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I numeri dell'economia »

Il quarto rapporto Censis-Eudaimon prende in considerazione la situazione nel settore privato.
Nel prossimo futuro? Più smartworking e più flessibilità
Un esercito di persone teme che al termine delle misure di sostegno al reddito e all’occupazione si scateni una vera e propria emorragia di posti di lavoro senza precedenti.

di Diletta Turco

Tagli agli stipendi, condizioni peggiori e addirittura licenziamento. Sono questi gli incubi ricorrenti dei lavoratori privati del periodo post Covid. Le incertezze verso il futuro recente (nemmeno tanto lontano) non riescono a far vivere neppure il presente in modo sereno. Ecco perché peggiorano sia le condizioni di lavoro dei dipendenti del sistema produttivo privato che le performance. Ad analizzare il presente e il futuro del lavoro nel settore privato è il IV Rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale, che ha fotografato lo stato del “benessere” in questi 13 mesi e passa di pandemia sanitaria e, conseguentemente, economica. I dati del sondaggio parlano chiaro: “per ora il 44,2% dei lavoratori dice che lavora peggio di prima – si legge nel rapporto – in particolare gli operai (48,8%, mentre è il 37,9% tra i dirigenti e il 43,2% tra gli intermedi). Nel prossimo futuro si attendono più smartworking (52,6%) e più flessibilità (26,2%). Poco sentita è la necessità di investire soggettivamente nella riqualificazione delle competenze: lo pensa meno del 40% dei lavoratori, e il dato arriva al 45,2% tra gli impiegati, mentre è il 35,5% tra gli apicali e il 27,3%, tra gli esecutivi”

Le paure.

Ovviamente, scelte e indirizzi di comportamento sono la diretta conseguenza delle paure – o meglio delle angosce – che vivono i lavoratori. C’è un esercito di persone che teme che, al termine di tutte le misure di sostegno al reddito e all’occupazione previste nei vari decreti e prorogate di misura in misura, si scateni una vera e propria emorragia occupazionale senza precedenti.

I risultati sono chiari, anche questa volta, 3 lavoratori su 4 hanno una qualche paura pensando al futuro. In particolare, 4,6 milioni di lavoratori temono di dover accettare tagli alle retribuzioni, 4,4 milioni di perdere il lavoro, restare disoccupato, 3,6 milioni di dover cambiare lavoro, 4,5 milioni di dover lavorare di più.

L’ottimismo.

Le aziende, però, sono ottimiste. E lo rivela un altro risultato, relativamente alla domanda, fatta direttamente agli imprenditori, su quale sarà la parola d’ordine, in soldoni, della ripresa post Covid.

Per gli imprenditori la classifica è la seguente: voglia di fare; speranza; coesione

D’altronde, proprio sulla gestione del lavoro durante l’emergenza, gli imprenditori sono stati ampiamenti apprezzati dai propri lavoratori che hanno scoperto un universo di tutele e premure che, forse, prima non conoscevano. La sfida del prossimo futuro è rendere strutturali le misure che, fino ad ora, sono state emergenziali.

 

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