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Salerno Economy X.42 – 05.11.2021

L’analisi dei diversi contesti socio-politici sottolinea le reali differenze in campo.

A proposito dell’antica “cultura della sopravvivenza”

Mentre si tenta di consolidare al meglio le cosiddette “alleanze costruttive” rispetto a scontri sempre più evidenti, le “dinamiche economiche” restano al centro dell’attenzione e si rivelano sempre più dominanti.
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"Percorsi"
L’osservazione, l’analisi, la ricostruzione degli eventi - meglio ancora se questa tipologia di approccio gestionale alla realtà prova ad entrare nel merito dei micro/eventi - restano le diverse articolazioni “operative” che ci consentono di “catalogare” in maniera costante e vigile il “flusso” inestinguibile di fatti, in rapida successione. Quando gli studiosi di storia si sono maggiormente “incanalati” verso ricostruzioni, per così dire, non soltanto legate ai grandi avvenimenti - e cioè a categorie di accadimenti connessi a personalità protagoniste di intere epoche o, comunque, identificate come di assoluto rilievo - ha avuto inizio una nuova “narrazione” che ha preso in esame il cosiddetto “contesto”. E cioè dai “protagonisti”, dagli “attori” rilevanti che compivano le gesta per secoli trasmesse - in varie forme, anche perché proprio il modo di erogare la “narrazione” di fatto identifica il “contesto” - si è passati agli “scenari”, al “racconto”, in qualche modo, di tutto quello che girava e gira esattamente intorno ai “protagonisti”. Diventava, quindi, molto più interessante cogliere, nel suo complesso, l’evoluzione - in senso temporale, sia chiaro - di quanto accaduto (o accadente) rispetto alla “semplice” descrizione di fatti compiuti dai principali protagonisti. Il “resto” della popolazione - considerato rilevantemente il “pubblico” dell’opera recitata dai protagonisti - ha potuto, quindi, rivelare (oltre che rivelarsi) il carattere maggiormente diffuso di un’epoca, fino a mostrare i segni distintivi del percorso storico preso in considerazione.
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La credibilità “a prescindere” - anche a livello internazionale - del presidente del Consiglio.

Draghi e il mezzo bicchiere della dedizione

La narrazione del premier si specchia in quella dei media non solo meanstream. Dal “Whatever it takes” al “There is no alternative”? Il percorso dalla genesi del Governo dei migliori al trionfo politico e di immagine del G20. La democrazia dei partiti ancora in stallo.
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Il presidente del Consiglio Mario Draghi
di Mariano Ragusa

È la questione di come guardare al proverbiale bicchiere. Se consideriamo il risultato politico, allora tanto il G20 sul clima quanto il Cop26, fanno parte del bicchiere mezzo pieno. Ed in questa metà del campo visivo a pieno diritto campeggia la figura del premier Mario Draghi.
È stato lui, nella conferenza stampa finale del G20 di Roma, a raccogliere la prospettiva tracciata dal vertice. Il ritorno, cioè, del Multilateralismo come metodo, che i grandi della terra hanno deciso di adottare per affrontare l'emergenza clima, basato su un percorso di partecipazione, convergenza e condivisione di scelte ed azioni.
Vecchia pratica in campo di relazioni internazionali, il Multilateralismo era stato nell'ultimo decennio abbandonato sotto la spinta vincente dei sovranismi e soprattutto della polarizzazione perseguita dal presidente Usa Trump (ma assai funzionale all'antagonista/nemico rappresentato dalla Cina) nel segno di "America first".
Scenario mutato per effetto della (perdurante) pandemia, della crisi afghana e dell'aggravarsi delle condizioni dell'ambiente a livello globale.
Draghi lo ha sottolineato ed ha descritto agli occhi delle platee politiche e giornalistiche il cambio di passo frutto di trattativa, dialogo e buona volontà. In questo senso assume un peso effettuale l’impegno, sottoscritto al G20, di abbattere di 1,5 gradi l’attuale temperatura del mondo.
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E’ necessario insistere sulla metodologia della reciprocità e abbandonare la logica della persistente contrapposizione.

Il G20, la Merkel, il multilateralismo. Perché non crederci?

