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Salerno Economy XII.07 – 03.03.2023

Ma siamo proprio sicuri che senza informazione, senza racconti, senza realtà “riproposta” e “servita” dinanzi a noi, non possiamo sopravvivere?

Assediati e vinti dall’assalto delle “notizie”

La continua “riformulazione” mediatica dello stato delle cose finisce prima di tutto per cucire addosso a una larghissima parte di noi il “vestito” che abitualmente sfoggiamo senza averne alcuna consapevolezza.
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Corsa contro il tempo
La sequenza degli eventi più recenti, ma anche quella riferita a fatti più relativamente lontani, continua a presentarsi sempre, in qualche modo, agganciata ad un ventaglio di emergenze che, di volta in volta, si presentano, in ogni caso, connesse ad un aggettivo che ne richiama la gravità. In altre parole, la narrazione di tutto quello che accade si è ormai liberata, quasi del tutto, di un contesto di normalità. Il racconto della quotidianità è principalmente collegato, quindi, alla straordinarietà di quanto si ritiene particolarmente importante - cioè in grado di produrre effetti che determinano conseguenze rilevanti per il circuito informativo (o anche narrativo), che deve censire e proporre alla valutazione (o svalutazione) generale - e, quindi, va “inquadrato”, o meglio: prima di tutto giudicato e, poi, proposto. Siamo chiusi in questo meccanismo, ormai, da tempo immemore, ma particolarmente più intenso e continuamente al rialzo da qualche anno a questa parte. La mediaticità delle notizie definite di cronaca o anche di stretta attualità - in grado di riflettersi fino a generare un enorme macchia d’olio senza più alcun tipo di confine - è particolarmente acuta, fino a sminuire altre tipologie di eventi che, pure, accadono e avrebbero bisogno di essere raccontate, spiegate, relazionate agli altri, che ascoltano, vedono e, forse (ma in misura minore), leggono.
La guerra, i fatti che ricadono in azioni che violano la legge, aggrediscono in maniera sempre più ampia e sviluppata altre persone, gli “eventi” diventano oggetto di veri e propri “attacchi” al profilo economico delle famiglie, oppure ogni descrizione dei rischi sanitari, sono, in fondo, i veri protagonisti del mondo che travalica le forme di normalità della vita di uomini e donne in questi anni così particolari.
(continua)
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L’analisi dell’Ufficio Studi di Confcommercio sulla demografia delle attività nelle aree urbane.

In dieci anni “spariti” 100.000 negozi nelle città

“Aumentano solo alloggio e ristorazione. Sempre più le imprese gestite da stranieri. Nei centri storici calano gli esercizi tradizionali e crescono i servizi”.

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Economia di crisi
“C’era una volta il commercio: questo in estrema sintesi il quadro che emerge dall’analisi dell’Ufficio Studi Confcommercio sulla demografia d’impresa nelle città italiane”, in collaborazione con il Centro Studi delle Camere di Commercio Guglielmo Tagliacarne. “Negli ultimi 10 anni sono sparite quasi centomila attività di commercio al dettaglio e oltre quindicimila imprese di commercio ambulante. Crescono gli alberghi e i ristoranti ma senza riuscire a compensare le riduzioni del commercio”. Nel complesso, “la doppia crisi pandemica ed energetica - sottolinea il direttore dell’Ufficio Studi di Confcommercio Mariano Bella - sembra avere enfatizzato i trend di riduzione della densità commerciale già presenti prima di tali shock. L’entità del fenomeno non può che destare preoccupazione”.
L’Italia nel complesso
“Tra il 2012 e il 2022 sono sparite, complessivamente, oltre 99mila attività di commercio al dettaglio e 16mila imprese di commercio ambulante; in crescita alberghi, bar e ristoranti (+10.275); nello stesso periodo, cresce la presenza straniera nel commercio, sia come numero di imprese (+44mila), sia come occupati (+107mila) e si riducono le attività e gli occupati italiani (rispettivamente -138mila e -148mila)”.
Le città.
Se si concentra l’analisi sulle 120 città medio-grandi, “la riduzione di attività commerciali e la crescita dell’offerta turistica risultano più accentuate nei centri storici rispetto al resto del comune, con il Sud caratterizzato da una maggiore vivacità commerciale rispetto al Centro-Nord”.
(Fonte: confcommercio.it/24.02.2023)
(continua)
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Il ritardo e le azioni messe in campo rispetto alle opportunità del Pnrr rivelano l’impreparazione sempre più diffusa.

