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Giovani architetti chiamati a un impegno di riflessione e di progettazione in una situazione di emergenza.
Napoli, le “Trentatré” e la città storica che verrà
Lo spazio neutro e la paura del silenzio nelle aree non utilizzate diventano un invito a specificare una rete larga nel perimetro urbano del futuro.

di Pasquale Persico

Un viaggio affascinante tra la storia, l’arte e la fede della Napoli del Cinquecento ci conduce in via Pisanelli (n.8) fra i vicoletti del Decumano Superiore per raccontarvi la storia di un importante monastero, quello delle Clarisse Cappuccine note a tutti come “Le Trentatré”. Il convento di clausura attualmente ospita meno di 10 sorelle che hanno scelto il rigore e la preghiera fra le mura del monastero; di notevole pregio è l’ex refettorio, sottratto oltre 106 anni fa dagli Ospedali Riuniti. I giovani architetti del Master d’eccellenza sulla Città Storica – che prende il via oggi , 6 novembre 2020 – a differenza degli altri anni,  saranno chiamati ad un impegno di riflessione e di progettazione in una situazione di emergenza. Essi  dovranno adoperare, oltre le metodologie del learning by doing, anche forti dosi di approfondimento in termini del doing by learning,  sperimentali, per dare voce al silenzio al quadrato del monastero, nell’ambito del tema dei nuovi spazi neutri della città che verrà. L’argomento è anche il tema della prossima Biennale di architettura programmata per dopo l’estate a Venezia; tema che  è la normale evoluzione delle altre due Biennali appena trascorse, la Biennale sullo spazio pubblico e quella sullo spazio libero. La pandemia e l’attentato di Nizza ci costringono ad allargare il campo di ricerca  e guardare al lockdown  e alle connessioni tra gli spazi sia a Milano che a Napoli.

Il valore del silenzio.

Per introdurre il tema del silenzio come valore – e del suo rumore come tema di progettazione urbana – occorre fare due citazioni. La prima riguarda J. Cage e la proposta di partitura fatta di 4 minuti e 33 secondi di silenzio; dal lontano 1952 quella proposta culturale ha subito diverse interpretazioni; Doris Von Drathen – una critica d’arte che insegna all’Ecole Special d’Architettura a Parigi – a Napoli ha portato la sua idea; quella partitura apre allo spazio d’accoglienza degli altri (rumori ) ed è un gesto di ospitalità presente anche in altri linguaggi d’arte. E in questo senso va percepito il tema dello spazio neutro.

Allora, l’invito del Convento – fatto ai responsabili del Master – di dare significato al silenzio degli spazi non utilizzati, è un invito a specificare una rete larga degli spazi neutri della città futura? Quante volte è possibile, partendo da un’opportuna zona della città, attraversare i luoghi dell’anima con un cammino semi-euleriano? E’ questa la domanda da fare ai giovani architetti. Eulero con la sua teoria dei grafi ha per primo indagato la qualità dei luoghi attraverso ragionamenti di topografia.

E Napoli e Milano, rispetto ad altre città del mondo, quanti cammini semi-euleriani hanno in più? E questi luoghi dell’anima con la disponibilità delle nuove tecnologie si possono moltiplicare? Ma quali sono le nuove valenze degli spazi urbani?

Il sound designer

Una seconda citazione ci aiuta ad individuare la strada per la risposta. Max Neuhaus muore a Maratea il 3 febbraio 2009 e, qualche anno dopo, Doris Von Drathen , invitata dalla galleria d’arte DNA Marateacontemporanea, presenta il profilo dell’artista come Sound designer ; egli, esperto di  fonosfera, si era rifugiato a Maratea, dopo essere vissuto anche a Capri, perché proprio a Capri il rumore delle ruote dei carrelli che trasportano bagagli dei turisti, aveva abbassato la qualità dello spazio percepito come spazio dell’anima. Lo stesso artista era noto al mondo per avere cercato di disegnare la qualità dello spazio urbano negli Stati Uniti con la sua opera più nota,  Times Square.  La nostra vita è immersa nei suoni, clacson di automobili, rombo di motori, grida o mormorii televisivi, musica che echeggia nei locali pubblici, un’infinità di voci, accordi, squilli o semplici rumori della cui esistenza non ci accorgiamo neppure più, se non quando tutto questo, per un motivo o per l’altro, bruscamente cessa. La nostra vi­ta si svolge all’interno di una vera e propria fonosfera desiderata o indesiderata. .

