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Mario Grimaldi/Il tempo e la memoria. La Higuera (Bolivia): il Che dalla “vittoria” al mito.

Il Comandante Ernesto Guevara de la Serna, o per meglio dire il Che, da diversi mesi aveva lasciato Cuba. Per Fidel Castro la lotta si era fermata nella conquista dell’isola dei Caraibi. Per il Che no, lui la rivoluzione l’aveva nel cuore e poi proprio non gli riusciva a stare dietro una scrivania a fare il burocrate. Voleva accendere la miccia della ribellione in America Latina, sollevare gli oppressi contro ogni tiranno. Questo era il suo sogno e per questo, assieme a cinquanta compagni, nel febbraio del 1967, si inoltrò nella boscaglia boliviana. Ben presto si rese conto di come fosse arduo scuotere l’animo dei contadini, gente pacifica e paga del proprio vivere. I vertici del partito comunista boliviano gli dissero molto chiaramente che non si sarebbero schierati al suo fianco. A questo punto  possiamo solo immaginare l’incredulità e la delusione di Guevara. Probabilmente, molti al suo posto avrebbero abbandonato la spedizione, ma lui non lo fece. Il Comandante non era il tipo da gettare la spugna, probabilmente credeva che il tempo avrebbe giocato in suo favore. Una mera illusione. Più giorni passavano e più il senso di frustrazione aumentava in lui e nei suoi coraggiosi guerriglieri. A  marzo, a causa di uno scontro fortuito con i militari boliviani, i suoi uomini vennero scoperti e  divenne  chiara la sua presenza nel Paese (forse, del piano del Che  i vertici militari del Paese  sapevano già da prima, con l’uccisione della guerrigliera Heydèe Tamara  Bunke Bider e la lettura del suo diario-ndr). Il suo piano era ormai chiaro,  lo sapeva il Governo guidato da Renè Barrientos Ortuno e, soprattutto, la CIA. Da quel momento  le posizioni si invertirono, nel senso che i guerriglieri di Guevara passarono da liberatori degli ultimi a braccati invasori. Gli scontri a fuoco contro l’esercito boliviano si intensificarono e, purtroppo per il Che, i guerriglieri cubani ebbero sempre la peggio. Soprattutto il 31 agosto quando vennero divisi in due gruppi e la retroguardia di Guevara annientata. Ormai erano in trappola, nessuna possibilità di uscire dalla Bolivia, un cerchio sempre più stretto si stringeva attorno al Che. Nella disperata fuga, la notte camminavano orientandosi con le stelle e di giorno restavano nascosti tra anfratti e grotte. Tutto inutile. L’esercito, guidato dall’”alto”, li stava chiudendo in una sacca, ossia la Quebrada del Yuro, e da lì il Che non sarebbe più uscito. Un contadino del posto, per pochi spiccioli, fornì ai militari il punto esatto dei guerriglieri e l’imboscata fu tesa. La mattina dell’8 ottobre il Che e i suoi uomini furono attaccati dalle truppe boliviane: due cubani riuscirono a salvarsi ( riparando in Argentina), Ernesto Guevara, ferito ad una gamba, venne fatto prigioniero e gli altri uomini tutti uccisi. Non sapremo mai perché il Comandante si fece prendere vivo, fatto sta che, fra lo stupore dei militari, venne portato al villaggio La Higuera e rinchiuso nella scuola. Il giorno dopo, il 9 ottobre 1967, alle ore 13:00 circa, venne ucciso a sangue freddo. Fine della “revolucìon” ? No! Hasta la Victoria Siempre… Comandante.


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