La classe dirigente che non c’è, l’Italia che non c’è …

Permane il forte ritardo nel capire quali nuove libertà devono essere affidate all’impresa privata ed a quella pubblica per concorrere allo sviluppo. Quando il “saper fare” sarà in linea con gli interessi delle comunità aperte che abitano i territori?
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Pasquale Persico
di Pasquale Persico

La nuova segretaria del Pd rilancia i temi della partecipazione e inverte la tendenza all’exit segnalata dalla perdita di votanti o di partecipanti ai processi politici. Ecco un segno di speranza per il risveglio anche di altri partiti. Come già sottolineato in altri momenti, l’emersione di una politica economica europea di riferimento e di una politica industriale europea dovrà essere al centro della riflessione da fare; non si tratta di avere come obiettivo il risultato politico del voto alle Europee del 2024 ma di andare in fondo alla riflessione sulle cose da fare e sulle soggettività istituzionali e sociali da tenere come punti di riferimento. Il punto centrale della proposta emersa nei discorsi di candidatura di Elly Schlein - che ha, giustamente, voluto essere femminista, cioè orientata ad avere una visione plurale e innovativa sui temi della mente dell’umanità - ha riguardato il dovere di ripensare alla esistenza-essenza del vivere nella contemporaneità. La centralità del grado di conoscenza ecologica è nuovamente al centro del che cosa fare, fino a considerare la necessità di una indipendenza energetica connessa alle regioni ecologiche ed al loro potenziale.
Il discorso generale, però, non si è troppo mosso dalla retorica di un socialismo omnicomprensivo, la disuguaglianza al centro della riflessione, la risalita del salario minimo come punto irrinunciabile e la lotta al capitale speculativo e finanziario.
(continua)
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“Domanda trainata dalla nuova passione per i superfood, vanta importanti proprietà salutistiche”.

Pistacchio ingrediente preferito del 2022, +27%

Coldiretti: “Giro d’affari annuale di oltre 175 milioni di euro, in aumento dell’11% rispetto ai dodici mesi precedenti”.
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Superfood
“Il pistacchio diventa l’ingrediente preferito degli italiani con la sua presenza specificata sugli scaffali nelle etichette di ben 512 prodotti tra creme spalmabili, dolci, cioccolato e gelati, fino ai sughi pronti, con un’offerta in crescita del 27% nel 2022”. La notizia emerge da un’analisi della Coldiretti - su dati dell’Osservatorio Immagino - diffusa in occasione della Giornata mondiale del Pistacchio (26 febbraio). Si fa riferimento ad “un giro d’affari annuale di oltre 175 milioni di euro per il pistacchio venduto al naturale o come componente dei più diversi prodotti, in aumento nel 2022 dell’11% rispetto all’anno precedente”.
Si tratta di una “domanda trainata dalla nuova passione degli italiani per i superfood, con il pistacchio che vanta importanti proprietà salutistiche - specifica la Coldiretti - poiché contiene elevate quantità di ferro e rame, che aiutano a prevenire l’anemia, ma abbassa anche il colesterolo attivo grazie al contenuto di fitosteroli, protegge la pelle e la vista e mantiene in salute il sistema nervoso, oltre ad avere effetti afrodisiaci”. L’incremento della richiesta "ha portato, però, con sé un aumento anche delle importazioni dall’estero che rispetto a dieci anni fa sono più che raddoppiate, passando da 10 milioni di chili ai 23 milioni arrivati nel nostro Paese nel 2022, (analisi Coldiretti su dati Istat)". Va detto che “un terzo proviene dagli Stati Uniti, che sono anche il primo produttore mondiale e che nell’ultimo anno hanno scalzato l’Iran in cima alla classifica dei principali fornitori dell’Italia, dove al terzo posto si piazza la Turchia”.
(Fonte: coldiretti.it/26.02.2023)
(continua)
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