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Salerno Economy VII.18- 04.05.2018

I dati sull’occupazione confermano dinamiche negative che stimolano l'incremento del disagio sociale.

Modelli di sviluppo e territori

Il quadro complessivo non ammette deroghe. O si accelera subito sul doppio versante – crescita/formazione-riqualificazione – o il divario con il Centro/Nord è destinato ad aumentare.
Glocal Sviluppo Economico
Distanze/ritardi
Riflettere senza strumentalità di nessun genere (politiche e non politiche) sulla fotografia del 1° maggio in Campania e nella nostra provincia ci offre l’opportunità di allargare lo sguardo e di provare a individuare non solo le cause della mancanza di lavoro (giovanile e non giovanile), ma, soprattutto, gli architravi dell’inderogabile sforzo – al di fuori dell’ordinarietà – necessario a delineare non suggestioni, ma possibilità concrete di condurre una vita normale per tantissime famiglie meridionali. Gli indicatori che emergono dalle statistiche ci dicono che le percentuali del tasso di disoccupazione sono molto alte. E questo aspetto già di per sé - sebbene non nuovo - desta grande preoccupazione. Ma è il divario con il resto del Paese, la distanza accumulata, che ci fa rendere conto di quanto sia difficile uscire da questa situazione. E ci conferma che, per quanto siano stati fatti passi in avanti importanti sul piano delle politiche industriali nazionali e regionali, è il modello di sviluppo che, evidentemente, va riconsiderato.
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In provincia di Salerno nella fascia 25-34 anni la percentuale di disoccupazione (2017) si è attestata al 26,8% (Italia: 17%).

La vera sfida? L’auto-impresa

Il “tasso giovanile provinciale” (rapporto tra aziende "under 35" con il totale di quelle registrate) è nettamente superiore alla media nazionale (13,5% contro 10% per l’anno 2016).
Lavoro-Numeri Economia
Percorsi alternativi
Questo articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (edizione Salerno) martedì 1° maggio 2018.

(Er.Pa.) - I numeri confermano in maniera incontrovertibile che la vera, predominante, grande emergenza in provincia di Salerno è la disoccupazione giovanile. Ma a preoccupare ancora di più è la mancanza di una prospettiva strategica in grado di arginare una “deriva” che non investe soltanto i “cervelli in fuga”, ma anche tutti gli altri (che sono la netta maggioranza). Se volessimo individuare alcuni profili facilmente riconoscibili, purtroppo, in quasi tutte le famiglie salernitane, potremmo mettere a fuoco almeno tre tipologie di giovani che combattono per entrare nel mercato del lavoro ed una quarta che, invece, ha rinunciato alla sfida: diplomati/adattativi; laureati o altamente specializzati; auto-imprenditori; neet (non impegnati nello studio, nel lavoro e nella formazione). Questi ultimi nel territorio regionale tra il 2008 ed il 2017 (fascia 15-34 anni) sono passati dal 35,9% al 38,8%, arrivando al picco del 40,5% nel 2013.

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I "paradisi" si trovano in Germania e Repubblica Ceca. Tutta la situazione Stato per Stato.

Eurostat: siamo fra le 20 regioni più disoccupate

I dati riferiti al 2017 attestano il peggioramento della situazione in Campania e una particolare gravità per il lavoro giovanile. Conosciamo bene le nostre difficoltà, ma in generale le tabelle alimentano qualche dubbio di metodo.

Lavoro-Speciale A. Schiavino
Distanze da ridurre
di Alfonso Schiavino

Stiamo messi male per il lavoro, lo sappiamo bene da molte generazioni. Ma qualcuno riuscirà mai a dirci con precisione quanto siamo inguaiati? Per esempio, riusciremo mai ad accertare se la disoccupazione – totale, lunga e giovanile – rende la Campania addirittura 1 delle 20 regioni peggiori d’Europa (su quasi trecento)? Perché questo dato rivelano le tabelle di Eurostat relative al 2017. Davvero il nuovo paradiso si trova nella Cechia e in particolare a Praga? O a Treviri, la città natale di Marx? Talvolta, come facciamo sui bugiardini dei farmaci, è utile leggere le istruzioni e le avvertenze. Le quali, nella fattispecie, alimentano dubbi (statistici) più che certezze (di quelle abbiamo la nostra cognizione). Proviamo a verificare, con il patto che nessun argomento suoni assolutorio per la classi dirigenti nazionali e regionali.

