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Salerno Economy XI.39 – 04.11.2022

Da un lato i vincitori, spinti da una forza estremamente radicata ed estesa, dall’altro i vinti che non sono stati capaci di dare senso compiuto a un’alleanza.

Il tempo “utile”? Non è ancora un vero interesse della politica

Si avverte il ritardo strutturale dei partiti: lenti, alle prese con una serie di contrasti (dentro le forze di maggioranza, di opposizione, in costruzione, in distruzione eccetera) che rappresentano l’elemento di continuità con le “vecchie” generazioni.
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Consensi (e dissensi)
Le sequenze della politica appaiono sempre animate da una strategia di fondo che punta alla costruzione del consenso, al rafforzamento delle ragioni che si sono sostenute nel tempo, fino a delineare il raggiungimento di obiettivi vincenti. Nelle ultime fasi dello scontro tra partiti - alla vigilia delle recenti elezioni - ha preso forma con chiarezza il quadro delle forze in campo, composto da quelli che puntavano - sicuri - a meglio descrivere e determinare una situazione che richiedeva il cambiamento e da quelli che, invece, sembravano più complicatamente alla ricerca di una continuità dominante che, invece, non convinceva pienamente nessuno. Da un lato i vincitori, spinti da una forza estremamente radicata ed estesa, dall’altro i vinti che non erano stati capaci di dare il senso compiuto di un’alleanza, che avrebbe, poi, dovuto costruire un percorso pienamente condiviso. In troppi - contro la destra/centro - affacciati alla ricerca di un ampio consenso, invece, già eroso e suddiviso in tanti mattoncini senza più un legame comune. Basta dare uno sguardo ai sondaggi più recentemente diffusi per comprendere come non ci sia più una forza dominante - in quello che è stato il centrosinistra di governo negli ultimi anni - ma, in realtà, almeno due piattaforme (Pd e M5S) con una terza entità (Renzi + Calenda), che certamente può risultare importante nella definizione (se mai ci sarà una vera articolazione di maggioranza alternativa alle attuali forze di governo) di un quadro complessivo più ben identificabile e certo.
(continua)
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Prezzi del carrello della spesa - beni alimentari, per la cura della casa e della persona - cresciuti dal +10,9% al +12,7%.

Inflazione record, ai massimi dal 1984

Confcommercio: “Shock per la nostra economia, si profila un prolungamento della recessione”. Aumento su base annua dell’11,9%. A livello congiunturale +3,5%.
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Alta tensione
“L’aumento su base annua è dell’11,9%, con i prezzi dei beni energetici che salgono addirittura del 73,2%. A livello congiunturale la crescita è del 3,5%”. L’analisi della Confcommercio: “Uno shock per la nostra economia, si profila un prolungamento della recessione”. Basti pensare che “livelli analoghi non si registravano da quasi trent’anni”. Questo il quadro delineato dai dati preliminari Istat sull’inflazione ad ottobre “aumentata del 3,5% su base mensile e addirittura dell'11,9% su base annua, ben due punti percentuali in più rispetto a settembre, con i prezzi del cosiddetto carrello della spesa (beni alimentari, per la cura della casa e della persona) che passano da +10,9% a +12,7%, e quelli dei prodotti ad alta frequenza d'acquisto che salgono da +8,4% a +8,9%”.
Va detto che la “forte accelerazione rispetto al dato dello stesso mese dello scorso anno si deve soprattutto ai beni energetici (da +44,5% di settembre a +73,2%), sia regolamentati (da +47,7% a +62,1%) che non regolamentati (da +41,2% a +79,5%), e in misura minore ai beni alimentari (da +11,4% a +13,1%), e degli altri beni (da +4% a +4,5%). Rallentano, invece, i prezzi dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (da +5,7% a +5,1%). In forte crescita i prezzi dei beni (da +12,5% a +17,9%), mentre rallentano di poco quelli dei servizi (da +3,9% a +3,7%)”.
L’analisi su base mensile segnala che “l’aumento si deve prevalentemente ai prezzi dei beni energetici regolamentati (+28,4%), degli energetici non regolamentati (+28,3%) e, in misura minore, degli alimentari non lavorati (+2,4%), degli alimentari lavorati (+1,7%) e dei beni non durevoli (+0,7%).
(Fonte: confcommercio.it/28.10.2022)
(continua)
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L’intervento del presidente della Svimez Adriano Giannola esprime una serie di preoccupazioni da tenere sempre presenti.

Autonomia delle Regioni? Lontano da vecchi compromessi politici

Costruire la nuova identità europea, allontanandosi velocemente dalle “nostalgie” del passato e mettendo da parte definitivamente la strategia delle “miopie crescenti”.
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Pasquale Persico
di Pasquale Persico

