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Salerno Economy XI.19 – 20.05.2022

Quasi scomparsa la motivazione, l’ampiezza partecipativa si orienta verso altri ambiti più riconoscibili e solidali.

Cattolici e laici, la corsa alla “politica”? Non funziona più . . .

Senza punti di aggregazione, la base sociale, un tempo solida e convinta, derubrica la “questione” a un problema di opportunità da cogliere o lasciare perdere. Il declino dell’impegno personale.
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Domande inutili . . .
Cattolici e politica, movimenti, partiti, associazioni, flussi di impegno serio e approfondito, argomenti, posizioni, battaglie vinte e perse, fino ad un approdo - nello scenario attuale - difficilmente decifrabile, ma, in ogni caso, in un contesto che sembra sempre lontano da quella specifica condizione di riconoscibilità assolutamente necessaria per una massa ampia e, per molti aspetti, qualificata che è ben presente nel nostro Paese e nel nostro territorio. Non è per niente semplice - al di là della confusione permanente e strumentale alla creazione di temporanee aggregazioni che si sciolgono sempre come neve al sole - individuare riferimenti stabili e proiettati verso profili di futuro, se non in ben determinate aree (sempre “blindate” o pregiudizialmente rinchiuse in un ambito difensivo a oltranza) che finiscono per caratterizzarsi, prima o poi, per una determinata e determinante caratteristica “escludente” (finalizzata a sostenere forme di “governo” ben riconoscibili e, soprattutto, sempre rispondenti a “gerarchie” esclusivamente ininfluenti sugli equilibri più solidi e ampi delle altre forze, in un modo o nell’altro, comunque in campo). E’ proprio in questo contesto che si profilano personalità politiche non più precisamente riconducibili ad un’area effettivamente cattolica, ma, in ogni caso, “anche” cattolica.
(continua)
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Riflessioni - dopo l’analisi contenuta in “La sindrome del protagonista, il tic più diffuso” (di Ernesto Pappalardo) - su come evolve/involve il “racconto” dei fatti.

Se la notizia diventa uno spettacolo . . .

Dall'informazione “umanistica” del Secondo dopoguerra al sensazionalismo dei social, il modello dei media è cambiato profondamente. Il pubblico e i giornalisti hanno ancora voglia di capire? O preferiscono vivere nelle loro “bolle”?
Glocal macchina da scrivere
"Artigianato"
di Alfonso Schiavino

Due anni fa, quando entrammo in lockdown, il New York Times si domandò se gli italiani avrebbero rispettato la restrizione. L’interrogativo sarcastico riproponeva uno stereotipo internazionale (assimilabile alle copertine di “Der Spiegel”, fin dalla pistola poggiata sul piatto di spaghetti, 1977). Quella volta il “Corriere della Sera” replicò con un editoriale piccato. Più recentemente, nel gennaio 2022, mentre i grandi elettori italiani cercavano il Presidente della Repubblica, i giornali nordamericani “Politico” e “New York Times” hanno definito “bizantina” e “stravagante” la procedura elettorale. La notizia, pubblicata da un giornale italiano online filo-americano, ha fatto sollevare la sua community, impensierita da tanta divertita superficialità. Un commento diceva: se gli altri Paesi sono raccontati in maniera altrettanto grossolana, siamo immersi in un lago di disinformazione. Il dubbio è lecito. Perché i media italiani prendono notizie e ispirazioni dai media anglosassoni. Noi guardiamo il mondo con i loro occhi.
L’import di notizie è sempre esistito, ma dal secondo dopoguerra agli anni Ottanta era almeno temperato. La cultura italiana del tempo era forte e vivace in ogni campo, dalla scienza al giornalismo. La stampa nazionale includeva i giornali di partito, che portavano una solida visione del mondo e rispondevano a un popolo vero di iscritti e simpatizzanti.
(continua)
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Il Mediterraneo ha la propria tragicità in questo momento storico, che, forse, supera gli altri perché è ancora più irrazionale.

La lezione è sempre valida, Europa Europa ancor Camus

Abbandonata alla conquista della totalità, da più parte e in tempi storici diversi, (l’Europa) è figlia della dismisura, il bastevole felice è lontano e viene negato perché ha il limite della consapevolezza.
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Pasquale Persico
di Pasquale Persico

