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Unioncamere-Symbola/L’analisi delle valore aggiunto prodotto e delle sue ricadute.
Le filiere culturali valgono 78,6 mld
Ma attivano complessivamente circa 227 mld (15,6 per cento del totale nazionale v.a.). Mezzogiorno indietro, in Campania l’incidenza sul totale dell’economia è pari al 4,5%.

(Er.Pa.) – Se qualcuno avesse ancora dubbi sulla capacità di produrre arricchimento reale (e non solo intellettuale) da parte della cultura, l’indagine Symbola-Unioncamere presentata nei giorni scorsi a Roma – “Io sono cultura–l’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi” – evidenza numeri molti significativi. A conti fatti “le imprese delle filiere culturali e creative – è scritto nel Rapporto 2015 – producono 78,6 miliardi di valore aggiunto e attivano altri settori dell’economia arrivando a muovere complessivamente il 15,6% del valore aggiunto nazionale, equivalente a 227 miliardi di euro”. Il dato è comprensivo “del valore prodotto dalle filiere culturali e creative, ma anche da quella parte dell’economia nazionale che viene attivata dalla cultura, a cominciare dal turismo”. Ma c’è di più. Nel periodo 2012/2014, in piena crisi, “le imprese che hanno investito in creatività hanno visto crescere il proprio fatturato del 3,2%, mentre tra le non investitrici il fatturato è sceso dello 0,9%. E sempre le imprese che hanno investito in creatività sono state premiate con incremento dell’export del 4,3%, al contrario chi non ha puntato su questo asset ha visto le proprie esportazioni crescere di un ben più magro 0,6%”.
Le macro/aree territoriali.
Sotto il profilo dell’analisi dei trend territoriali, il Sud si conferma indietro rispetto alle altre marco/aree del Paese. Sono le regioni dell’Italia centrale “a fare la parte del leone: qui cultura e creatività producono un valore aggiunto di 19,9 miliardi di euro, equivalenti al 6,3% del valore aggiunto totale dell’economia locale”. Seguono il Nord-Ovest (28,2 miliardi di euro, il 5,8% della propria economia) e il Nord-Est (17,6 miliardi, 5,3%). Più distaccato il Mezzogiorno “che dalle industrie culturali produce valore aggiunto per 12,7 miliardi di euro (4%)”. Stesse dinamiche in riferimento “all’incidenza dell’occupazione creata dalla cultura sul totale dell’economia”.
Se si scende nel dettaglio delle regioni in testa alla classifica per incidenza del valore aggiunto di cultura e creatività sul totale dell’economia, “ci sono quattro realtà in cui il valore del comparto supera il 6%: Lazio (prima in classifica con il 7%), Marche (6,6%), Veneto (6,3%) e Lombardia (6,2%), quindi Piemonte e Friuli Venezia Giulia (entrambe a quota a quota 5,7%), quindi Toscana al 5,5%, Umbria al 4,8%, Basilicata al 4,6% e a seguire Trentino Alto Adige, Abruzzo e Campania attestate sul 4,5%”. Dal punto di vista dell’incidenza dell’occupazione delle industrie culturali sul totale dell’economia “la classifica subisce qualche variazione: le Marche sono in vetta a quota 7,2%, segue il Veneto a quota 7,1%, quindi Toscana e Lazio al 6,7%, poi Friuli Venezia Giulia e Lombardia entrambe al 6,5%, , Piemonte (6,1%), Valle d’Aosta (5,9%), Basilicata (5,7%)”.
I numeri della ricchezza prodotta.
Le 443.208 imprese del sistema produttivo culturale – che rappresentano il 7,3% delle imprese nazionali – producono “il 5,4% della ricchezza prodotta in Italia: 78,6 miliardi di euro. Che arrivano ad 84 circa, equivalenti al 5,8% dell’economia nazionale, se includiamo anche istituzioni pubbliche e realtà del non profit attive nel settore della cultura. Ma la forza della cultura va ben oltre, grazie ad un effetto moltiplicatore pari a 1,7 sul resto dell’economia: così per ogni euro prodotto dalla cultura, se ne attivano 1,7 in altri settori. Gli 84 miliardi, quindi, ne stimolano altri 143. Cifre che complessivamente arrivano alla soglia di 227 miliardi di euro”.
