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Il 13 dicembre 1250 moriva, a Fiorentino di Puglia, Federico II re di Sicilia e Imperatore dei Romani. Gli successe al trono il figlio Corrado IV, nato dal matrimonio con Jolanda di Brienne regina di Gerusalemme. Questi si trovò, da subito, a dover fronteggiare diversi fronti di ostilità, tra cui la Chiesa con il Papa Innocenzo IV, l’Arcivescovo di Colonia, i principi tedeschi del Sacro Romano Impero e, soprattutto, il fratellastro Manfredi reggente del regno di Sicilia. Forse fu proprio lui a tentare di fare avvelenare Corrado IV nel 1251 dall’abate dell’abazia di Sant’Emmerano in Baviera. Nel 1253, l’erede degli Hohenstaufen calò in Italia per reclamare il suo trono e, malgrado l’ostilità papale, riuscì a conquistare rapidamente Acerra, Caserta, Capua e, nel mese di ottobre, ad entrare a Napoli. Il Papa reagì investendo Edmondo, figlio del re d’Inghilterra, del titolo di re di Sicilia e il 9 aprile del 1254 scomunicò Corrado IV. La situazione raggiunse il suo tragico epilogo il 21 maggio dello stesso anno con la morte, ufficialmente di malaria, del Re di Sicilia.
A questo punto restava “solo” suo figlio, il piccolo Corradino il quale, avendo poco più di due anni restò in Baviera sotto l’ala protettrice di Papa Alessandro IV. Lo zio Manfredi ritenne che fosse arrivato il momento giusto per reclamare il trono di Sicilia contro la ferma opposizione del papato. Ciò divise la disputa in due fazioni, quella guelfa, legata al Papa, guidata da Carlo D’Angiò e quella ghibellina che sosteneva Manfredi. Il 26 febbraio del 1266, nella battaglia di Benevento, Manfredi venne ucciso e il Regno di Sicilia passò sotto il dominio dei D’Angiò. I fedelissimi degli Svevi invocarono la discesa in Italia di Corradino, che aveva poco più di sedici anni. Lo stesso, con l’entusiasmo di far rivivere la dinastia degli Hohenstaufen, rotti gli indugi, nel mese di settembre del 1267, entrò nel territorio italiano. La sua spedizione incontrò il favore di molte città del Nord della penisola e anche a Roma Corradino fu accolto con favore dal popolo e dalla Chiesa. Probabilmente il giovane Svevo si era convinto di poter riconquistare il regno del nonno Federico, ma, purtroppo per lui, i suoi sogni si frantumarono il giorno 23 agosto del 1268, nella battaglia di Tagliacozzo, dove Corradino, attirato in una trappola, viene pesantemente sconfitto.
A quel punto, per salvarsi, non gli restava che la fuga. Riparò prima a Roma, ma qui il clima era cambiato, gli erano diventati tutti ostili. Dunque, con i pochi uomini rimasti fedeli, raggiunse la località denominata Torre Astura, piccolo porto del Lazio, dove sperava di imbarcarsi. Ma aveva fatto i conti senza un ennesimo traditore. Il nobile romano Giovanni Frangipane, che lo aveva ricevuto con falsa benevolenza, lo fece catturare dalle sue guardie e, successivamente, lo consegnò al suo aguzzino Carlo D’Angiò. Questi stentò a credere di avere nelle mani il piccolo erede della dinastia degli Svevi e, forse, la decisione di giustiziarlo venne condivisa, o meglio imposta da “forze” dominanti in Europa. Fu così che sotto un cielo grigio del 20 ottobre del 1268 Corradino di Svevia, della gloriosa casata degli Hohenstaufen, venne decapitato in piazza Mercato a Napoli.
“Asturis ungue leo pullum rapiens aquilinum hic deplumavit acephalumque dedit”.