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GLOCAL di Ernesto Pappalardo »

I numeri della manifestazione in corso di svolgimento sollecitano un ampliamento dell’offerta.
Luci d’artista, laboratorio di partenariato
Si conferma la necessità di allargare la rete di “fruitori” dell’evento dal punto di vista della spesa dei visitatori e, nello stesso tempo, di allungare la striscia della loro permanenza.

Ogni anno di questi tempi si ripropone la stessa domanda: come “ottimizzare” l’opportunità di “capitalizzare” meglio i flussi di visitatori che affollano la città di Salerno nel periodo di “Luci d’artista”? In realtà, l’interrogativo sottende una problematica che travalica non di poco la periodizzazione legata alla tradizionale esposizione delle luminarie nel periodo natalizio. Si tratta di prendere atto che siamo di fronte ad un’importante occasione di implementazione dell’economia del capoluogo (e non solo) che non viene pienamente colta e valorizzata. I dati che è possibile raccogliere, sebbene non sistematizzati, ci dicono già da qualche tempo che il gettito pro capite di quanti scelgono di venire a Salerno per “Luci d’artista” è abbastanza contenuto, eccetto per quel segmento che opta per il pernottamento (tra 1 e 3 notti al massimo). Ma, soprattutto, evidenziano che vaste filiere della rete commerciale urbana non avvertono riflessi positivi. E’ noto che ristorazione e somministrazione fanno la parte del leone, mentre tutto il resto è contorno. Il tema è, quindi, legato alla necessità di allargare la rete di “fruitori” dell’evento dal punto di vista della spesa dei visitatori e, nello stesso tempo, di allungare la striscia della loro permanenza.

Naturalmente, non esistono risposte semplici. Ma, a guardare con attenzione cosa succede altrove, le soluzioni ai due quesiti sono rintracciabili in altre regioni neanche troppo distanti dalla Campania (Umbria, per esempio), dove sono stati realizzati modelli di partenariato pubblico-privato che funzionano e che offrono al territorio frutti  rilevanti.

Proviamo a partire da una considerazione che potrebbe sembrare non troppo attinente alla riflessione che ci interessa fare. La corsa allo shopping natalizio da poco conclusasi ha segnalato – come spiegato da alcune autorevoli indagini conoscitive realizzate a livello nazionale, ma riconducibili anche al contesto provinciale – la riscoperta dei piccoli negozi. La crescita della percentuale dei consumatori interessata ad acquistare nei negozi “fisici” è consistente: si passa – secondo una ricerca Confesercenti/Swg – dal 16 al 21%. I piccoli negozi risultano, inoltre, essere l’unico canale di distribuzione commerciale a registrare un aumento delle preferenze. Restano in sostanza stabili mercatini e bancarelle (scelti dall’11% degli intervistati rispetto al 12% dello scorso anno), mentre scende lievemente il livello di attrattività delle grandi strutture commerciali (da 35 a 32%) e si stabilizzano gli acquisti on line (dal 34% al 33%) dopo un lungo periodo (10 anni) di crescita al galoppo.

La crescita dell’appeal dei piccoli negozi è un elemento di valutazione particolarmente rilevante per l’economia salernitana. L’incidenza del commercio sulla formazione del valore aggiunto può/deve coniugarsi con la nuova identità turistica che va prendendo anche strutturalmente forma nella città capoluogo. E’ in questo contesto – non solo in quello che si riferisce a “Luci d’artista” – che va collocata la tendenza inerente al “ritorno” dei negozi fisici. Ed è sempre in questo contesto che diventa evidente la mancanza di un “pezzo” importante per fare aumentare le ricadute che possono derivare da manifestazioni “traino” come, appunto, “Luci d’artista”. Quale “pezzo”? Sicuramente una maggiore articolazione dei percorsi dello shopping, come accade in molte altre iniziative che nel momento in cui riescono a captare un nuovo bacino d’utenza così consistente, si pongono l’obiettivo di aumentare la spesa pro capite dei visitatori/turisti.

Nel caso specifico di “Luci d’artista” è evidente che la parte pubblica è andata ben oltre il proprio compito: in nessuna zona d’Italia la ripartizione delle spese organizzative è così sproporzionata rispetto a quella privata, anche in considerazione delle ricadute positive solo per alcuni segmenti delle attività economiche e produttive locali. Tutti i casi virtuosi in questo ambito di riferimento riportano alla realizzazione di un partenariato pubblico/privato concreto ed efficiente, in grado di allargare le opportunità di business anche ad altri segmenti, oltre a quello ricettivo-ristorativo.

In conclusione, è del tutto evidente che la strutturazione di medio e lungo periodo di Salerno-città turistica richiede un proficuo e non semplice lavoro di coordinamento tra la parte pubblica e quella privata finalizzato all’ampliamento del programma della manifestazione, sviluppandolo intorno al nucleo originario. Ma richiede anche – ed in maniera prevalente – una virtuosa interazione (tra pubblico e privato) sia dal punto di vista dell’investimento delle risorse che sul versante della creazione di ulteriori occasioni di spesa e di permanenza dei visitatori. Sollecitare la domanda di consumi e di soggiorno è l’obiettivo condiviso – nel rispetto dei ruoli, ovviamente – che è perseguibile e a portata di mano. O, almeno, così accade in tante altre zone d’Italia.

Ernesto Pappalardo

direttore@salernoeconomy.it

@PappalardoE

Glocal- Foto Luci d’Artista M. Pica
Il tempio d'artista (Foto Massimo Pica)
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