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GLOCAL di Ernesto Pappalardo »

La partita è, ormai, avviata a non essere giocata, perché nessuno scende in campo, i grandi numeri rimangono affacciati. Fanno finta di pensare.
Si resta in famiglia a guardare il gioco della politica
Maggioranza e minoranza, i partiti hanno perso, ma nessuno ha voglia di riconquistare il consenso esteso. A chi conviene davvero?

La politica italiana, in fin dei conti, non poteva che scegliere di chiudere l’anno ribadendo che, al di là di chi vince e di chi perde (in vista delle elezioni regionali che prima o poi si faranno, per esempio), i fronti ci sono e sono già schierati. Destra e sinistra, con una venatura di centrismo (sia a destra che a sinistra) che non convince più nessuno, ma, intanto, c’è ed è felice di mostrarsi ovviamente vincente. Sì, perché i partiti si mostrano solo felici e, naturalmente, vincenti. Anche se hanno appena perso o non hanno vinto (e non è poco), e tutto questo ci fa comprendere bene che cosa sia diventata la politica che deve inventarsi come giustificare la crescente astensione che ha di fatto preso le distanze da un mondo nel quale è davvero difficile riconoscersi e dove si va avanti a colpi di slogan e di frasi fatte anche di fronte ad eventi che meriterebbero un po’ più di considerazione. C’è un aggettivo che abbiamo usato all’inizio – italiana, la politica italiana – per identificare l’ambito geografico, ma il dubbio è che si registri una consistente estensione dell’atteggiamento generale. A vedere bene è “solo” il problema più rilevante di un malessere così generale da sconfinare nell’acquisizione di uno stato di fatto: la politica pare diventata un’opzione polivalente, in grado, cioè, di attivare benefici per quanti attivano relazioni con le entità partitiche che in essa si riconoscono. Ma è il resto della società che ha preso le distanze, che guarda più lontano (o più vicino), che tende a non stare da nessuna parte. A stare con se stessa, a non predicare magari ai propri figli di scegliere politicamente dove posizionarsi, a non dovere, invece, qualcosa a qualcuno, a scegliere, cioè, di vivere con libertà ( e con astensione) di non schierarsi, di non fare scelte che molto probabilmente non sono in grado di portare a niente. Forse è questa la delusione finale, che nasce dalla constatazione di quanto è stata cocente la partita persa non da tanto dai figli (dai diciottenni-ventenni, fino ai  venticinquenni, al di sotto dei trentenni) ma sicuramente dai padri, che finalmente hanno capito quanto non hanno proprio capito. I partiti non esistono più, esistono, però, i leader che li rappresentano, che guidano il profilo prioritariamente mediatico di forze politiche – sì, politiche – che vanno per la loro strada. Ma sono – sembrano – così lontane dalle masse che dicono di rappresentare. A pensaci bene, è cambiata la politica, sono così cambiati i partiti, sono apparsi da tempo i leader, gli uomini e le donne che guidano le forze politiche, che parlano per televisione, utilizzano i social, i giornali e tutto quello che serve per vincere. Sì, vincere. La parola esatta è proprio questa qui. Non esistono più altre opzioni: si può solo vincere. Tutto il resto che rimane fa parte di un’altra storia. Di un’altra partita che, poi, si giocherà. Anche con la politica, che, intanto, sembra avere perso.

Ernesto Pappalardo

direttore@salernoeconomy.it

Foto Glocal-politica
La politica? Va avanti lo stesso
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