I numeri dell'economia »
di Diletta Turco
C’erano una volta gli uffici, fatti di scrivanie, di telefoni che squillano contemporaneamente, di voci che si sovrappongono, di appuntamenti da segnare nell’agenda collettiva. C’erano una volta persino le sale riunioni, dove tutti seduti intorno al tavolo – di solito ovale – si prendevano decisioni o si discuteva dei problemi delle aziende. La pandemia da Coronavirus ha ridotto all’osso questa “vita di azienda”, rendendo l’organizzazione di impresa uno degli aspetti immateriali della quotidianità lavorativa. Ci si confronta sulle piattaforme, si accede ai pc in ufficio con dei collegamenti, le riunioni si fanno on line. Il lavoro, insomma, è diventato “remoto”. Nel senso della connessione, s’intende. A quantificare lo stravolgimento del modo di lavorare è il rapporto annuale condotto da ministero del Lavoro, Anpal, Inps, Inail e Istat. «Il lavoro da casa, che nel 2019 coinvolgeva meno del 5% del totale degli occupati – si legge nel testo – nel secondo trimestre 2020 ha interessato il 19,4% dei lavoratori, per un totale di oltre 4 milioni di occupati. La digitalizzazione e il distanziamento sociale hanno concorso a produrre una nuova segmentazione nel mercato del lavoro tra chi può lavorare da casa e chi, per la natura della prestazione, è strettamente legato al luogo di lavoro; ciò richiederà opportune regolazioni e nuovi criteri organizzativi, in grado di gestire istanze aziendali, individuali e familiari».
Il fatto, cioè, di poter svolgere da casa la propria mansione è diventato un plus. Ma, esattamente, chi rientra in questa categoria? Il rapporto sul lavoro analizza anche questo aspetto. Sono circa 8 milioni i lavoratori che svolgono attività remotate o remotabili (mi si perdonino i neologismi). E che vanno dall’amministrazione delle aziende di ogni settore fino ai servizi alle imprese e addirittura al commercio. Dall’altro lato, invece, ci sono più di 14 milioni di italiani i cui posti di lavoro sono strettamente e necessariamente in presenza.
Lo smart working quasi forzoso è avvenuto nel bimestre marzo-aprile dello scorso anno (il 47% dei lavoratori era a casa), percentuale scesa al 27% nel bimestre successivo. A distanza di un anno, e cioè da gennaio a marzo di quest’anno le previsioni parlano di una risalita al 33%.
Il futuro è iniziato