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Ripartiamo dall’Italia o prefiguriamo una storia insieme con l’Europa?
Nitti e Camus per sconfiggere la miopia politica
Le notizie che arrivano da Bruxelles sul nuovo bilancio non sono buone. I singoli Stati cercano di parlare delle loro ricchezze da difendere e preservare, quando, invece, il problema è politico/culturale e di lungo periodo.

di Pasquale Persico

Quando durerà questa crisi sopraggiunta a quella del 2008, dalla quale non siamo ancora usciti? Questa domanda mi è stata posta da un importante gestore di patrimoni mobiliari ed immobiliari internazionali, attraverso un economista che ancora ricordava la sequenza di volumetti – a cura di Jader Jacobelli – che, in occasione del premio S. Vincent, realizzava per personalità già affermate ed a giovani incamminati sul sentiero della disciplina: dove stiamo andando? Già allora, dopo aver ricevuto il premio S. Vincent, ero “addestrato” alla riflessione, perché sulla secca di Acquafredda di Maratea mi ero abituato a non farmi condizionare dallo stallo, dalla pausa senza pesca, e ogni anno, per diversi anni, ho saputo dare una risposta attenta. Con lo sguardo rivolto verso Villa Nitti di Acquafredda pensavo, già allora, alla pausa che si era concesso Francesco Saverio Nitti, proprio là, villa prima della fuga e dell’esilio a Parigi e dopo essere stato capo del governo. I  tre saggi scritti dopo il 1920 sono ancora oggi illuminanti sulla necessità di dare una risposta per l’Italia, non disgiunta da quella per l’Europa e per il Mediterraneo largo (verso l’Asia e verso l’Africa).

Nel  bel libro di Carlo Bastiasin e Gianni Toniolo , La strada smarrita, si accenna alla possibilità, oggi, invece, di non poter sempre ritrovare il percorso giusto, specie se un’apparente grande nazione amica invita a limitare i viaggi in Italia, dando corda ad una prospettiva di stallo globale.

Per rispondere alla domanda postami dall’economista della finanza, interroghiamoci insieme. Il primo quesito: la nostra Italia è un Paese ricco? Questa è la stessa domanda che si è dovuta fare la Grecia per uscire dalla sua crisi relativa al debito. Oggi si ritrova più povera per un errore di misura della propria  ricchezza.

Alcuni miei colleghi dicono che la ricchezza patrimoniale e finanziaria dell’Italia sia molta elevata, l’Italia – cioè –  è ricca, si è solo smarrita nella rincorsa verso lo sviluppo. Ma proprio l’Italia ha sottovalutato la crisi del 2008 e crede che anche il nuovo virus passerà presto e ce la farà da sola, attingendo al proprio capitale umano ed alla ricchezza accumulata.

Ripartiamo dall’Italia o prefiguriamo una storia insieme con l’Europa?  Le notizie che arrivano da Bruxelles sul nuovo bilancio da approvare non sono buone ed anche in questo caso i singoli Stati cercano di parlare delle loro ricchezze da difendere e preservare, quando, invece, il problema è politico/culturale e di lungo periodo. Terza domanda. Questa volta da mettere in campo insieme con Nitti e A. Camus, che attraversò l’Italia ed il golfo di Policastro in aereo per rispondere ad Atene a un importante quesito: una nuova civiltà “plurale” può nascere a breve o ci sarà bisogno di una nuova doppia catastrofe mondiale?

Nitti, nella pace del golfo di Policastro rispose con tre saggi: Europa senza pace; La Tragedia dell’Europa; La decadenza dell’Europa. Argomenti che A. Camus ripropose nel 1955 quando sospese i suoi entusiasmi (1945-1950) per la nascita di un’Europa federale e  non commentò la nascita del trattato di Roma che lui considerava un “topolino” partorito da una montagna. In maniera esplicita ad Atene parlò di occasione mancata verso un avvenire di civiltà plurale ed europea.

Il suo amico Nicolas de Stael, pittore affermato, nel suo viaggio verso la  luce del Mediterraneo, in Sicilia trovò il coraggio di una ribellione al buio dell’Europa con un suicidio necessario; Camus, invece, rimosse la sua malinconia e fece appello alla ribellione, riconoscendo nei luoghi del sole invincibile del Mediterraneo il posto dove avviare una nuova riflessione, allargando il campo del confronto.

Ma che fanno i sei Paesi fondatori insieme  ai venti dell’Unione invece di rispondere alla domanda: quando sarà profonda e lunga la nuova crisi? Oggi non saprei dirlo, posso solo – dalla stessa secca – non più per pescare, ma incitare alla riflessione: ancora Nitti e ancora Camus, sperando che l’invito alla pausa e al confronto, prima della risposta veloce, riesca a fare nascere la “misura giusta” delle azioni da intraprendere per uscire dal pericolo di una caduta profonda dell’Europa e dei continenti connessi.

Ma allontanare il rifugiarsi delle singole nazioni nella miopia politica non è cosa semplice.

Foto Pasquale Persico
Pasquale Persico
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