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Salerno Economy XI.26 – 08.07.2022

Nel mezzo di un oceano dove è difficile avvistare naviganti adeguati alla tempesta che, invece, prende forma e finisce con il dominare periodi troppo lunghi.

La corsa politica, la povertà stabile e emergente

E lo Stato - tra un Pnrr e l’altro - dovrà, a breve, fare i conti con la propria incapacità di andare a cogliere il traguardo che conta di più: aprire le porte di un futuro più stabile e meno “attaccato” ai finanziamenti che non riusciremo mai a spendere.
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Soldi . . .
E’ utile, particolarmente in questo periodo, provare ad orientarsi nella nuova “mappa”, se così possiamo definirla, degli “orientamenti sociali” che sfociano, come è giusto che sia, anche nei nuovi percorsi che la “politica” - o meglio, quello che, in verità, resta di essa in un’interpretazione “classica” del termine - si “sforza” di indicare, senza, poi, nemmeno perdere troppo tempo nel comprendere se, magari, è stato commesso qualche errore, per così dire, di “impostazione”. In realtà, come molti hanno approfonditamente già scritto e già discusso, l’idea che esista ancora una “politica” effettivamente “pensante” - secondo antiche valutazioni - ci porta direttamente a prendere in considerazione un aspetto divenuto condizionante in questi anni: è sempre più evidente che la “politica” propone giorno dopo giorno - questi sono i tempi - la ricerca esasperata della costruzione del consenso personale e la verifica sistemica del grado di apprezzamento (o meno) dell’opinione pubblica nei confronti di tutte quelle leadership che ci ritroviamo, nonostante le nostre capacità ricettive (scarse?), di fronte.
In pratica questa impostazione - che ha preso il sopravvento rispetto alla temporalità della normale “prassi” politica - è divenuta talmente determinante che riesce ad infliggere non pochi stop all’urgenza di prendere decisioni soprattutto in periodi particolarmente agitati e gravi come quello che stiamo faticosamente attraversando.
(continua)
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Un evento storico sportivo aprì completamente le porte agli spensierati anni Ottanta in Italia.

La notte azzurra (e granata) che non finì all’alba

La più grande festa popolare di tutti i tempi affonda alcune radici nello stadio Vestuti.
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Foto storica
di Alfonso Schiavino

Se avete oltre 45 anni ricordate sicuramente l’11 luglio 1982. Quel giorno eravamo tutti emozionati, ma non per il caldo. Aspettavamo con ansia le decisioni di un brasiliano, ammassando nell’attesa parecchie riserve mentali. Il calcio è così. Perché di pallone parliamo. I preconcetti sfumarono quando nel “Bernabeu” il signor Coelho ci assegnò un rigore, che purtroppo Cabrini fallì. Gol sbagliato gol subìto? Anche questo luogo comune svanì, quando gli azzurri segnarono uno, due e tre gol alla Germania Ovest, che poi riuscì a farne almeno uno. Gli italiani trionfarono innestando una variabile tedesca sulla storica strategia “salernitana”: così vendicarono i poveri algerini e scatenarono la più grande festa popolare italiana di sempre. Allora cominciarono gli anni Ottanta: divertenti per tanti, discutibili per le scelte economiche.
Ormai si è capito che stiamo ricordando il Mondiale spagnolo. L’Italia si presentò con il gruppo generazionale emerso nel 1978 in Argentina, un gruppo tanto sfrontato da battere i padroni di casa sotto lo sguardo arcigno dei generali golpisti. Purtroppo due sviste di Zoff penalizzarono gli azzurri in semifinale e nella finalina. In Spagna arrivammo sottotono, per lo scandalo del Calcioscommesse, che aveva fermato uno dei protagonisti, il centravanti vicentino juventino Rossi, condizionando anche il deludente Europeo in Italia.
(continua)
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Siamo davvero certi che le risorse per quanto ingenti si adattino ad ogni fabbisogno emergente?

Se il Pnrr somiglia al “paltò di Napoleone”

La scena da film torna alla memoria ascoltando la pervasiva narrazione pubblica animata dai partiti e tatticamente rimpallata dal Governo. Lo strumento messo in campo dall’Ue diventa insistentemente la chiave di volta risolutiva di molteplici problemi.

Foto Miseria e Nobilità-maxresdefault-Youtube
"Miseria e nobiltà"
di Mariano Ragusa

Il paltò di Napoleone è una delle scene più esilaranti del film “Miseria e nobiltà” interpretato da Totò con altri grandi attori. I meno giovani la ricorderanno. Povero in canna, Felice Sciosciammoca (Totò) detta la corposa lista di prelibatezze e leccornie alimentari ad un sardonico ed indolente Pasquale (Enzo Turco), da acquistare dal salumiere dando in pegno il suo liso cappotto. Pasquale ascolta e dopo una pausa sbotta: “Il tuo cappotto, Felì? Non è mica il paltò di Napoleone!”.
La comicità della scena nasce dalla paradossale sproporzione tra le aspettative (di mangiare) e i mezzi quasi nulli per poterle soddisfare, rappresentata tuttavia da Totò come una certezza nel potere di mercato del suo paltò.
Il costo delle emergenze.
La scena torna alla memoria ascoltando la pervasiva narrazione pubblica (animata dai partiti e tatticamente rimpallata dal Governo) sul Pnrr. Lo strumento messo in campo dall’Unione europea per rimettere sulla strada dello sviluppo i Paesi messi in ginocchio dalla pandemia, diventa insistentemente il toccasana, la chiave di volta risolutiva di problemi antichi (mai seriamente affrontati) e di improvvise devastanti emergenze. Sicchè allungandosi a dismisura la lista delle esigenze (e le relative aspettative) tutte convogliate sotto l’ombrello Pnrr, ecco che quest’ultimo finisce per somigliare tanto al “paltò di Napoleone”.
(continua)
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Investire in infrastrutture e capitale umano per garantire un futuro e una nuova rinascita generazionale.

“La sfida dei giovani parte dai territori del Sud”

Giuseppe Gallozzi: “Avremo la capacità di rendere il nostro Mezzogiorno sempre più adatto e concentrato sulle risposte da offrire a quanti con ogni sforzo decidono di continuare ad abitarlo?”.
Welfare Aziendale 1 Giovani che lavorano Censis
Itinerari di crescita
di Giuseppe Gallozzi*

Da diverso tempo a questa parte - nell’ultimo triennio - viviamo nelle nostre aziende una situazione particolare, che merita un’approfondita riflessione perché è in ballo, in realtà, non solo la prospettiva di crescita strutturale delle imprese che sfidano il tempo, ma, soprattutto, la dimensione realizzativa delle giovani generazioni. Se ci pensiamo un attimo, siamo di fronte a scelte di vita che si intersecano profondamente con le decisioni che ogni persona, soprattutto quando è all’inizio del suo percorso, è chiamato a fare.
Spesso si cercano giovani “super-qualificati” per ricoprire ruoli aziendali di base perché possano entrare ed iniziare un percorso di crescita professionale. Nasce così una sfida per fare combaciare (o quantomeno avvicinare) aspettative dei lavoratori e bisogni aziendali. Il rischio che si corre in questi casi è quello di demotivare potenziali talenti, o comunque di avere lavoratori che man mano perdono entusiasmo e voglia di imparare. Questa dinamica ha un impatto non solo professionale ma soprattutto sociale ed è proprio a questo aspetto che i datori di lavoro dovrebbero prestare la dovuta attenzione.

*Gallozzi Group SpA
(continua)

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