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Salerno Economy XII.24 – 30.06.2023

Si tende sempre ad assecondare posizioni diverse, ma ad isolare, sostanzialmente, Paesi in cerca di sponde aggreganti che, invece, non si verificano (nella sostanza).

Grande confusione, nebulosità sempre imperante

Sì, va tutto bene, dicono in tanti, ma affiora, sempre, la reale valutazione con la quale fare i conti: troppo alto il nostro livello di debiti, un segnale forte del disagio con il quale occorre fare convivere soggetti diversi e, comunque, sempre pronti ad alzare il dito, quando non serve.
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Distacco, perplessità, fuga nei propri interessi.
C’è molta confusione in giro, tra il sovrapporsi di numeri e cifre che si rincorrono nelle scalette di chi deve provare a contrapporre il racconto di un’economia che funziona (quasi bene) e quanti, invece, si soffermano sul costo effettivo della vita dal punto di vista di chi non ha alcuna risorsa realmente disponibile. C’è confusione, quindi, perché le tesi sono diametralmente opposte e scansionano due realtà distanti, mondi, cioè, proprio diversi, con abbondanza di particolari che si riversano sulla quotidianità di famiglie e persone che, mentre inseguono ragionevolmente una linea di benessere (anche appena sedimentato), si trovano - dall’altro lato - a fare i conti con quadri d’insieme ben precisi: aumenta la spesa, per esempio, in termini di soldi investiti al bancone del supermercato, ma si restringono le buste delle cose realmente acquistate. Semplice da spiegare: la spesa (alimentare) costa di più, ma il quantitativo è realmente inferiore a prima. Eppure, basta dare uno sguardo in giro per comprendere che la preoccupazione resta nelle facce delle persone che, pure, provano, più o meno velocemente, a ritornare ad un passato recente (2019). Prima di esprimere, però, la riaffermazione di un progressivo e lento stato di degrado, permane la preoccupazione rispetto a un complesso di cose basato su una linea di indebitamento pubblico sempre troppo alta, che disegna intorno all’Italia e agli italiani un contesto di perplessità che è più alto del previsto e che lascia permanere un dubbio di fondo, pronto a prendere il sopravvento, come tante volte è accaduto negli ultimi mesi.
Sì, va tutto bene, dicono in tanti - a cominciare dagli alleati europei e americani - ma, poi, affiora, sempre, la reale valutazione con la quale fare i conti: troppo alto il livello di debiti, un segnale forte del disagio con il quale occorre fare convivere soggetti diversi e, comunque, sempre pronti ad alzare il dito, quando serve.
(continua)
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Il 17 ottobre del 1516, a poco meno di dieci anni, sposò Isabella Villamarino (o Villamarina), figlia del suo tutore Bernardo.

Ferrante Sanseverino e la “rinascita” dello Studium generale (1)

La politica, la società e la cultura nel principato di Salerno, nella prima metà del Cinquecento, furono profondamente influenzate dalle scelte fatte e dai provvedimenti adottati da personaggi come il vicerè del Regno di Napoli Pedro Álvarez de Toledo ed il Priore del Collegio Medico salernitano Paolo Grisignano.
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Palazzo dei Sanseverino visto dalla strada Gradoni Madonna Della Lama - Salerno (Foto Giuseppe Ferrantino)
di Giuseppe Ferrantino

Sul ruolo svolto dal principe Ferrante Sanseverino nella rinascita dello Studium di Salerno, nella prima metà del Cinquecento, sono stati dati giudizi non sempre concordi.
Paolo Grisignano, Priore del Collegio Medico al tempo di Ferrante Sanseverino, nell’Esposizione degli Aphorismi di Ippocrate evidenziò che il principe “aveva fatto rinascere lo Studium sostenendolo con successo.” (2) Salvatore De Renzi scrisse che i principi Sanseverino “rivolsero tutte le loro cure a richiamare in onoranza la Scuola, raccogliendo gli uomini più distinti del Regno” (3). Paul Oskar Kristeller parlò di una chiara reviviscenza della Scuola di Salerno nel XVI secolo e che questa reviviscenza era comunemente attribuita all’attivo interessamento di Ferrante Sanseverino, (4) mentre, Leopoldo Cassese diede un giudizio severo ritenendo che è “Da accogliere eventualmente con molte riserve ed opportuna cautela, l’affermazione che nel ‘500 si verificò una reviviscenza dell’attività scientifica dello Studio salernitano, per la ragione che la presenza di una o più persone in fama di rappresentanti di alta cultura, non riuscì a creare una corrente nuova ed innovatrice di pensiero” (5). Donato Dente ritiene che gli studiosi presenti nello Studio di Salerno nella prima metà del Cinquecento incisero in maniera limitata sulla società e sull’ambiente di corte, in quanto gli effetti, della cultura di cui erano portatori, “potevano essere avvertiti solo da poche persone” e sottolinea che la cultura prodotta dagli interessi dei Sanseverino “ritornò, per un certo periodo a rinnovare e ricambiare i motivi filosofici e giuridici, scientifici ed eruditi nello Studio” (6). Aurelio Musi, qualche anno dopo, ha scritto “La fase sanseverinesca appare come una breve congiuntura felice destinata a non invertire una tendenza alla dequalificazione degli organismi culturali della città.” (7) Di diverso avviso è Vittoria Bonani la quale ritiene che l’arrivo a Salerno di lettori, oggi diremmo docenti, di grande spessore culturale, oltre a determinare una profonda trasformazione dello Studium cui corrispose una rinascita culturale che interessò in particolare i medici, lasciò un segno duraturo del loro magistero, che non si limitò allo Studio e alla Corte, anche se in alcuni casi rimasero a Salerno solo pochi anni (8).
(continua)
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La notizia emerge dall’analisi Coldiretti/Notosondaggi divulgata in occasione del Summer Fancy Food 2023.

