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GLOCAL di Ernesto Pappalardo »

La necessità di recuperare un dialogo operativo tra i vari attori del sistema economico e produttivo.
Modelli di sviluppo? Dal basso
Non è solo questione di fondi da spendere, ma di condivisione e di partenariati pubblico/privato non reciprocamente “diffidenti”.

In larga parte dei territori considerati residuali o “marginali” il problema di fondo resta la “profilazione” di percorsi/modelli di sviluppo sulla base di approfondite rilevazioni delle dinamiche socio/economiche in atto e non di “narrazioni” evocative certamente suggestive, ma quasi mai incentrate su studi analitici approfonditi e ricchi di dati da indagare con la dovuta attenzione e competenza. Spesso – per non dire sempre – la politica, ma anche “pezzi” consistenti della filiera degli attori sociali, alimentano riflessioni (anche interessanti, per carità) distoniche rispetto ai numeri che, invece, emergono dalle varie fonti che, se incrociate e “lette” in maniera appropriata conducono a “fotografie” estremamente attendibili. Il fenomeno che si verifica non appare soltanto legato all’esigenza della politica di essere “coerente” con interessi radicati e strutturali, ma anche con “impianti” programmatici ancorati a visioni “tradizionali” dell’incentivazione dello sviluppo socio/economico. Insomma, non è solo questione di risposte ai propri grandi elettori o di attenzione al governo del consenso. Ma anche – e non in parte secondaria – di grande “lontananza” dalla consapevolezza di quanto accade realmente nelle dinamiche interattive tra microcosmi locali e “villaggi globali”. Un esempio per tutti. L’agricoltura – come confermano molteplici indicatori e numerosi studi – è il comparto che vive una grande stagione di rinnovamento che sta producendo risultati molto positivi e che ha già generato un modello di sviluppo dei territori orientato all’integrazione tra filiera del primario e filiera turistica. Un modello che al Sud è in grado di mettere in moto meccanismi di crescita esponenziale non solo dal punto di vista della redditività delle imprese, ma anche in termini di occupazione e di recupero di professionalità specializzate altrimenti destinate all’emigrazione intellettuale. La politica e le istituzioni rispondono (quando rispondono) con grande ritardo alla domanda dal basso di accompagnamento di queste importanti esperienze di ridisegno innovativo del sistema economico e produttivo.
Al tempo stesso esiste un problema di incentivazione all’innovazione tecnologica in chiave digitale dell’industria in senso stretto che appare molto difficile e complesso. La diffusione della cultura del manifatturiero 4.0 e “green oriented” va promossa partendo dalla diffusione di un modello formativo di base sia a livello imprenditoriale che di forze del lavoro. Non bastano, cioè, crediti d’imposta e super-ammortamenti. Certo, sono la sostanza della politica industriale messa in atto, ma senza il “pezzo” relativo alla costruzione della consapevolezza dell’irrinunciabilità di questa scelta obbligata, diventa tutto molto più complicato.
Va detto che non mancano provvedimenti molto importanti dal punto di vista del sostegno incentivante a livello regionale, ma le problematiche da risolvere sono oggettivamente difficili da affrontare in aree del Mezzogiorno da decenni abbandonate al loro destino. Come non sottolineare che il primo e cruciale scoglio si configura nella reciproca diffidenza tra pubblico e privato nel momento fondante della realizzazione di partenariati operativi e non “burocraticizzati” al punto che diventano momenti assolutamente improduttivi?
Eppure, la strada è segnata: senza la condivisione degli obiettivi tra Istituzioni e mondo economico e produttivo non si riesce ad intravedere l’effettiva possibilità di dare vita a modelli di sviluppo oggettivamente realizzabili. Vale per le nuove filiere “asimmetriche” (agricoltura, paesaggio, beni culturali, turismi), come per il nuovo manifatturiero. Le risorse – è chiaro – sono fondamentali, ma senza il preliminare confronto/dialogo produttivo ed operativo sono destinate a rimanere nei cassetti delle Pubbliche Amministrazioni. E quanto accaduto in un passato recentissimo per i fondi Ue è la dimostrazione pratica di come si possano sprecare opportunità non facilmente replicabili.
Ernesto Pappalardo
direttore@salernoeconomy.it
@PappalardoE

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