Ci facciamo aiutare dal breve saggio di Cesare Bedogné - “L’ultimo viaggio di Albert Camus e altri taccuini”, la Feltrinelli (2016) - per presentare il progetto d’arte "Europa Europa ancor Camus". E’ partito dal Golfo di Policastro, per iniziativa dell’associazione culturale “DNA-Marateacontemporanea”, si è fermato per oltre un anno a Caggiano - nel palazzo natio di Achille Bonito Oliva - dove ha sede temporanea, per 5 anni, il Progetto Musei in Transito. L’artista Mimmo Longobardi, a partire dalla lezione magistrale di A. Camus ad Atene nel 1955, nella quale esprime il suo giudizio politico sul ritardo culturale dell’Europa, nell’ispirarsi a colori plurali della storia del Mediterraneo, elabora opere sintesi di lettura profonda del pensiero del premio Nobel per la letteratura. L’artista, rovistando nelle tante cronache di viaggio - a partire da quelle brevi dei Taccuini, gli appunti letterari, poetici e politici dal 1938 fino alla morte tragica del 1960 - trova la sua ispirazione.
Le opere insieme a 100 bandiere d’artista dipinte su tele 70x100 ricavate da vele donate da navigatori a partire da Soldini ed altri associati a circoli mediterranei - da Parigi (13/19 giugno) inviteranno tutti gli abitanti dell’Europa a rifare il viaggio verso il Mediterraneo, riscoprendo un Camus tragico (ma solare) nell’interpretare Sisifo consapevole del perché risalire la montagna.
(continua)
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Al Macfrut, Fruit & Veg Professional Show di Rimini. “Ma il risultato è messo a rischio dal traumatico aumento dei costi di trasporto”.

Frutta e verdura all’estero, record storico (+8%)

Analisi Coldiretti (dati Istat). Quasi 5,6 miliardi di euro per il Made in Italy. “Le esportazioni hanno raggiunto nel 2021 il massimo di sempre raddoppiando i valori registrati al debutto del secolo”.
Frutta bio
Export al massimo
“Con quasi 5,6 miliardi di euro (+8%) è record storico per la frutta e la verdura Made in Italy all’estero, con le esportazioni che hanno raggiunto nel 2021 il massimo di sempre raddoppiando i valori registrati al debutto del secolo, ma il risultato è ora messo a rischio dal traumatico aumento dei costi di trasporto che pesa su un settore dove il conto della logistica arriva ad incidere fino al 30-35% per i prodotti freschi”. E’ questo il quadro che emerge dall’analisi Coldiretti su dati Istat (Macfrut. Fruit & Veg Professional Show, Rimini). Quali i prodotti ortofrutticoli Made in Italy - in valore - che crescono di più all’estero? “Albicocche (+75%), mele (+5%), kiwi (+2%), pomodori (+10,5%), lattughe (+4%), cavoli (+10%), stabile l’uva (+0,4%), mentre calano agrumi (-9%) e patate (-15,6%), (Coldiretti). Quali consumatori apprezzano di più frutta e verdura italiane? “I tedeschi che mettono nel loro carrello della spesa quasi 1/3 (30,4%) di tutto quello che - rileva Coldiretti - viene spedito all’estero dal Belpaese con un valore che sfiora 1,7 miliardi nel 2021, in crescita del 5%. Dietro la Germania si piazza la Francia con oltre 580 milioni di euro di acquisti di ortofrutta italiana seguita dall’Austria con quasi 354 milioni”.
(Fonte: coldiretti.it/04.05.2022)
(continua)
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L’analisi della Coldiretti illustrata in occasione di Cibus (Salone Internazionale dell’Alimentazione, Parma), dove è stata diffusa l’indagine “La guerra nel piatto”.

La filiera del cibo (prima ricchezza) vale 575 mld

Leadership Ue nel biologico con 80mila operatori, maggior numero di specialità Dop/Igp/Stg riconosciute (316), 526 vini Dop/Igp e 5.333 prodotti alimentari tradizionali.
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Alto valore
“Il cibo è diventato la prima ricchezza dell’Italia per un valore di 575 miliardi di euro nel 2021 con un aumento del 7% rispetto all’anno precedente, nonostante le difficoltà legate alla pandemia”. È questo il quadro della situazione che descrive l’analisi della Coldiretti illustrata in occasione di Cibus (Salone Internazionale dell’Alimentazione, Parma), dove è stata diffusa l’indagine “La guerra nel piatto”, dedicata agli effetti del conflitto nell’ambito della filiera agroalimentare. Quanto vale, oggi, il Made in Italy a tavola? “Quasi un quarto del Pil nazionale e, dal campo alla tavola, vede impegnati ben 4 milioni di lavoratori in 740mila aziende agricole, 70mila industrie alimentari, oltre 330mila realtà della ristorazione e 230mila punti vendita al dettaglio. Una rete diffusa lungo tutto il territorio che - spiega la Coldiretti - quotidianamente rifornisce i consumatori italiani ai quali i prodotti alimentari non sono mai mancati, nonostante le difficoltà della pandemia e la guerra”.
(Fonte: coldiretti.it/03.05.2022)
(continua)
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