera e propria.
E’, quindi, abbastanza evidente che si ragiona e ci si scontra solo sui motivi più attinenti a quella che è diventata la più consistente chiave di lettura del principale agglomerato di interessi socio-culturali non solo del Paese-Italia, ma di tutto l’universo mondo nel quale ci si muove e ci si colloca: il profilo economico prevalente e dirompente. Anche perché degli altri profili, a cominciare da quello politico, nessuno ha nostalgia. Basta dare uno sguardo ai numeri reali di chi ancora ritiene giusto e (effettivamente) rappresentativo prendere parte al rito delle elezioni. Cresce in maniera costante il distacco da ogni forma di identificazione del cittadino con i partiti, che, imperterriti, associano a se stessi il potenziale di rappresentanza che, ormai, è da tempo in forma di progressiva riduzione.
Soluzioni in vista? Nessuna, è questa la vera emergenza democratica che non è proprio all’ordine del giorno di tanti micro-despoti aggrappati sempre più a un’auto-rappresentazione, senza speranza alcuna di guardare al futuro con un minimo di credibilità. E’, forse, l’inizio del tramonto di un potere troppo antico e il nascere di una nuova epoca. Ma siamo sicuri che sarà, questa nuova epoca, migliore della precedente?
Ernesto Pappalardo

Cambiano le scale dei valori