Per l’economista Prof. Adriano Giannola (la Repubblica di lunedì scorso) sono in molti (On. Piero Fassino, i presidenti delle Regioni della Lega, Salvini e altri leader, non solo del centrodestra) a riproporre l’idea di una più accentuata autonomia, appunto, delle Regioni. Certo - dice Giannola - l’autonomia è prevista dalla Costituzione, ma senza onestà intellettuale e visione politica dentro la storia, gli articoli 116 e 117 della stessa Costituzione verranno traditi e travisati. Perché per l’amico economista un’ulteriore separazione tra Nord e Sud è quanto di più antistorico si possa proporre. Il ragionamento del presidente della Fondazione Svimez esprime tutte le preoccupazioni anche per il Nord; questa parte di territorio, infatti, è in crisi strutturale ed ha bisogno di non perdere coesione con le regioni del Sud, come previsto dall’elenco di obiettivi contenuti nel Pnrr. Giannola richiama poi l’articolo 119 della Costituzione e la legge Calderoli di attuazione del 2009, perché introducono il tema della uniformità dei diritti di accesso all’Istruzione, alla Sanità ed ad ogni altro servizio o funzione operativa trasferita dallo Stato alle Regioni.
Vorrei, però, provare ad estendere la critica di Giannola - che rimprovera a tutti i presidenti delle Regioni ed ai partiti la mancanza di una riflessione specifica sulla esperienza della Conferenza Stato-Regioni durante il Covid 19 - allargando l’approfondimento sul potenziale ruolo attribuito alla Conferenza.
(continua)
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Come cambiano formule e riferimenti attraverso i secoli che segnano l’evoluzione della professione.

Il giuramento, un ponte tra mondo classico e contemporaneo

Il percorso storico all’interno delle variazioni tra il testo dei dottorandi al tempo del Collegio Medico di Salerno e quello dei neolaureati in Medicina e Chirurgia ed in Odontoiatria e Protesi Dentaria di oggi.
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Il testo con le formule del giuramento (Foto G. Ferrantino)
di Giuseppe Ferrantino

Il giuramento attribuito ad Ippocrate è il primo testo deontologico della storia della medicina occidentale, ci è pervenuto insieme ad altre opere, scritte in un arco temporale che va dal V sec. a.C. al I-II sec. d.C., che compongono il cosiddetto Corpus Hippocraticum (1). Il giuramento inizia prendendo quali testimoni Apollo medico, Asclepio, Igea, Panacea e tutti gli dei e le dee, segue un elenco di doveri verso il proprio maestro e la sua famiglia e verso i pazienti ed un elenco di attività da cui astenersi e tra queste di somministrare ad un paziente, pure se richiesto, un farmaco mortale e di fornire ad una donna un mezzo per procurare l’aborto. Il testo del giuramento è stato modificato nel tempo e molti medici dell’antichità non ne seguirono i dettami. Claudio Galeno (130 d.C. ca. - 200 d.C. ca.), che leggeva e citava direttamente i testi di Ippocrate, e che è anche autore di un commento al Giuramento ad esso attribuito, non scrive che fosse professato ai suoi tempi ed in quanto giuramento vero e proprio è stato rivalutato solo recentemente (2).
Meno conosciuto è il giuramento salernitano che viene citato nel Decreto del 16 gennaio 1280 di Carlo I d’Angiò riguardante gli Statuta Studii Salernitani ed in una lettera patente (a) dello stesso Carlo per l’esercizio della medicina; nei Capitula et Constitutiones Collegii et Studii Salernitani, all’art. 16; in un documento del 31 marzo 1577 ed in due documenti della Sacra Congregazione dei Riti del 17 giugno e 20 luglio 1679 (3).
(continua)
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Si sottolinea la natura provvisoria di questa stima, “che riflette dal lato della produzione un calo dell’agricoltura e dell’industria e un aumento marcato dei servizi”.

Il Pil cresce (+0,5%), nel 2022 aumento del 3,9%

L’Istat: “La fase espansiva prosegue pertanto per il settimo trimestre consecutivo, ma in decelerazione rispetto al secondo trimestre dell’anno”.
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Dati in movimento
“Nel terzo trimestre dell’anno l’economia italiana fa registrare una crescita dello 0,5% in termini congiunturali e del 2,6% in termini tendenziali. La fase espansiva del Pil prosegue pertanto per il settimo trimestre consecutivo, ma in decelerazione rispetto al secondo trimestre dell’anno. La crescita acquisita per il 2022 è pari al 3,9%. Come sempre, si rimarca la natura provvisoria di questa stima, che riflette dal lato della produzione un calo dell’agricoltura e dell’industria e un aumento marcato dei servizi. Dal lato della domanda, si rileva un contributo positivo della componente nazionale (al lordo delle scorte) e un apporto negativo della componente estera netta, a seguito di una crescita delle importazioni maggiore rispetto alle esportazioni”.
Sono queste le valutazioni espresse dall’Istat, nel quadro del terzo trimestre dell’anno, rispetto al prodotto interno lordo (Pil), che è “aumentato dello 0,5% rispetto al trimestre precedente e del 2,6% in termini tendenziali”. Va detto che il terzo trimestre del 2022 “ha avuto tre giornate lavorative in più rispetto al trimestre precedente e una giornata lavorativa in meno rispetto al terzo trimestre del 2021”.
L’Istat spiega che “la variazione congiunturale è la sintesi di una diminuzione del valore aggiunto sia nel comparto dell’agricoltura, silvicoltura e pesca, sia in quello dell’industria, mentre i servizi hanno registrato un aumento”. Dal “lato della domanda, vi è un contributo positivo della componente nazionale (al lordo delle scorte) e un apporto negativo della componente estera netta. La variazione acquisita per il 2022 è pari a 3,9%”.
(Fonte: istat.it/31.10.2022)
(continua)
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