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GLOCAL di Ernesto Pappalardo »

La nuova identità dell’Ente abolito per decreto e resuscitato dalle elezioni appena svolte
La Provincia? Motore di sviluppo locale
Al di la delle competenze formali, Palazzo Sant’Agostino potrebbe/dovrebbe recitare il ruolo di aggregatore di progettualità condivise a livello di area vasta da candidare al finanziamento sul tavolo regionale dei fondi Ue.

Il vero “paradosso” delle Province è che – essendo sopravvissute a se stesse – ora potrebbero diventare anche un interessante caso di studio sotto il profilo delle politiche di sviluppo del territorio. Certamente la prima ondata mediatica non poteva non infrangersi sulla “speculazione” interpretativa del dato partitico: chi ha vinto, chi ha perso, quali leadership si consolidano e quali si indeboliscono. E questo è materia dei soliti politologi/dietrologi che tutto spiegano e comprendono. L’aspetto sopra richiamato, invece, costituirebbe una novità abbastanza positiva, se si ponesse seriamente l’accento sul concetto di “governo in area vasta”. Al di la delle competenze specifiche delle attuali Province (peraltro tutte ancora da definire nella categoria di quelle individuate come “non fondamentali”), sul tappeto rientra dalla finestra un problema di sostanziale importanza: la visione condivisa e strategica dello sviluppo dal basso. Per il solo buon motivo che nella geografia istituzionale persiste – a dispetto degli annunci e della narrazione mediatica dominante – un ente intermedio tra Comuni e Regione, è del tutto evidente che esso diventa (o meglio: potrebbe/dovrebbe diventare) la sede “naturale” del “ragionamento” capace di allungare lo sguardo oltre la “siepe” degli orticelli troppo piccoli per incidere in maniera significativa sugli indicatori economici di una provincia vasta come quella di Salerno. D’altro canto, tentare di diffondere il “buon senso” tra “cacicchi” abituati a sentirsi padri/padroni in virtù dell’elezione diretta non è operazione semplice, ma convincerli che è indispensabile lavorare alla costruzione di “reti” di Comuni omogenei per caratteristiche produttive, significherebbe anche avviare di fatto la realizzazione di una piattaforma sulla quale convogliare consenso al di la degli schieramenti politici. Tema – questo – tra quelli principali per chi aspira a vincere le elezioni regionali del prossimo anno.In ogni caso, la priorità dominante resta sempre la stessa. Se è vero che la competizione tra territori si vince sulla base di una serie di processi virtuosi che solo “alleanze” locali forti possono mettere in moto, ora la Provincia ha davanti a sé un’opzione estremamente importante. Tra gli interrogativi da porre al nuovo presidente – e la sua appartenenza politica è davvero del tutto secondaria – rientra, quindi, anche questo: quale ruolo l’ente di Palazzo Sant’Agostino intende ricoprire per contribuire al tentativo di avviare la ripartenza dell’economia salernitana? Per entrare nel merito: dove – se non in sede provinciale – si può organizzare una ricognizione dei fabbisogni strutturali del sistema produttivo locale per, poi, procedere all’individuazione delle priorità progettuali da candidare ai finanziamenti europei sul tavolo regionale? Insomma, dove può/deve prendere forma un organismo istituzionale capace di mettere in campo una proposta “super partes” che impegna tutti gli attori dello sviluppo locale? Dove, cioè, può/deve nascere quell’embrione di “alleanza di territorio” dalla quale originare altre azioni forti per rianimare l’economia salernitana? I temi sono molteplici: ristrutturazione ed efficientamento delle aree industriali; protocolli di intese amministrative per accelerare tempi e procedure inerenti l’attivazione di nuove investimenti produttivi; progettazione e programmazione di iniziative a largo raggio per la promozione di contratti di rete e di “marchi” di territorio soprattutto in relazione ai mercati esteri eccetera eccetera. Dove si può/si deve trovare una sintesi istituzionale se non nel luogo deputato (ancora, per il momento) al governo dell’area vasta? Naturalmente, i dubbi che ciò accada sono di molteplice natura. L’incombenza della strumentalità politica in primo luogo (anche a causa della scadenza elettorale di cui si parlava prima). Ma anche le divisioni e le contrapposizioni evidenti tra le varie categorie produttive hanno un loro peso specifico (purtroppo). Per non parlare della “difficoltà” di dialogo istituzionale non solo tra Comune capoluogo e Regione Campania, ma in molti casi tra singoli Comuni (spesso tra quelli confinanti, e non c’è bisogno di aggiungere altro).La sensazione è che l’insostenibile leggerezza di un Ente sopravvissuto a se stesso potrebbe protrarsi anche in questa seconda imprevedibile vita. Ma l’auspicio è di tutt’altro avviso: occorre provare a ripartire proprio da quell’area vasta abolita per legge, ma sempre presente nelle articolazioni economiche e produttive di tutti i territori che non vogliono rassegnarsi ad un lento ed inesorabile declino.ERNESTO PAPPALARDOdirettore@salernoeconomy.it

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