(Er.Pa.) – L’attesa della festività di San Matteo si trasforma, come di consueto, in un lento (e anche distratto) itinerario che, poi, sfocia, nel momento della festa vero e proprio, e trascura il parolaio antecedente così ricco di immaginazione, fantasia, capacità di disegnare mille cose, aprendo la mente – di quei davvero pochi che sono rimasti ad ascoltare – addirittura a un futuro migliore (si potrebbe quasi dire).  E’ tipico di queste giornate, quindi, assistere alle prese di posizione di forze politiche (?), esponenti di diversi schieramenti (che esistono e sono ancora davvero radicati in quella che un tempo era bello indicare con una terminologia che conteneva una programma politico: società civile), semplici cittadini che pure si riconoscono in una sigla, e che, in fondo, testimoniano che siamo una comunità viva e vegeta (così ci spiegano con insistenza).

Il salernitano ci appare, in fondo, sempre più smarrito, attratto (veramente) solo dal suo mondo molto personale, distante, forse davvero lontano, da ogni cosa non strettamente riconducibile all’universo politico che, pure, faticosamente frequenta. Ha tanti problemi che deve affrontare: il lavoro, i soldi, le mille scadenze da rispettare per vivere decentemente. Vuoi che si metta seriamente in mezzo alla politica, se questa non coincide con una potenziale e quotidiana risoluzione delle sue vitali angustie? E vuoi che non risponda affermativamente a tutte le proposte politiche – di destra, centro e sinistra – che, forse, non ascolta neanche più, ma che costituiscono la premessa fondante per sopravvivere?

Sono queste le reali riflessioni che affollano la mente di quasi tutti, andando verso San Matteo, che anche quest’anno ascolterà preghiere e invocazioni dei salernitani: loro hanno già capito che il 21 settembre conviene puntare più su una buona e gustosa milza, che su tanto altro.