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GLOCAL di Ernesto Pappalardo »

Diventa sempre più difficile individuare percorsi sostenibili per il sistema produttivo meridionale.
La politica? Troppo “distratta”. E l’economia soffre
Una sola considerazione: non si intravede in alcun modo una sensata e ponderata via d’uscita dalla decelerazione di alcuni canoni fino a poco tempo fa, sebbene in forte crisi, ritenuti ancora fondamentali. Troppi problemi per le imprese del Sud.

La situazione politica continua a raccontarci una sequenza di eventi che risulta sempre più difficile decodificare nell’unica direzione che interessa alla stragrande maggioranza della popolazione: verso quale “nuovo indirizzo” ci siamo incamminati? In quale contesto socio/economico ci siamo impelagati? Dove si ritroveranno a vivere i nostri ragazzi? E noi meridionali? Insomma, in queste ore sono le famiglie a porsi gli interrogativi più difficili, a cercare una risposta più o meno sostenibile. E, invece, le forze politiche – a tutti i livelli e senza eccessive distinzioni – provano a sforzarsi sempre di più nel delineare contesti alquanto difficili da interpretare. Alla fine, tirando le somme, la maggioranza della popolazione assiste a quanto accade nel circuito della politica provando ad estraniarsi dalla polemica quotidiana e tentando di intravedere un minimo percorso attuabile. Non si tratta qui di fare riferimento alle stagioni del passato, che, ovviamente, conducono quasi sempre a una deriva di pessimismo. Ma semplicemente di mettere in sicurezza alcune priorità che sono diventate in pochissimo tempo lo specchio del degrado nel quale siamo precipitati. Eccessiva preoccupazione? Analisi troppo condizionate dai riflessi di una formazione alla riflessione politica troppo pessimista? Una sola considerazione: non si intravede in alcun modo una garbata e ponderata via d’uscita alla decelerazione di alcuni canoni fino a poco tempo fa, sebbene in forte crisi, ritenuti ancora fondamentali. Quali? Prima di tutto la rappresentazione di uno scenario in qualche modo coerente con i valori sostanziali delle forze politiche in campo. Al punto che non è più affatto semplice individuare un contesto partitico dal quale non aspettarsi qualcosa di assolutamente non coerente con quanto pure desumibile dalla sua formazione e provenienza. Come pure diventa una vera e propria impresa riuscire a dedurre la contestualizzazione di numerose scelte politiche e economiche con il “marchio” di fabbrica del partito che la esprime.

Insomma, siamo giunti all’impossibilità di dedurre l’origine delle scelte – mai come in questo momento “funzionali” alla deriva dei processi economici, per fare un esempio di costanza nelle decisioni non ponderate – in base all’impostazione politico/programmatica di uno degli schieramenti in campo.

E, allora, assistiamo a un continuo ribattere tra una parte e l’altra di accuse e contraccuse che creano un enorme dissidio intorno a ogni cosa: dai principi sostanziali alle minimali dialettiche parlamentari. Fino a arrivare alla consunzione di uno dei canoni sostanziali della politica: l’individuazione e l’indicazione chiara e precisa delle differenze in base alle quali ci si schiera su posizioni diverse. Siamo sempre sicuri che queste scelte di campo si riflettano sostanzialmente nelle decisioni che gli schieramenti in campo attuano (e non semplicemente dichiarano di volere attuare)?

Siamo, alla fine, di fronte a una confusionaria miscela di proposte che, in conclusione, al di la dei giochi politici legati alle alleanze e alle contestualizzazioni talvolta non del tutto volontarie, dirotta la popolazione su una residuale terra di nessuno. Tutti quanti alle prese con le spinte e le controspinte dei duellanti in campo. Ma, intanto, i numeri ci dicono altre cose. Non delineano i successi o gli insuccessi di chi pure governa e comanda. Delineano il disfacimento – o quasi – di un contesto economico che non può sostenere ancora il ritardo miope e interessato della politica.

Ernesto Pappalardo

direttore@salernoeconomy.it

@PappalardoE

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