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Mario Grimaldi/Il tempo e la memoria. Robert Falcon Scott: al Polo Sud per l’eternità.

Robert Falcon  Scott (Plymouth, 6 giugno 1868-Polo Sud, barriera di Ross, 29 marzo 1912) è stato un determinato e temerario esploratore inglese, in un tempo in cui l’onore non era secondo al coraggio. Per tradizione di famiglia iniziò la sua carriera come cadetto della Marina di Sua Maestà, ma questa vita gli risultava monotona, proprio a lui che sognava l’avventura. La svolta avvenne nel 1900, quando conobbe Clements Markham, futuro presidente della Royal Geographical Society, che gli affidò il comando di una spedizione al Polo Sud. Nell’estate del 1901 Scott salpò da Londra con la nave “Discovery”, attraversò il circolo polare artico, raggiungendo, nel mese di gennaio del 1902, la barriera di Ross; l’idea iniziale era quella di sorvolare il punto preciso del Polo Sud a bordo di una mongolfiera, ma, purtroppo per lui, la stessa si danneggiò irreparabilmente il primo giorno di volo. Iniziarono così i lunghi preparativi per la spedizione a piedi e il primo novembre dello stesso anno, Scott, assieme a due compagni di spedizione Wilson e Schackleton, con 5 slitte e 19 cani si avventurò nell’Antartide. La spedizione si dimostrò subito un fallimento, molti furono gli errori legati all’inesperienza e Scott dovette arrendersi quando si trovava a 480 km dal Polo Sud, ritornando mestamente alla base il 31 dicembre 1902. Il caparbio esploratore, ovviamente, non si arrese e preparò una nuova spedizione; il 1° giugno del 1910 ripartì da Londra a bordo della nave Terra Nova, questa volta avrebbe raggiunto la meta ad ogni costo. Quello che non sapeva Robert Scott era che un altro esploratore moto scaltro, il norvegese Roald Amundsen, era dello stesso avviso; ben presto iniziò la gara tra chi arrivasse primo al punto geografico del Polo Sud, le spedizioni partirono in contemporanea nel mese di ottobre del 1911. Scott e i suoi compagni d’avventura Edgar Evans, Lawrence Oates e Henry Bowers raggiunsero il Polo Sud il 18 gennaio 1912, trovandovi però un pattino da slitta conficcato nella neve con appesa una bandiera nera, Amundsen li aveva preceduti forse di due settimana. La delusione per la sconfitta fu resa ancora più tremenda dalle difficoltà atmosferiche che accompagnarono il tentativo di rientro alla base. Lawrence Oates fu il primo a cadere, subì il congelamento di un piede e per questo, per non essere di peso ai compagni sparì in una tormenta di neve lasciando il famoso biglietto nella tenda: “sto uscendo, può darsi che resti via per un po’”. Scott e gli altri esploratori non ebbero maggior fortuna, furono trovati morti di freddo e di fame nella loro tenda da campo, a sei mesi dalla loro fine che viene fatta coincidere con l’ultima pagina del diario datata 29 marzo del 1912, da una spedizione inglese partita in loro ricerca; e pensare che si trovavano a solo 11 miglia da un loro deposito di viveri e combustibile. Robert Falcon Scott, Edgar Evans e Henry Bowers riposano, per l’eternità, nel luogo del loro ritrovamento; questo perché i loro soccorritori decisero di seppellirli nel ghiaccio assieme alla tenda, erigendovi sopra un tumulo di neve con la sommità di una croce.  L’ultima pagina del diario di Scott riporta la scritta: “Per amore di Dio abbiate cura delle nostre famiglie.

 


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