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Profumi, odori, evocazioni e immagini della memoria si intrecciano a segnare le traiettorie di possibili formazioni di coppie e di gruppi.
Pd, lo scioglimento? Un gesto estetico-letterario
Non basta affermare “cosa” vuole essere, ma occorre individuare “come” gli attuali scenari - e visioni di medio-lunga prospettiva - indicano la necessità di un partito democratico della sinistra.

di Mariano Ragusa

C’è chi ne cerca l’anima. E chi lavora al miglior accordo tra le correnti (che restano). Lo scioglimento è un gesto estetico-letterario. Il nome nuovo un diversivo. Il Pd di questi giorni evoca un ballo in maschera con i fori degli occhi dei danzatori  oscurati, nel quale profumi, odori, evocazioni e immagini della memoria si intrecciano a segnare le traiettorie di possibili formazioni di coppie e di gruppi.

Il punto che resta sullo sfondo è l’analisi. Non basta affermare “cosa” il Pd vuole essere, ma occorre individuare “come” gli attuali scenari – e visioni di medio-lunga prospettiva – indicano la necessità di un partito democratico della sinistra.

Prevalgono per ora il tatticismo, le manovre di posizionamento. Le idee che collocano il Pd nascono per strappi ed azioni auto-spiazzanti. Il Pd non ha cristallizzato una linea sulla guerra. Eppure già il governatore della Campania  mette in cantiere una ambiziosa e ragionevole (per contenuti) manifestazione nazionale per la pace a Napoli. Che spiazza altre in embrione.

La pace è un capitolo del programma o l’asse intorno al quale ruota l’analisi della complessità che deve imboccare le vie di specifici ambiti per ricongiungersi, nutrite di analisi e riflessione, nel quadro di una visione-guida?

E temi come giustizia fiscale, salario minimo, lotta alle diseguaglianze, si frangeranno in altrettante bandierine identitarie per legittimare sub-appartenenze interne a maggior gloria di un pluralismo (ricordate: Pd partito plurale) reciprocamente auto-difensivo?

Ci sono due destini da fare incrociare. La capacità di rappresentanza larga del Pd rispetto a un blocco sociale di riferimento nel tempo duro della crisi della democrazia. E il destino di auto-riproduzione dei gruppi dirigenti sopravvissuti allo tsunami del 25 settembre.

Il primo destino si fa carico dei bisogni della realtà e delle ragioni della storia. Il secondo è tutto inscritto nella “giostra” del governo interno.

Il primo continua a bussare alle porte del fortino piegato dal voto. Il secondo non ha ancora tolto gli occhiali dell’auto-conservazione.

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