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GLOCAL di Ernesto Pappalardo »

Da un lato i vincitori, spinti da una forza estremamente radicata ed estesa, dall’altro i vinti che non sono stati capaci di dare senso compiuto a un’alleanza.
Il tempo “utile”? Non è ancora un vero interesse della politica
Si avverte il ritardo strutturale dei partiti: lenti, alle prese con una serie di contrasti (dentro le forze di maggioranza, di opposizione, in costruzione, in distruzione eccetera) che rappresentano l’elemento di continuità con le “vecchie” generazioni.

Le sequenze della politica appaiono sempre animate da una strategia di fondo che punta alla costruzione del consenso, al rafforzamento delle ragioni che si sono sostenute nel tempo, fino a delineare il raggiungimento di obiettivi vincenti. Nelle ultime fasi dello scontro tra partiti – alla vigilia delle recenti elezioni – ha preso forma con chiarezza il quadro delle forze in campo, composto da quelli che puntavano – sicuri – a meglio descrivere e determinare una situazione che richiedeva il cambiamento e da quelli che, invece, sembravano più complicatamente alla ricerca di una continuità dominante che, invece, non convinceva pienamente nessuno. Da un lato i vincitori, spinti da una forza estremamente radicata ed estesa, dall’altro i vinti che non erano stati capaci di dare il senso compiuto di un’alleanza, che avrebbe, poi, dovuto costruire un percorso pienamente condiviso. In troppi – contro la destra/centro – affacciati alla ricerca di un ampio consenso, invece, già eroso e suddiviso in tanti mattoncini senza più un legame comune. Basta dare uno sguardo ai sondaggi più recentemente diffusi per comprendere come non ci sia più una forza dominante – in quello che è stato il centrosinistra di governo negli ultimi anni – ma, in realtà, almeno due piattaforme (Pd e M5S) con una terza entità (Renzi + Calenda), che certamente può risultare importante nella definizione (se mai ci sarà una vera articolazione di maggioranza alternativa alle attuali forze di governo) di un quadro complessivo più ben identificabile e certo.

E’ questo il contesto all’interno del quale ha già preso forma l’intollerabilità della vecchia politica rispetto alle vere emergenze che, invece, si manifestano sempre con una continuità razionale, senza ricevere una vera e propria accelerazione nelle risposte che vanno date senza tentennamenti.

Il punto, quindi, è sempre lo stesso: rispetto alle cose da fare – molte e anche non del tutto semplici, anzi … – si avverte il ritardo strutturale della politica che rimane ancora attardata, lenta, alle prese con una serie di contrasti (dentro le forze di maggioranza, di opposizione, in costruzione, in distruzione eccetera) che, in realtà, sono l’elemento di continuità con quanto ereditato dalle “vecchie” generazioni (non tanto dal punto di vista dell’età, ma della mentalità diffusa).

L’elemento che non convince e che travalica gli stessi schieramenti in campo – con una serie di dubbi prevalenti nella complicata ricostruzione di quello che resta della parte perdente dell’attuale contesto elettorale – è proprio la difficile ricerca di nuovi profili di quella che prima o poi dovrà diventare la tanto citata e declamata “classe dirigente”. Classe dirigente – vale la pena sottolinearlo – che non è strutturalmente agganciata a una teoria di “giovanilismo assoluto”, ritenuto sempre vincente, ma a una più serena e razionale valutazione di quella che potremmo chiamare “neopolitica”, caratterizzata da capacità risolutiva dei problemi e condivisione di una piattaforma di valori sociali ampiamente già diffusi.

La domanda da porsi – e alla quale dare senza  tentennamenti una risposta – è semplice: tenteremo di continuare ad andare avanti o no? La sfida è aperta, ma, in realtà, non abbiamo troppo tempo utile davanti a noi.

Ernesto Pappalardo

direttore@salernoeconomy.it

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