L’82% degli italiani “sostiene la tutela della cucina nazionale”

Leader mondiale che può “contare sull’agricoltura più green d’Europa con 5.547 specialità ottenute secondo regole tradizionali protratte nel tempo per almeno 25 anni”.
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Un piatto tipico
“Ben l’82% degli italiani che esprimono una opinione ritengono contribuirà positivamente alla difesa e alla valorizzazione dell’agricoltura italiana la candidatura della pratica della cucina italiana per l’iscrizione nella lista rappresentativa dei patrimoni culturali immateriali dell’umanità dell’Unesco decisa dal Governo su proposta dei ministri dell’Agricoltura e Sovranità alimentare Francesco Lollobrigida e della Cultura Gennaro Sangiuliano”. E’ questa la notizia che emerge dall’analisi Coldiretti/Notosondaggi divulgata nel contesto del Summer Fancy Food 2023 da domenica 25 a martedì 27 giugno al Javits Center level 3 (New York). Messe a confronto “per la prima volta le autentiche specialità nazionali con le brutte copie di imitazione mentre i cuochi contadini hanno dimostrato la differenza tra i veri piatti della tradizione gastronomica tricolore e quelli storpiati all’estero con ricette improponibili”.
La cucina italiana “è diventata leader mondiale - specifica la Coldiretti - potendo contare sull’agricoltura più green d’Europa di 5.547 specialità ottenute secondo regole tradizionali protratte nel tempo per almeno 25 anni censite dalle Regioni; 319 specialità Dop/Igp riconosciute a livello comunitario e 415 vini Doc/Docg, la leadership nel biologico con circa 86mila aziende agricole biologiche, 25mila agriturismi che conservano da generazioni i segreti della cucina contadina, 10mila agricoltori nel circuito della vendita diretta con Campagna Amica e numerose iniziative di valorizzazione, dalle sagre alle strade del vino”.
(Fonte: coldiretti.it/25.06.2023)
(continua)
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Il mare occupa il primo posto nella graduatoria. A seguire: città d’arte, piccoli borghi e montagna.

“L’estate è arrivata: 30 milioni con la valigia pronta”

Osservatorio Turismo Confcommercio-Swg: 63 milioni di partenze tra giugno e settembre, volume d’affari di 45 miliardi di euro. Gli intervistati dichiarano mediamente “di mettere a disposizione, per le vacanze tra giugno e settembre, un budget di circa 1.130 euro ciascuno, il 10% in più dello scorso anno: 920 euro per le partenze in agosto, 560 a giugno e 700 per quelle tanto di luglio quanto di settembre”.
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Il mare, la principale preferenza
“L’estate è ufficialmente esplosa e sono quasi 30 milioni gli italiani di età compresa tra 18 e 74 anni pronti a partire tra giugno e settembre per uno o più viaggi, in Italia o all’estero, per un totale di quasi 63 milioni di partenze con un volume d’affari nell’ordine di 45 miliardi di euro”. Sono questi i dati principali dell’Osservatorio Turismo di Confcommercio sulle vacanze degli italiani realizzato in collaborazione con SWG. “Il mare come sempre occupa il primo posto della graduatoria con il 24% delle preferenze. Seguono le città d’arte scelte dal 15% del campione, i piccoli borghi dal 9% e la montagna dall’11%. Riprende quota la domanda turistica verso l’estero. Se nel 2022, 3 italiani su 4 sceglievano esclusivamente mete nazionali, tale quota scende, quest’anno, a circa il 56%, mentre salgono dal 25% al 43% coloro che faranno vacanze sia in Italia che all’estero. Raddoppiano, in particolare, sul 2022, con riferimento ai viaggi di 7 giorni o più, coloro che sceglieranno una meta fuori Europa, con la ricomparsa di destinazioni particolarmente care agli italiani prima del Covid, come Mar Rosso e Stati Uniti. A dominare le scelte di vacanze oltralpe restano, però, comunque le vicine Francia, Austria e Slovenia, oltre a Spagna, Grecia e Regno Unito. Si aggiunge quest’anno il Portogallo, grazie anche all’effetto mediatico e di attrazione delle giornate mondiali della gioventù di inizio agosto”.
“Più della metà dei vacanzieri italiani scelgono le strutture ricettive per i soggiorni più lunghi, optando per un albergo in 4 casi su 10, mentre, per gli short break, lo fanno addirittura 2 su 3, optando però, in questo caso, per B&B e alberghi in pari misura. Campeggi, resort e villaggi vacanza totalizzano complessivamente una media del 20% delle preferenze mentre gli altri soggiorneranno in agriturismi e, soprattutto, in seconde case o da amici e parenti”.
(Fonte: confcommercio.it/23.06.2023)
(continua)
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