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Sei italiani su dieci favorevoli a chiudere le attività commerciali nei giorni di festa.

Negozi sempre aperti? I consumi non aumentano

Sondaggio Confesercenti SWG sulle liberalizzazioni. Mediamente si fa la spesa di domenica solo dieci volte l’anno.
Foto-Apertura Negozi
Tra festività e consumi
Fare la spesa nei giorni di festa? Il 59 per cento degli italiani “si dice favorevole a introdurre una limitazione delle aperture delle attività commerciali almeno in occasione delle principali celebrazioni nazionali, come Natale, Capodanno, Pasqua, 25 aprile ed il 1^ maggio, giornata in cui solo 2 intervistati su 10 progettano di fare acquisti”. Questo orientamento emerge da un sondaggio relativo all’impatto delle liberalizzazioni commerciali sulle abitudini di consumo condotto da SWG per Confesercenti su un panel di 1000 consumatori maggiorenni. Come è noto, la liberalizzazione delle aperture delle attività commerciali, introdotta dal governo Monti a partire dal 1° gennaio 2012, prevede la possibilità di rimanere aperti sempre, anche a Pasqua e Natale. Obiettivo dichiarato del provvedimento, l’aumento delle occasioni d’acquisto per i consumatori e il conseguente impulso a consumi ed occupazioni. “Ad oggi, in media - sintetizza in una nota la Confesercenti - un consumatore approfitta delle liberalizzazioni 10 giorni l’anno, sui circa 60 in più resi disponibili dalla deregulation tra domeniche e feste comandate. Lo spostamento dello shopping dai giorni feriali a quelli festivi non ha, però, prodotto lo sperato aumento degli acquisti: nel 2017 le vendite del commercio al dettaglio sono ancora inferiori di oltre 5 miliardi di euro
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A livello nazionale si registra un tasso di occupati di oltre il 73% a un anno dal diploma.

Record di iscritti agli istituti agrari

Elaborazione Coldiretti. Aumentano i ragazzi che alle superiori scelgono percorsi didattici legati alla coltivazione della terra : sono 45.566 nell’anno scolastico 2017/18.
Immagine Green Style Agricoltura
Nuovi orientamenti
Cresce il numero degli studenti delle scuole superiori che scelgono di orientarsi verso percorsi formativi basati sullo studio delle tecniche di coltivazione della terra. Negli ultimi cinque anni sono aumentati del 36 per cento. E’ quanto emerge da un’analisi della Coldiretti su dati del Ministero dell’Istruzione (Miur). “I ragazzi che alle superiori hanno scelto un percorso didattico legato alla terra sono 45.566 nell’anno scolastico 2017/18, il record del quinquennio. Un successo – spiega la Coldiretti – legato alla voglia di studiare qualcosa che unisca la pratica alla teoria, che insegni come si fanno le cose e come si possa costruire una carriera professionale a contatto con la natura grazie a un’esperienza che affianca lo studio sui libri al lavoro nelle stalle, nei caseifici, nei campi, nei laboratori. La prospettiva di futuro è confermata anche dal fatto che nei 35 percorsi didattici negli istituti tecnici superiori a livello nazionale si registra un tasso di occupati di oltre il 73% a un anno dal diploma secondo le elaborazioni Coldiretti sull’ultimo monitoraggio Indire/Ministero dell’Istruzione, con picchi che vanno dal 94,1% dell’Abruzzo all’88,9% del Veneto, dal 79,1% della Lombardia al 76,5% della Puglia, al 77,8% dell’Emilia Romagna o al 75% del Lazio”.
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