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Si conferma la mancanza di un reale coordinamento delle politiche pubbliche orientate alla diminuzione dei rischi.
La vitalità del sistema alla prova del futuro
I ministri Amendola e Boccia non hanno alzato la voce per aiutare il collega di governo Speranza a migliorare la resilienza degli assetti sanitari, preservando la vitalità dei flussi economici e sociali.

di  Pasquale Persico

Con il termine “Anticipatory governance” (nella traduzione italiana è la  governance che migliora l’efficacia e l’efficienza che verrà) si individua l’insieme dei comportamenti istituzionali (Stato, Regioni ed enti locali da un lato, famiglie, imprese ed altre istituzioni dall’altro) che consente un coordinamento delle politiche pubbliche orientate alla diminuzione del rischio di inefficacia degli interventi futuri previsti. La pandemia  ed il supporto delle politiche europee presuppongono una mobilitazione nuova nel modo di usare le risorse, per consentire agli Stati di dare un valore aggiunto alla politica fiscale (spesa pubblica da una parte e tassazione dall’altra). Possiamo considerare l’economista Marianna Mazzuccato una sorta di portavoce del nuovo indirizzo necessario, e il suo nuovo libro (ed. Laterza) raccomanda con forza, già nel titolo, di “Non sprecare questa crisi”. Il principale suggerimento contenuto in questa pubblicazione riguarda il cambio di rotta e di importanza delle politiche pubbliche, riconoscendo ad esse la possibilità di dare voce ad un nuova visione del ruolo dello Stato, questa volta visto come Stato Innovatore. Si tratta di strutturare il presente con un orizzonte di lungo periodo, evitando di allargare la spesa pubblica con trasferimenti incondizionati. Lo Stato non deve confermare la sua inefficacia nell’accompagnare lo sviluppo socio economico; deve trasformare il suo vecchio ruolo di intervento tappabuchi, di ultima istanza (vedi Taranto ad esempio); deve diventare operatore di prima istanza, cioè di Stato che anticipa le occasioni di sviluppo.

Allora, come previsto dalla nuova politica europea, gli investimenti pubblici devono innalzare la soglia della loro efficacia, mobilitando risorse, condividendo gli obiettivi, ed evitando trasferimenti di spesa senza condizionamenti, cioè senza indirizzo strategico.

Il ministro Amendola ha detto troppo a bassa voce che la politica con condizionamenti virtuosi prevista dall’uso del “Recovery Fund” e di altre risorse di Bilancio Europeo darà vita ad interventi per “Macroaree Europee”, più grandi delle attuali Regioni o Landers; gli investimenti saranno poggiati su aggregazioni di ecoregioni europee; la ragione è che bisogna  dare probabilità crescente al valore dell’efficacia di  politiche a più valenze: Sanità ed Economia sostenibile, Ambiente e Mobilità, Occupazione ed Equità sociale, Ricerca e sviluppo per un’economia globale.

Il ministro Boccia, invece, sebbene non sostenuto dalla voce grossa del Governo, ha sperato di convincere la governance territoriale che i modelli predittivi disponibili, adottati dalla World Bank e dalla Comunità Europea, non consentono una mediazione continua con le esigenze di visibilità politica dei governatori, dei sindaci e dei leaders politici. Si chiama “Fitness economy” la rinuncia a utilizzare modelli adattivi a vantaggio di modelli capaci di guardare alla complessità con strumenti di intelligenza artificiale. Questi modelli sono  capaci di cogliere tutte le interconnessioni  tra settori di intervento ed evoluzione del sistema socio-economico di riferimento. Gli esperti e i rappresentanti delle Istituzioni presso il Ministero della Sanità, adottando uno di questi modelli, hanno fatto un salto culturale ed operativo, cercando di guadagnare gradi di libertà rispetto alla possibilità di affrontare la complessità dei temi.

La  prospettiva si sarebbe potuta intravedere e lo Stato innovatore, non più di ultima istanza, apparso nella seconda fase, avrebbe poi, consolidato i risultati nella terza fase.

Pur con un lavoro certosino di cucitura e ricucitura, l’azione del ministro Boccia ha perso incisività e si sono accumulati ritardi. Si è persa l’occasione di dare nuova centralità alla conferenza Stato-Regioni e agli Enti locali, riservando ad essi un ruolo minore, di informazione e comunicazione per  diminuire il dissenso. Invece, dovevano essere creati  i presupposti per ragionare per Macroaree capaci di rendere resilienti ed efficaci gli interventi del possibile Stato innovatore. Una Macroarea Nord ed un’altra Sud, con evidenti gradi di interconnessione tra le due, avrebbe evitato una continua lamentazione dei singoli governatori costringendoli a definire strategie di lungo periodo.

Doveva emergere  un confronto su problemi di scala superiore, capaci di mettere a sistema  il potenziale di cooperazione tra regioni a partire dal tema, oggi drammatico,  della resilienza del sistema sanitario di area vasta. Rompendo il confine  regionale e nazionale come supporto unico delle decisioni di governance collaborativa si sarebbero raggiunti gradi di resilienza più alti, vedi quando accade in Germania già in rete con altre nazioni.

La luce di speranza del Ministro della Sanità si è affievolita ed egli  è rimasto quasi solo ad alzare la voce rivendicando la sua non miopia, perché aiutato dall’approccio innovativo, nell’uso dell’intelligenza artificiale, a supporto della politica. L’irresponsabilità dei governatori dovrà essere combattuta, per dare spazio ad una nuova concordia istituzionale capace di utilizzare al meglio anche la nuova luce che arriva dagli Usa; questa  dovrà illuminare un nuovo ruolo dell’Europa sui temi del Clima, della Salute, e dell’Occupazione, non rinunciando a garantire i diritti universali da implementare soprattutto in altre parti del mondo sottosviluppato.

Un nuovo appello forte deve essere rivolto ad alcuni ministri chiave oltre a Gualtieri, Amendola,  Boccia e Speranza: alziamo la voce sulla necessità di usare le nuove tecnologie a supporto delle decisioni, rendiamole capaci di fare emergere le valenze dello Stato che interviene come operatore di prima istanza, senza trascurare le esigenze legate all’emergenza.

Rendiamo esplicita l’idea che la globalizzazione non è una nemica storica sopravvenuta, ma anche una opportunità  da affrontare con nuovi strumenti di politiche di coesione e cooperazione internazionale. Tutti gli elementi del sistema socioeconomico europeo e mondiali sono connessi; solo un approccio complesso alle decisione ci tiene in campo sulle cose da fare; questo approccio  deve tenere  conto delle interrelazioni esistenti. L’approccio settoriale e locale è del tutto inadeguato, anche se utile per accumulare informazioni, approcciare i temi dell’Ambiente, della Sanità, delle Disuguaglianze e dello Sviluppo dei diritti universali. Il Fitness della cura del corpo individuale deve diventare Fitness per il corpo sociale delle nuove popolazioni in cammino. Torna la raccomandazione: nessuno si salva da solo, e vale soprattutto per gli Stati e le Regioni.

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Pasquale Persico
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