Ebbene,  qualche  giorno fa Napoli e Milano hanno protestato per la paura di un nuovo  lockdown, cioè una ripetizione di quel colpo di silenzio di tre mesi in cui, come per gli antichi abitanti, il rumore del silenzio era interpretato dal rumore della natura. La prospettiva di ripetere quella esperienza  viene, ancora oggi con proteste,  rigettata con forza non solo per le ragioni dell’economia ma perché non si è affatto pronti ad ascoltare l’anima propria e del mondo. Lo spazio neutro è un concetto ancora lontano dalla sguardo contemporaneo.

Spazio urbano, spazio neutro.

Ai nostri studenti dobbiamo dire di approfondire i temi: il lockdown di marzo ha definitivamente mostrato che non possiamo più cercare il silenzio nello spazio urbano come spazio neutro? Il tacere della vita associata ha prodotto un rigetto ad accettarlo  come prospettiva di qualità urbana? Gli eremiti e i monaci che l’hanno cercato non sono più riferimenti esperenziali  per studiare la qualità dello spazio urbano? E’ da escludere la ricerca di comportamenti omogenei a quelli delle suore clarisse?

Ho chiesto all’amico musicista, Francesco Grigolo, di guardare ai rumori del silenzio desiderato a Milano, per una sua lezione al Master di Napoli; lui che ha fondato nel 2013 la Orchestra della Missione Guaranies – un complesso sinfonico orientato a definire un nuovo spazio neutro di dialogo tra giovani delle nazioni sud americane divise dalle guerre coloniali e post coloniali – da quell’anno mi aiuta a decodificare il valore del silenzio nei paesaggi di nuova urbanità. Le difficoltà di fare ripartire il secondo lockdown nelle grandi città riguarda anche la mancata riflessione fatta dai media e dagli esperti che ci hanno parlato delle voci del primo; non è  maturata nessuna egemonia culturale su ciò che vogliamo percepire nella città che verrà in termini di geofonografia, di geografia del suono nello spazio  desiderato.

La moltiplicazione dei suoni e delle voci arrivate sui nostri apparati smart, cellulari, tablet e computer ci hanno convinto che anche le e mail fanno rumore, spesso invadente, e l’eccesso di informazione senza comunicazione moltiplica soltanto il nostro disagio, lo spaesamento riguarda i pensieri su quale città o luogo vorremmo abitare.

Il nuovo rumore delle città del mondo è la ricerca da fare per dare forza alla geofono- grafia del paesaggio urbano; vivere nel convento delle 33 sarà l’esperienza da fare, per approfondire il perché l’intero complesso a cui appartiene il convento ha il nome di Complesso degli Incurabili. La storia dice che Maria Lorenza Longo, un animo caritatevole, come una vera madre attenta ai bisogni di tutti, nei difficili anni della pestilenza, diede vita a quello che oggi è l’opera più significativa: l’Ospedale degli Incurabili, insieme al Convento delle Monache Clarisse, le due fondazioni che dal 1500 in poi (senza nessuna sosta) hanno dato molto alla storia di Napoli.

Oggi, il rumore di urbanità contemporanea di quei luoghi è sospeso, in termini concettuali ed aspetta riflessioni importanti anche dal secondo lockdown, senza la paura di non sapere uscire dal buio delle città in difficoltà.

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Pasquale Persico
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