E’ nata, finalmente, una nuova “curiosità” politica per investigare sulla transizione soft, riconosciuta anche a livello internazionale? Riuscirà la Germania ad interpretare con continuità i temi dell’Europa possibile, fino ad ispirare comportamenti fertili?
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Pasquale Persico
di Pasquale Persico

La scorsa settimana, nel mio contributo, avevo anticipato, con ottimismo misurato, il buon esito del G20, nonostante la maggior parte dei commentatori ed esperti (del futuro) vedessero nero sul possibile protagonismo dell’Europa nella nuova economia dei continenti. Naturalmente le incertezze e gli ostacoli sono ancora molti, ma una luce in fondo al tunnel ora si vede; si percepisce anche la prospettiva di poter migliorare i trattati per cucire - per le nazioni - un nuovo vestito/percorso in modo da essere protagoniste nello spazio del nuovo multilateralismo, che è emerso ed è stato messo a fuoco come opportunità storica. Oggi, però, è il tempo di sottolineare gli sguardi, i sorrisi e, perché no, la luce vivida ed azzurra degli occhi di Angela Merkel. Molti commentatori la hanno descritta come una leader che non ha saputo vedere che la Germania ed è apparsa, in tutti i G20, quasi sempre, con gli occhi chiusi. Per lei potremmo appropriarci della “farmacia poetica” di Franco Arminio e parlare con un nuovo linguaggio del suo sguardo, della sua identità e della metamorfosi lungimirante. Il suo impegno di studiosa a formazione culturale elevata è noto a tutti; lei ha saputo trasformare il suo timore - quando era cittadina nella Germania dell’Est - di una Europa balcanizzata, in credenza e speranza attiva.
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“Più performanti e più propense a sviluppare processi di innovazione, più attente ai temi del benessere aziendale”.

Filiere, “canale straordinario” per transizione digitale (Pnrr)

“Imprese ancora più convinte di aumentare la relazionalità entro i prossimi tre anni con i propri dipendenti sia in termini di welfare sia di formazione per competere”.
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Sfida vitale
“La collaborazione fra imprese delle filiere italiane spinge la crescita socialmente sostenibile: l’88% di queste realtà imprenditoriali ha adottato, nell’ultimo triennio pre-Covid, misure responsabili in tema di formazione del personale, welfare aziendale, sostenibilità ambientale, rapporti con il sistema dell’istruzione, il mondo della cultura e il terzo settore (contro il 55% delle imprese non in filiera). Una percentuale che sale al 92% al Sud”. Nel dettaglio: “il 50% delle imprese italiane delle filiere ha investito nella formazione per il miglioramento delle competenze del personale (contro il 25% delle altre imprese); il 43% ha puntato su prodotti e/o processi a minor impatto ambientale (contro il 24%); il 40% ha perseguito attività volte a tutelare la salute e/o il benessere dei propri dipendenti (contro il 16%). Sono in particolare le imprese guidate dalle donne che lavorano all’interno delle filiere ad avere investito maggiormente nel welfare aziendale (il 46% contro il 39% delle altre imprese in filiera). Ed entro i prossimi tre anni, un terzo delle aziende delle filiere prevede di fare più investimenti nel green”. È questo il quadro che si delinea con chiarezza in base all’ultima indagine “sulle imprese manifatturiere tra i 5 e 499 addetti realizzata dal Centro Studi Tagliacarne per conto di Unioncamere”. Le imprese inserite nelle filiere “mostrano una maggiore attenzione al benessere e allo sviluppo del capitale umano oltre che alla tutela ambientale, e alla qualità delle relazioni sociali sul territorio dove operano”.
(Fonte: unioncamere.gov.it/ 22.10.2021)
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Se fa freddo, d’istinto, scegliamo di nutrirci con piatti caldi. Ma se fa caldo, leggerezza e freschezza ci invitano a nozze.

Cucinare secondo stagione, con le cotture giuste

Madre natura ci fornisce cosa ci serve per fare fronte al mutamento di temperatura e clima. Se vogliamo valorizzare le qualità energetiche intrinseche del cibo dobbiamo scegliere lo stile ideale.
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Il "clima"? Fondamentale
di Maristella Di Martino

Cucinare secondo stagione fa bene. E le cotture giuste sono indispensabili. Sì, cucinare secondo stagione è salutare ed intelligente. E poi diamo una grossa mano al nostro portafogli. Se fa freddo, brodo o zuppa che sia, d’istinto scegliamo di nutrirci con piatti caldi. Ma se fa caldo, leggerezza e freschezza ci invitano a nozze. Insomma, vi stiamo dicendo che esiste una qualità energetica del cibo che ci ristora e ci coccola a seconda delle stagioni. Individuarla è intuitivo: un cespo di insalata, rispetto a una zucca che ci mette in modalità “risparmio energetico”, ha un effetto rinfrescante e di accelerazione del metabolismo. E madre natura, in ogni stagione, ci fornisce cosa ci serve per fare fronte al mutamento di temperatura e clima. Ma come cucinare secondo stagione?
(continua)
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