Riflessi positivi anche sul versante occupazionale: “le sole imprese del sistema produttivo culturale – ovvero industrie culturali, industrie creative, patrimonio storico artistico e architettonico, performing arts e arti visive – danno lavoro a 1,4 milioni di persone, il 5,9% del totale degli occupati in Italia. Che diventano oltre 1,5 milioni, il 6,3% del totale, se includiamo anche le realtà del pubblico e del non profit”.
La creatività? Rende alle imprese.
Le imprese “che nel periodo 2012/2014 hanno investito in creatività – spiegano gli analisti di Unioncamere e Symbola – hanno visto crescere il proprio fatturato tra 2013 e 2014 del 3,2% e nello stesso periodo hanno beneficiato di un aumento dell’export del 4,3%, rispetto a una riduzione del fatturato dello 0,9% e a un contenuto aumento dell’export (+0,6%) delle altre. Tendenze confermate anche nel 2015 dall’incidenza delle imprese che investono in creatività tra le imprese esportatrici: il 48,1% delle imprese che hanno scommesso sulla creatività esportano, mentre tale quota scende al 21,6% tra quelle che negli ultimi tre anni non hanno investito in creatività”.
Effetto/volano sul turismo.
Del totale della spesa dei turisti in Italia, “75,8 miliardi di euro nel 2014, il 37,3% (28,3 miliardi ) è legato alle industrie culturali”.
Il “perimetro” della cultura.
“Il cuore della ricerca sta nel non limitare il campo d’osservazione ai settori tradizionali della cultura e dei beni storico-artistici, ma nell’andare a guardare quanto contano cultura e creatività nel complesso delle attività economiche italiane, nei centri stile delle grandi industrie come nelle botteghe artigiane, o negli studi professionali. Attraverso la classificazione in 4 macro settori: industrie culturali propriamente dette (film, video, mass-media, videogiochi e software, musica, libri e stampa), industrie creative (architettura, comunicazione e branding, artigianato, design e produzione di stile), patrimonio storico-artistico architettonico (musei, biblioteche, archivi, siti archeologici e monumenti storici), e performing art e arti visive (rappresentazioni artistiche, divertimento, convegni e fiere). Al corpo centrale della ricerca è stata inoltre affiancata anche un’indagine volta a valutare l’impatto degli investimenti in creatività sulle performance aziendali, da parte sia delle imprese appartenenti ai 4 macro-settori del sistema produttivo culturale, sia di quelle che svolgono attività economiche differenti ma che possono, non di meno, beneficiare dell’ibridazione con la cultura”.
Le province a più alto tasso di produttività culturale.
“La provincia di Arezzo si conferma al primo posto in Italia sia per valore aggiunto, che per occupati legati alle industrie culturali (rispettivamente 9,3% e 10,8% del totale dell’economia). Nella classifica provinciale per incidenza del valore aggiunto del sistema produttivo culturale e creativo sul totale dell’economia, seguono Pesaro Urbino e Vicenza, attestate rispettivamente sulla soglia dell’8 e del 7,8%, Pordenone al 7,7% e Treviso e Roma, entrambe al 7,6%. Quindi Macerata con il 7,4%, Milano al 7%, Pisa al 6,9%, Como idem”. Dal punto di vista dell’incidenza dell’occupazione del sistema produttivo culturale sul totale dell’economia, “è sempre Arezzo la provincia con le migliori performance. Ma subito dopo troviamo Pesaro Urbino (9,3%), Vicenza e Treviso (entrambe al 9%), Pordenone (8,5%), Pisa e Macerata (entrambe con 8,3%). E poi ancora Firenze (8%), Como (7,8%) e Milano (7,6%)”.
I trend dei sotto/settori.
Alla performance del sistema produttivo culturale e creativo, sia in termini di prodotto che di occupazione, contribuiscono “soprattutto le industrie culturali e le industrie creative”. Dalle industrie culturali arriva il 46,8% del valore aggiunto e il 39,4% degli occupati, “un risultato raggiunto soprattutto grazie a videogiochi e software”. Dalle industrie creative “un altro consistente 46,5% di valore aggiunto e addirittura il 52,7% degli occupati, performance raggiunta grazie al contributo preponderante della produzione di beni e servizi creative driven e dell’architettura”. “Decisamente più bassa la quota delle performing arts e arti visive per entrambi i valori (5,3% v.a. e 6,2% occupazione) e soprattutto per le attività private collegate al patrimonio storico-artistico (1,5% e 1,7%)”.
(Fonte: www.unioncamere.it/11.06.2015)

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La cultura muove in Italia 227 miliardi di euro
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