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“RO-SA fresca aulentissima” di Virgilio Gay – direttore generale Fondazione MIdA

C’è una intuizione del sindaco di Salerno De Luca che merita di avere maggiori approfondimenti, perché in grado di consentire la realizzazione di un sistema territoriale di area vasta interregionale per l’accoglienza turistica, in grado di competere in un mercato globale oltre che attivare particolari opzioni di sviluppo in tutti i settori produttivi. Servono però: inclusione, interazione ed innovazione. Vediamo meglio. L’altro giorno è stato presentato un concorso internazionale, on line, per il design di pale eoliche, cellule fotovoltaiche e raccoglitori di energia solare e/o geotermica. Tra i giovani partecipanti, rigorosamente under 40, saranno scelti i migliori 10 progetti. Tra questi saranno premiati due vincitori, mentre i primi 4 classificati saranno chiamati a lavorare nella squadra che progetterà l’intervento complessivo di un sistema di arredamento paesaggistico, per i viali alberati del terzo millennio. La copertura finanziaria si otterrà con 2 miliardi di euro di fondi comunitari. De Luca e l’arch. Levi hanno immaginato una rete energetica da svilupparsi lungo l’asse infrastrutturale di mobilità ferroviaria ed autostradale Roma-Salerno. Perciò RO-SA. Se non che aliquid stat pro aliquo ed allora nasce l’opportunità d’implementare ulteriormente la felice intuizione. Certo, l’idea non è nuova. Per primo la formulò nel 1967 Francesco Compagna, sul modello dei geografi urbani francesi; poi la rilanciò Aldo Loris Rossi nel 1988 in un provocatorio PRG. Ma si sa che in politica non premia la primogenitura, quanto la tempestività della proposta rispetto agli equilibri degli attuali interessi dominanti in campo. Ebbene i tempi sembrano finalmente maturi. Sono da riprogrammare oltre il 50% dei fondi comunitari campani da spendere entro il 2013 e la nuova agenda in allestimento sembra preferire ambiti interregionali con candidature territoriali bottom up di sistema. L’area interessa 11 milioni di abitanti ed è attraversata dall’alta velocità con ben due operatori ferroviari che uniscono i poli con tempi metropolitani di percorrenza. A margine degli stessi vi sono: a sud il Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano ed a nord la Tuscia viterbese. Al centro le potenzialità di un aeroporto (Da Vinci) che potrebbe così diventare finalmente un hub intercontinentale, con a supporto Ciampino oltre che Capodichino e ad integrazione: Salerno e Viterbo. Superfluo menzionare i contenuti. Basta citare solo il patrimonio archeologico rappresentato dal Colosseo e dai fori, dall’Appia antica, Pompei ed Ercolano, per non citare Paestum; oppure le costiere (Amalfi e Sorrento) e gli arcipelaghi pontini e campano. Un patrimonio gastronomico fondato sulla filiera lattiero-casearia e su numerose altre eccellenze. Cosa serve? Certo una fitta rete d’infrastrutture, specialmente “orizzontali”. Ma serve soprattutto coesione, non solo territoriale. Il merito di De Luca dovrà essere quello di abbandonare la contrapposizione a Napoli ed il Campidoglio dovrà rinunciare a molta spocchia capitolina. Serve inclusione. Poi servirà promuovere al mondo tale territorio. Perché turismo significa avere la passione di raggiungere un luogo per conoscerlo in pieno con tutti i sensi, così da “vivere” una emozione immaginata con uno solo di essi. Magari la vista: leggendo un libro, vedendo un film, un quadro o una foto; oppure l’udito, ascoltando musica; magari con il gusto, per il piacere di avere assaporato un cibo o un vino; o ancora il tatto, attraverso il contatto con un suo oggetto, lì prodotto; infine l’olfatto, per il profumo di una sua erba, pianta o essenza. Il turismo si fonda sui sensi e si nutre di cultura. Da tutte queste cose ne viene promosso. Nel senso ampio di prodotto dell’uomo, la cultura forma col turismo un binomio inscindibile. Però la cultura deve essere orientata al fruitore potenziale di turismo in termini moderni di marketing. Cioè costruendo il prodotto pensando singolarmente ad ogni suo acquirente. Deve con lui essere empatica. Perciò sarà necessario chiamare a raccolta quanti potranno esprimere, su piani diversi ed in differenti modalità di comunicazione, le specificità territoriali da mettere in mostra, per darle valore di prodotto. La partita si gioca tutti insieme, all’unisono. E’ necessaria l’interazione. La sindrome glocal consiste in questo: la tenacia di promuovere il locale in modalità espressive riconosciute globali, cioè valide per tutti. Essa non può applicarsi al prodotto turistico in senso stretto, che invece necessita di orientamento personalizzato. In definitiva serve molta innovazione nella creazione di “emozioni”. Al contrario, l’imposizione di un modello culturale di riferimento porterà ineluttabilmente alla replicabilità di una serie di non luoghi che alla fine freneranno il desiderio di mobilità. Ne saremo capaci? Altrimenti: stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus. Virgilio Gay – project manager Esperto di direzione aziendale, marketing e fund raising


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