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Mario Grimaldi/Il tempo e la memoria. Paul Verlaine, il “poeta maledetto”.
Paul Verlaine, poeta maledetto per sua stessa definizione quando pubblicò, nel 1884, la sua opera; “Les Poètes maudits”. In questo saggio, descriveva la vita e l’opera di sei poeti: Tristan Corbière, Arthur Rimbaud, Stéphane Mallarmé, Auguste Villiers de l’Isle-Adam, Marceline Desbordes-Valmore e sé stesso. La caratteristica comune di questi poeti era la loro ribellione contro le convenzioni sociali, la loro difficoltà a trovare riconoscimento durante la loro vita e il loro spirito tormentato. Per meglio comprendere Verlaine dobbiamo percorrere il suo pensiero dove i poeti maledetti erano spesso in contrasto con le norme sociali e letterarie del loro tempo. La loro vita era segnata da scelte controcorrente, comportamenti scandalosi e una costante sfida all’autorità. Molti di questi poeti furono emarginati dalla società e vissero in povertà. La loro opera fu spesso ignorata o mal compresa dai contemporanei, ottenendo riconoscimento solo dopo la loro morte. Anche la vita di Verlaine riflette appieno l’immagine del poeta maledetto, caratterizzata da autodistruzione; egli fu spesso coinvolto in scandali pubblici, ebbe problemi con l’alcol e la droga, e la sua relazione tumultuosa con Arthur Rimbaud culminò in episodi di violenza, incluso un incidente in cui Verlaine sparò a Rimbaud. Resta, però, fisso nell’eternità la sua sublime poesia; egli attribuiva un’importanza fondamentale alla musicalità del verso poetico, credeva che la poesia dovesse esprimere sensazioni
e atmosfere più che idee concrete, e che il suono delle parole fosse un elemento essenziale per evocare emozioni. Questa idea è espressa chiaramente nel suo famoso poema “Art poétique”, dove scrive: “De la musique avant toute chose” (“Della musica prima di tutto”). Il suo genio amava l’indefinito e il vago, rifiutando la chiarezza e la precisione eccessiva. Preferiva suggerire piuttosto che dichiarare apertamente, creando poesie che spesso sono più evocative che descrittive. Un aspetto non va dimenticato è che lui è stato un precursore del simbolismo, un movimento che si opponeva al realismo e al naturalismo dell’epoca, proponendo invece una poesia soggettiva e
simbolica, capace di cogliere le realtà interiori e spirituali piuttosto che quelle esteriori e materiali. Nei suoi versi, i simboli e le immagini sono usati per esprimere stati d’animo e pensieri profondi, spesso legati alla malinconia, alla solitudine e all’angoscia esistenziale. Versi meravigliosi di alcune delle sue emozioni come Poémes saturniens, Les Amies, Romances sans paroles, Epigrammes, Languore ci fanno intravedere il suo mondo. Certo è, però, che Paul Verlaine non avrebbe mai immaginato che un verso del suo poema “Chanson d’automne” sarebbe servito a cambiare il corso della storia, quando qualche settimana prima del D day, ossia lo sbarco in Normandia, gli alleati
allertarono i partigiani francesi con la prima strofa: “Les sanglots longs Des violons” e nella notte tra il 5 e 6 giugno 1944, trasmisero la seconda strofa: “Blesset mon coeur d’une langueur Monotone”.
L’invasione era iniziata, ma questa è un’altra storia.

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