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GLOCAL di Ernesto Pappalardo »

Dati sconfortanti nel rapporto della Banca d’Italia dedicato alle economie regionali
Sempre più (s)profondo Sud (tra le eterne campagne elettorali)

Il significato più autentico della crisi profonda e strutturale che continua ad attraversare i territori del Sud è stato ottimamente sintetizzato dalla Banca d’Italia nella nota introduttiva al rapporto sulle economie regionali diffuso lunedì scorso. Nella sequenza delle “differenze” tra il Centro-Nord ed il Mezzogiorno si coglie in maniera chiara come, di fatto, siamo in presenza di due “mondi” che si scrutano e si guardano con evidente senso di estraneità. Se iniziamo dal Pil, Bankitalia scrive: “la flessione registrata nel 2013 ha interessato tutte le aree del Paese, ma in modo decisamente eterogeneo le ripartizioni. È stata più ampia, e si è accentuata rispetto all’anno precedente, nel Mezzogiorno (-4,0 per cento; era stata di -2,9 nel 2012); si è attenuato il calo al Centro (-1,8 dal -2,5 dell’anno prima), nel Nord Est (-1,5 dal -2,5 del 2012) e soprattutto nel Nord Ovest (-0,6 dal -2,3 dell’anno precedente)”. Se, poi, prendiamo in considerazione le analisi previsionali: “per il 2014 emergono segnali, moderati, di ripresa, che sono però ancora differenziati tra le diverse aree. In base agli indicatori disponibili, il riavvio dell’attività delle regioni centro-settentrionali non si è ancora esteso a quelle meridionali, riflettendo anche la loro minore apertura agli scambi internazionali”. E se parliamo del tenore di vita: “la flessione dei consumi e degli investimenti, comune a tutte le aree, è stata più accentuata nel Meridione”. Secondo i dati Prometeia – ripresi da Bankitalia – “fra il 2011 e il 2013 i consumi e gli investimenti si sono ridotti nel complesso del 7,6 per cento nel Mezzogiorno e del 6,5 nel Centro Nord”. Se, continuando in questo viaggio nelle due Italie, volgiamo lo sguardo sull’industria in senso stretto: “il valore aggiunto ha fatto registrare una flessione in tutte le aree, più intensa nel Mezzogiorno e al Centro”. Se focalizziamo l’attenzione sull’edilizia, il comparto più colpito (o meglio: quasi affondato dalla grande crisi): “nelle costruzioni la diminuzione del valore aggiunto è stata più accentuata nelle regioni meridionali rispetto al resto del Paese” e “nei servizi il valore aggiunto si è contratto in tutte le ripartizioni, con un calo significativo nel Meridione”. Naturalmente non può mancare la piaga del lavoro: “il tasso di disoccupazione ha raggiunto nel 2013 il 19,7 per cento nel Meridione e il 9,1 al Centro Nord; per i giovani fino a 29 anni è rispettivamente pari al 43 e al 23 per cento”.
Ma ci sono ancora altri indicatori che evidenziano come le traiettorie tra Centro-Nord e Sud siano, purtroppo, avviate su binari da tempo non più convergenti. In base ai dati Istat “tra il 2007, anno precedente l’inizio della crisi economica, e il 2013 il rapporto tra il Pil pro capite del Mezzogiorno e quello del Centro Nord è passato dal 57,5 al 55,6 per cento”. L’aumento del divario “è attribuibile alla dinamica del Pil, calato del 7,1 per cento nel Centro Nord e del 13,5 nel Mezzogiorno”, (13,5% nel Mezzogiorno, per intenderci).
Differenziazioni, insomma, che scavano trincee difficili da rimuovere, anche in considerazione dei mali strutturali di cui soffre il Sud in termini di capacità operativa e gestionale della macchina amministrativa da un lato; e di inconcludenza realizzativa (per non dire peggio) della propria rappresentanza politico-istituzionale.
Eppure, questo è il quadro reale con il quale bisogna confrontarsi. Non dovrebbe esserci più spazio per “racconti” diversi, per speculazioni politico-mediatiche, per tentennamenti tattici in attesa delle sempre in agguato scadenze elettorali di ogni genere e tipo. Sarebbe necessario ricorrere ad una terapia d’urto che tenga conto delle condizioni del malato che è molto grave. E, invece, a tutti pare abbastanza evidente che tra l’annuncio di non sempre coerenti provvedimenti e la loro effettiva realizzazione passano mesi, se non anni. Insomma, mentre i medici fingono di studiare, l’economia delle regioni meridionali continua a perdere colpi e ad allontanarsi dal resto dell’Italia e dell’Europa. Ci sarebbe da rimboccarsi le maniche in silenzio. Da parte di tutti, senza esclusione di nessuno. Ma, a quanto pare, il gioco del momento è la già ben avviata campagna elettorale per le regionali del 2015.
Auguri a tutti i contendenti. Si siederanno su un consistente cumulo di macerie, ma per loro, pare, questo è un dettaglio secondario.
ERNESTO PAPPALARDO
direttore@salernoeconomy.it

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